Recensione n.1

Capita sempre più raramente di vedere VERI film dove l’opera nel suo insieme sia sostenuta da una solida e limpida sceneggiatura più che da roboanti effetti speciali. Proof of life (Rapimento e Riscatto) è quindi un film vero, con la C maiuscola di un cinema come ormai si vede di rado. La storia, non nuova, di un ingegnere rapito nell’ America del Sud e dello specialista negoziatore che si incarica (è il caso di dirlo) di trattare per liberarlo e di assicurarsi la Proof of life (la prova di esistenza in vita), e’ comunque un tema che di tanto in tanto ritorna sulle prime pagine delle cronache internazionali. Hackford lo svolge con mano sicura, senza sbavature, senza concedere nulla al retorico ne’ al drammatico fine a se stesso. Ogni scena e’ bensì finalizzata ad un realismo quotidiano dello straordinario, alla caratterizzazione dei personaggi ( a cui viene dedicato il giusto necessario in termini di tempo), alla costruzione del climax narrativo. La parte delle trattative con i rapitori e’ esasperante come la situazione reale. E quando finalmente l’azione arriva, dopo circa due ore di film è liberatoria tanto quanto esplosiva, realistica (in toni professionali alla Tom Clancy o alla McNab, per intenderci) e soprattutto girata e montata in modo impeccabile: riveting. In un quarto d’ora che entra di diritto nell’antologia dell’azione, scorre tanta adrenalina quanta la maggior parte degli action movies ne vorrebbero scatenare in due ore. E POL non e’ un action movie, notare bene: e’ un film che porta allo scoperto un certo mondo sotterraneo di professionisti e di vittime con la stessa mano sapiente di un Frankenheimer in Ronin, concedendo però ancora meno all’effettistico. Anche con una Meg Ryan in un ruolo non proprio “suo”, gli attori sono bravi e convincenti e la sensazione e’ che ciò sia vero in quanto ben diretti, ben impostati. Affascinante ma non patinato il personaggio di Crowe. Bellissimo rivedere anche il bravo Caruso. Unici difetti, qualche asincronia di montaggio nella scena sul Tamigi, una illuminazione non buona in diverse scene, fotografia spesso non convincente, ma ci sono molti esterni in un clima grigio e cupo come la storia stessa. E il finale e gli ultimi 20 secondi sono favolosi. Bellissimo.

Guglielmo Pizzinelli

Recensione n.2

Emozionante bel film con scene d’azione molto ben presentate e scene calme ben posate. Se di Russel ci eravamo innamorate facendocene una ragione poi perché uomini così magari non sono più in giro da un duemila anni, a questo giro se ne esce con il cuore ed il desiderio in mano. Meg invece non recitava così male da When a man loves a woman, chissà se per le sue vicende familiari o se perché ormai senza un bicchiere di polistirolo in mano ed una cornice americana alle spalle non sia più in grado. L’accento di R. e’ più marcatamente australiano del suo solito ma così vuole la parte, l’italiano presente ha un’idiota voce romana. Mi domando come abbiano tradotto downtown ed uptown come coordinate nel villaggio…
Libetta