Scheda film
Regia e Soggetto: Federico Moccia
Sceneggiatura: Federico Moccia e Ilaria Carlino
Fotografia: Consuelo Poli
Montaggio: Consuelo Catucci
Scenografie: Massimiliano Nocente
Costumi: Cristiana Agostinelli
Musiche: Massimiliano Pani
Suono: Cinzia Alchimede
Italia, 2013 – Commedia
Cast: Simone Riccioni, Brice Martinet, Primo Reggiani, Sara Cardinaletti, Maria Chiara Centorami, Nadir Caselli, Paola Minaccioni
Uscita: 26 settembre 2013
Distribuzione: Medusa
Scusate ma vi chiamo coinquilini
Bisognerebbe entrare nella mente di un abituale fruitore dei romanzi e dei film firmati da Federico Moccia per comprendere quale siano le effettive motivazioni che lo spingono a catapultarsi in libreria o in una sala ogniqualvolta si materializzano iniziative editoriali e cinematografiche che portano in calce il suo nome. Solo dopo averlo fatto, molto probabilmente, sarà possibile dipanare il mistero che avvolge una simile decisione, per tentare poi di trovare una giustificazione, o perlomeno una buona scusa. Per tanti la formula messa in atto dallo scrittore, sceneggiatore e regista romano per calamitare a sé vagonate di lettori e spettatori non è affatto un segreto, ma è chiara e limpida come acqua cristallina, per non dire ovvia e scontata. Si tratta di una reiterazione di temi, situazioni, atmosfere e tipologie di personaggi, riproposti ciclicamente, ai quali si vanno ad aggiungere di volta in volta escamotage stilistici o mode del momento, all’interno di una struttura narrativa e drammaturgica pre-confezionata. Individuato il target demografico giusto, nel suo caso una fascia pre e post adolescenziale, ecco lì svelato il segreto del successo del tanto bistrattato Moccia, diventato da quel lontano 1992, anno della prima pubblicazione di “Tre metri sopra il cielo”, il cantore delle giovani generazioni, il bancomat di editori e produttori nostrani, il salvatore sceso in Terra per fare la fortuna dei ferramenta e dei venditori di lucchetti, ma soprattutto il nemico da demolire per tutti quelli che per mestiere o passione hanno il dispiacere di recensire una sua creazione.
Con Universitari – Molto più che amici, nelle sale a partire dal 26 settembre grazie alle trecentocinquanta copie messe a disposizione dalla Medusa, la suddetta formula non cambia e di conseguenza nemmeno la sostanza, per cui il giudizio complessivo nei confronti della nuova fatica dietro la macchina da presa di Moccia, almeno per quanto ci riguarda (anche se sospettiamo che tanti altri colleghi la pensino come noi), non muta di una virgola. Il giudizio, come avrete intuito, non è in passato mai stato positivo, anche quando a firmare la regia da un suo testo c’era un’altra persona (Lucini per Tre metri sopra il cielo e Prieto per Ho voglia di te), e non lo sarà nemmeno in questa occasione. Non si tratta di essere prevenuti, tantomeno volere sparare a zero su un film solo perché scritto e diretto da lui, ma davanti all’ennesima dimostrazione della pochezza dei contenuti offerti sul grande schermo, espressa tanto sul versante della scrittura quanto della messa in quadro, diventa persino noioso e inutile andare a infierire sull’esito. Per dovere di cronaca, ci limiteremo però a dire che nemmeno il cambio di target, che sposta la storia da un gruppo di adolescenti alle prese con i primi amori, i pruriti e le problematiche di quella fascia d’età dentro e fuori dai banchi del liceo, ad un sestetto di universitari fuori sede costretti a convivere in una fatiscente ex clinica, con tutte le responsabilità che questo comporta e con alle spalle esperienze familiari differenti, non sortisce un benché minimo miglioramento. La pochezza resta la stessa, per tanto approfondire il perché la pellicola non riesca nemmeno a scorgere in lontananza la soglia della sufficienza diventa una fatica che ci vogliamo e vi vogliamo risparmiare. Dialoghi (gli scambi amorosi e la separazione tra Alessandro e Lidia), situazioni e personaggi, restano le vittime da sacrificare sull’altare di una drammaturgia che non è degna di competere neppure con quella di una soap opera sudamericana.
Moccia mette la firma su una commedia corale che non ha, diversamente dal passato, alcuna radice letteraria. Fragilissima e costellata da raccordi narrativi pindarici, la sceneggiatura sfrutta il punto di vista di uno dei sei protagonisti, che diventa di fatto la voce narrante in un coro stonato e lo spartiacque nella meno combattuta delle guerre dei sessi. Al di là degli immancabili risvolti sentimentali, temi importanti come le proteste nelle università o i conflitti generazionali vengono liquidati con una velocità e una sufficienza disarmanti. Il tutto affogato in una continua e sempre più invadente colonna sonora piena zeppa di hit.
Voto: 3
Francesco Del Grosso