USA 2003 di Joel Coen con George Clooney, Catherine Zeta-Jones, Geoffrey Rush, Billy Bob Thornton, Julia Duffy, Irwin Keyes
Recensione n.1
Intolerable Cruelty (da Venezia)
Voto 3- (su 4 stelle max)
I Coen proseguono la loro rivisitazione del cinema classico americano, dopo il noir, ecco la commedia sofisticata anni ’40 (stile Susanna).
Clooney e Zeta Jones battagliano tra amore vero, divorzi e matrimoni d’interesse. Brillante e ben recitato, ma forse più convenzionale rispetto agli altri film dei geniali fratelli.
Vito Casale
Recensione n.2
Una discreta commedia di Joel (e Ethan) Coen: Divorzio all’americana
Lui, l’avvocato divorzista più in gamba sulla piazza, è capace di farla passar liscia a chiunque, anche in flagranza di adulterio. Lei, affascinante ed intraprendente moglie di professione a caccia di doti, è l’ultima vittima dei servizi di lui. Per il rampante legale è amore a prima vista, per la bella Marylin è vendetta, all’insegna di una “crudeltà intollerabile”…
In continuo e creativo pellegrinaggio da un genere all’altro, i fratelli Coen affrontano questa volta la commedia sofisticata un po’ retró e la condiscono con il loro inconfondibile tocco. Le invenzioni non mancano, soprattutto quelle visive, come il mega-direttore dello studio legale, una larva umana tenuta misteriosamente in vita da un’infinità di macchinari, ma così ostinata a vivere da essere un perfetto e inquietante simbolo del potere. Anche certe scene sono geniali, come quella d’apertura, con uno strepitoso Geoffrey Rush e quella verso la fine, veramente da culto, in cui lo stralunato sicario Joe Fischietto (interpretato da un azzeccato Irwin Keyes), confuso dalla repentina inversione tra vittima e committente, inverte anche la pistola col nebulizzatore di anti-asmatico attuando così una cura definitiva per il suo attacco d’asma.
Però qualcosa non va. Certi passaggi sono troppo veloci, soprattutto le scene finali, e alcune situazioni troppo facili e scontate, mentre altre così estremizzate da risultare innocue. Il ritmo è buono, sostenuto, ma dei momenti da “cartoon, che in altri film dei Coen sono più che un marchio di fabbrica, qui stonano e risultano addirittura irritanti. Anche George Clooney, bravissimo fin dall’inizio (per alcuni minuti dalla sua entrata in scena riusciamo a vedere quasi solo i suoi denti bianchissimi, ma l’effetto è esilarante, anche se sembra un indizio che però poi in realtà si perde), con le sue smorfie e la faccia di gomma da figlio di buona donna è divertente, ma a volte eccessivo. Tanto quanto Catherine Zeta-Jones è seducente e spietata, ma algida e a tratti poco credibile.
Il film sembra uno strano ibrido, ricco di tutti i pregi del cinema dei Coen, ma infarcito di difetti assolutamente atipici e a loro abitualmente estranei. Nel complesso però è discreto, si lascia gustare e si avvale anche di un altro lussuoso e succulento ruolo di contorno interpretato da Billy Bob Thornton, oltre naturalmente a quello già citato di Rush.
Pessimo il titolo italiano! Anche se la distribuzione stavolta ha la piccola attenuante che il titolo originale, anche se tradotto alla lettera, alle nostre italiche orecchie sarebbe suonato più come un horror o un ennesimo film violento con Michael Douglas.
Curiosità: il tavolo a Las Vegas dove Clooney cena con la Zeta-Jones è lo stesso in cui l’attore, in OCEAN’S ELEVEN nei panni di Danny Ocean, cena con Julia Roberts.
Paolo Dallimonti
Recensione n.3
° Il giovane avvocato divorzista Miles Massey vince cause su cause, tutte improbabili e apparentemente impossibili; ma quando incontra la bella Marilyn Rexroth, maliarda che sposa riccastri da “incastrare alla grande”, se ne innamora e si ficca consapevolmente nei guai.
