Scheda film

Regia: Denis Villeneuve
Soggetto e Sceneggiatura: Aaron Guzikowski
Fotografia: Roger A. Deakins
Montaggio: Joel Cox e Gary D. Roach
Scenografie: Patrice Vermette
Costumi: Renée April
Musiche: Jóhann Jóhannsson
Suono: Mary H. Ellis
USA, 2013 – Thriller – Durata: 153′
Cast: Hugh Jackman, Jake Gyllenhaal, Viola Davis, Maria Bello, Terrence Howard, Melissa Leo, Paul Dano
Uscita: 7 novembre 2013
Distribuzione: Warner Bros.

 I figli so’ piezz’e core

Le famiglie di Keller Dover (un sanguigno Hugh Jackman) e di Franklin Birch (Terrence Howard), tra loro amiche, vengono ulteriormente unite da un tragico destino: le rispettive figlie Anna (Erin Gerasimovich) e Joy (Kyla Drew Simmons) spariscono letteralmente nel nulla dopo essersi avvicinate ad un misterioso camper. Alla guida del veicolo poco dopo viene ritrovato Alex Jones (Paul Dano), un ragazzo ritardato che vive con la zia Holly (un’invecchiatissima Melissa Leo), il quale però sembra da subito estraneo ai fatti. Mentre il detective Loki (Jake Gyllenhaal) brancola nel buio, Dover, convinto invece del coinvolgimento del ragazzo nella sparizione delle bambine, lo sequestra e lo sottopone a torture per farlo parlare. Mentre indizi ancora slegati tra loro compaiono qua e là ed un altro sinistro personaggio, Bob Taylor (David Dastmalchian), pare sicuramente indiziato, qualche ulteriore dubbio inizia ad insinuarsi nella mente di Keller, portandolo su una pista sicura, ma molto pericolosa…
Denis Villeneuve torna con una storia complessa e misteriosa come il precedente lungometraggio La donna che canta (Incendies), al quale la legano molte affinità. Qui i personaggi, come già dichiara l’eloquente titolo, sono tutti prigionieri, chi del proprio passato, chi del presente, chi del futuro: Keller Dover è schiavo di un carattere impulsivo e dell’inferno in cui è precipitato, di un passato non proprio limpido e del presente, angosciato dall’idea di recuperare al più presto le ragazzine, prima che sia troppo tardi; Anna e Joy sono letteralmente prigioniere ed un futuro rischiano di non averlo; la famiglia Birch è vincolata da un temperamento remissivo ed anche dal rispetto per la legalità; Alex Jones e Bob Taylor – senza rivelare l’irrivelabile – sono legati ad un passato da dimenticare, che preclude loro un futuro; il responsabile del rapimento è stretto nella morsa di eventi che cerca ancora di perpetuare, senza una reale possibilità di fuga. Tutti infine sono “vittime” di una provincia americana stantia e chiusa, in cui ognuno può improvvisarsi giustiziere, a torto o a ragione, senza che molti altri lo sappiano.
Prisoners può essere considerato una sorta di libera reintepretazione de “La promessa” di Friedrich Dürrenmatt, “il requiem per il romanzo giallo”, già portato brillantemente sullo schermo da Sean Penn nel 2001: anche qui all’inizio della storia giustizia già in parte è stata fatta, ma in questo caso il male non è stato del tutto estirpato, continuando perciò a manifestarsi, mentre le varie forme di ricerca della giustizia rischiano perciò di essere solo buchi nell’acqua o di fare ulteriori danni.
I tempi lunghi e la presenza di Jake Gyllenhaal ce lo fanno accostare ad un altro efficace thriller di questi ultimi anni, ossia lo Zodiac di David Fincher: se lì le due ore e mezza servivano per diluire nei molti anni una vicenda reale, qui la durata estrema serve a costruire, consolidare e rendere credibile tutto il sistema di scatole cinesi che Villeneuve vuole portare in scena.
Storia di delitti e castighi delineata nell’inseguimento di un netto lieto fine, Prisoners ha anche una sua morale intrinseca, rigidamente cattolica: ogni crimine ed ogni criminale saranno puniti, per tutti ci sarà una giustizia, terrena o divina, sancita nei limiti legge o auto-inflitta. Perfino Keller Dover verrà punito per la sua tracotanza, anche se la condanna naturalmente non sarà definitiva, ma la sua assoluzione o redenzione, o, per meglio dire, la sua salvezza avverranno probabilmente fuori scena. 

Voto: 7

Paolo Dallimonti

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