Scheda film
Titolo originale: Me and Earl and the Dying Girl
Regia: Alfonso Gomez-Rejon
Soggetto: Jesse Andrews (romanzo omonimo)
Sceneggiatura: Jesse Andrews
Fotografia: Chung-hoon Chung
Montaggio: David Trachtenberg
Scenografie: Gerald Sullivan
Costumi: Jennifer Eve
Musiche: Brian Eno
USA, 2015 – Commedia/Drammatico – Durata: 104′
Cast: Olivia Cooke, Thomas Mann, RJ Cyler, Jon Bernthal, Nick Offerman, Connie Britton, Molly Shannon, Matt Bennett, Bobb’e J. Thompson, Masam Holden.
Uscita: 10 Dicembre 2015
Distribuzione: 20th Century Fox
Il grande e potete Greg a spasso con Rachel
Me and Earl and the Dying Girl, titolo originale che trova molta più coesione con i fatti descritti rispetto al titolo maldestramente tradotto in italiano, racconta la storia di Greg (Thomas Mann, Project X – Una Festa che Spacca – 2012), adolescente abituato a vegetare all’interno del proprio ambiente scolastico. La paura ad esporsi al mondo lo rilega a figurante all’interno della vita sociale. Si permette la vicinanza e una strana collaborazione cinefila con un suo coetaneo, Earl (RJ Cyler, all’esordio con il grande cinema), addirittura non etichettandolo mai come migliore amico. Il salto nella vita e nelle emozioni arriverà, prima sotto forma di tortura obbligata dalla madre, entrando in empatia con Rachel (Olivia Cooke, Ouija – 2014), compagna di liceo, alla quale è stato diagnosticato un cancro. Giocando sulle negazioni ed esplorando nel proprio bizzarro universo Greg subirà una metamorfosi grazie alla vicinanza di Rachel, che sfocerà nella conseguente presa di coscienza dei veri valori della vita, tra i quali l’amicizia.
Standing ovation all’ultima edizione del Sundance Film FestivaI, dove il film ha vinto entrambe i premi più prestigiosi: il premio del pubblico e il gran premio della giuria.
Si presenta quindi nelle nostre sale con i più buoni propositi il film del regista Alfonso Gomez-Rejon, finora conosciuto a pochi per aver diretto degli episodi delle serie TV Glee e American Horror Story.
Il regista texano ha collaborato a stretto contatto con Jesse Andrews, autore del libro omonimo dal quale è tratta la storia. Lo scrittore si è cimentato anche nella stesura della sceneggiatura del suo best-seller per giovani adulti, con dei risultati a dir poco esaltanti.
L’affermazione a livello planetario di Me and Earl and the Dying Girl è indubbiamente legata all’ambiziosa regia del suo autore, il quale sforna un film fuori da ogni cliché: responsabile, ardente ed autentico. Il suo stile calza a pennello per valorizzare il percorso che intraprendono i personaggi. Modella con maestria ogni situazione imbarazzante e ne esce sempre vincitore. Non cede ai sentimentalismi. Usa la macchina da presa con movimenti dinamici. Crea visuali uniche e permette al pubblico di scegliere chi guardare usando un originale grandangolo. Non mancano piani sequenza circolari, che evidenziano a 360 gradi il mondo in cui vivono i protagonisti.
Originalità marcata nelle immagini in verticale. L’espressione della non linearità della vita di Greg e della sua anti convenzionalità.
La sceneggiatura è divisa in capitoli narrati dallo stesso protagonista Greg. Freschi ed utopistici sono i suoi commenti, che rispecchiano la sua età, ma soprattutto il mondo nel quale vuole restare senza rischiare nulla.
Trascorre la sua giovane vita cercando di far credere al mondo di essere un’altra persona. Vive secondo i principi della società e non dà valore al proprio essere. Ferree regole imprigionate all’interno del suo liceo, colmo di micro mondi ed etnie. Cowboy di un moderno Far West che giornalmente si scontrano (accompagnati da musiche a tema), senza però trovare una vera via d’uscita.
Tutto cambia quando Greg incontra Rachel. E’ obbligato a rompere gli schemi, il mondo che si è creato per proteggersi, fatto di parodie di film e di colonne sonore che riecheggiano continuamente nella sua testa, si frantuma. Deve uscire dalle proprie sicurezze. Il possente colpo, che non attutisce completamente, lo porta e non (ri)porta alla realtà. Strano e doloroso stato nel quale ora deve per forza cercare di sopravvivere. La vita paradossalmente diventa più ricca e piena, ma la felicità non sta al passo.
Impara così cosa sia l’altruismo e l’amore vero, non quello irreale costruito in chissà quale dei suoi strambi 42 lungometraggi girati con Earl.
Rachel attinge dal modo umoristico de-cetrato di comportarsi di Greg, la propria via d’uscita psicologica. Capisce quanto bene c’è dietro alla sua combattente facciata da nerd e ne trova beneficio ed allegria. La cosa che poi veramente conta è che si accettano a vicenda per quello che sono.
Il corto dedicato a Rachel è sì un atto d’amore nei sui confronti, ma è soprattutto la rappresentazione di come Greg è cambiato. Prima di tutto impara a fare un film per un’altra persona e non per se stesso. E’ un viaggio dalla superficie al nucleo, e la parte con soli movimenti di ombre e colori non ha veramente bisogno di parole.
Quel fantastico peggior anno della mia vita ha tutte le carte per diventare un cult. Arricchito da riproposizioni cinematografiche spassose (vedi versione di Arancia Meccanica con calzini pupazzo, che diventa “A Sockwork Orange”), grotteschi pensieri che scaturiscono in spiritose rappresentazioni stop-motions e coinvolgenti musiche del grande Brian Eno.
In questa interessante narrativa di Jesse Andrews, che in parte ricorda il nostro Bianca come il latte, Rossa come il sangue (2013), riusciamo ad immergerci profondamente.
Conoscendo una persona e legandosi a lei per settimane, si scopre quanto non la si conosca veramente. Forse basterebbe scoprire una cosa, anche solo un semplice oggetto passato attraverso le sue mani, per renderci conto di quanto ci tiene nascosto e di come è veramente la sua anima.
Voto: 7 e ½
David Siena