I fratelli Coen procedono nella loro personale rivisitazione dei g neri hollywoodiani, prendendo di mira, stavolta, la sophisticated comedy vecchio stampo (e, di riflesso, la commedia sentimentale “alla Hugh Grant” che va di moda ultimamente) e il film giudiziario in un colpo solo: ma la parodia della parodia e la mise en abyme postmoderna e abilmente truffaldina, tipiche del duo, dà la sensazione di incepparsi su un’idea di comicità volutamente stantia, d’accordo, ma non per questo efficace o coinvolgente. Il film risulta così un collage di scenette in cui è evidente tutta la fredda e anteriore costruzione a tavolino, talvolta azzeccate (una per tutte, la morte/suicidio del killer Joe Fischietto) spesso innocue e prevedibili: ma se, per una volta, la sceneggiatura non è memorabile, spiace vedere, in un film dei Coen, una messinscena così anonima, poco cinefila e poco ricercata, dove gli elementi bizzarri e lo studio dei comportamenti umani (come l’ossessione di Clooney per la bianchezza dei propri denti) non si fondono e non arricchiscono l’abituale ricerca realistica di ambienti e personaggi. I due interpreti, nonostante ciò, sono smaglianti e disinvolti (e Clooney comico lo vorremmo rivedere più spesso) e spesso riescono nel miracolo di far dimenticare la totale inutilità di un film del genere: scegliere la Zeta-Jones perché tutti sanno qual è il suo reale contratto matrimoniale con Michael Douglas, comunque, non è certo indice di ironia metacinematografica. E il tanto celebrato surrealismo coeniano è ormai pago di situarsi a metà fra quello, irraggiungibile, di Wes Anderson (si veda la scena in cui uno svogliato Clooney gioca a tennis da solo contro la macchina lanciapalline) e quello, banalmente commerciale ma capace di tocchi arguti, di Steven Soderbergh (la parte ambientata a Las Vegas sembra tolta di peso da Ocean’s eleven). Il titolo italiano è un’offesa all’intelligenza del pubblico, è vero, ma purtroppo restituisce in pieno la gratuita frivolezza dell’intero film. COMM 100’ * *
Roberto Donati
Recensione n.4
L’orribile titolo italiano (molto piu’ swingante, anche tradotto, “Intolerable Cruelty”) non rende giustizia al divertente film dei fratelli Coen, anche se ne sintetizza perfettamente la trama. Lui, infatti, e’ uno dei piu’ quotati divorzisti di Los Angeles, lei un’impenitente cacciatrice di dote. Prima fingeranno di odiarsi, poi fingeranno di amarsi, e poi… Ricalcando le baruffe delle commedie sofisticate dell’Eta’ D’Oro di Hollywood, il film scivola oliato verso il prevedibile lieto fine, grazie ad una coppia che funziona a meraviglia. George Clooney gigioneggia come richiesto dal copione, ma ha una naturale simpatia che giustifica l’eccessiva piacioneria, tutta occhioni sgranati e ammiccamenti, della sua recitazione. Catherine Zeta-Jones e’ molto bella e luminosa e non le si richiede molto altro. Dietro lo zucchero di facciata si puo’ leggere un’ironica satira sul rapporto di coppia, un caustico sfotto’ del gioco di potere alla base dei legami affettivi, una critica alla mercificazione dei sentimenti. Ma “Prima ti sposo poi ti rovino” non e’ “La guerra dei Roses” (il cinismo e’ solo apparente) ed e’ soprattutto una commedia, scritta con brio (alcuni momenti, come la prima cena tra i due protagonisti o le sedute in aula, sono irresistibili) e diretta con professionalita’. Senza quei guizzi di follia (forse blandamente intravedibili nei personaggi di contorno) che ci aspetteremmo dall’effervescente duo registico, ma con solido mestiere e divertimento. Provocazione: se il film non fosse firmato dai Coen, avremmo riconosciuto il loro tocco? Non che sia determinante per l’esito piacevole del film, ma certa critica si sarebbe ugualmente esaltata?
Luca Baroncini (da www.spietati.it)