Titolo squillante, interpreti giovani e bellocci, promozione assente, poster convenzionale, frase di lancio “una voce, una strada, una vendetta”. Ha tutta l’aria del fondo di magazzino in svendita per i saldi estivi. E invece “Radio Killer” si rivela una piacevole sorpresa. Nonostante una pesante eredita’ da “Duel” di Steven Spielberg, echi dallo Stephen King di “Grano Rosso Sangue” e “Christine la macchina infernale” e un’atmosfera on the road vicina a “The Hitcher”, il thriller funziona a dovere. La sceneggiatura ha il grosso merito di partire da una situazione tutto sommato banale (uno scherzo alla persona sbagliata) e di trasformare le prevedibili conseguenze (vendetta tremenda vendetta) in continui colpi di scena. Inoltre i personaggi sfuggono qualsiasi etichetta e sono credibili: il bello e’ anche impacciato, il ribelle non nasconde un cuore d’oro e la ragazza non si capisce bene cosa e chi voglia. Nessun vincente e nessun perdente. Semplici pedine di un gioco cinematografico che la regia di John Dahl mantiene sempre vivo, riuscendo a creare tensione e a rinnovare continuamente l’interesse verso i protagonisti ed il loro destino. Non mancano alcune ingenuita’ (l’onnipotenza del camionista vendicativo), ma l’impianto narrativo pone basi elementari di coerenza che garantiscono la partecipazione. Gli interpreti fanno la loro parte: Steve Zahn e’ sicuramente il piu’ in forma, mentre Paul Walker (I) fatica un po’ a scrollarsi di dosso l’immagine da aspirante divo di plastica. Leelee Sobieski continua a giocare con l’enigmaticita’ del suo sguardo, dice cose che occhi e postura tradiscono e non si capisce quanto sia naturale o calcolatrice. Sara’ il tempo a farci capire se e’ o ci fa. L’America che incornicia il racconto e’ quanto di piu’ desolante il sogno dell’ultima frontiera racchiude: rettilinei infiniti persi in un deserto interrotto solo da squallidi motel. Adattissimo per una serata estiva in compagnia, quando i brividi cercano piu’ il divertimento che la cupezza.
Luca Baroncini