Recensione n.1
I film come Resident Evil (mi) dimostrano che il Cinema al suo meglio e’ questo: ritmo, leggerezza e azione, puro intrattenimento capace di tagliar via dalla vita le parti noiose, senza fiato.
Non e’ un capolavoro, non aggiunge e non toglie niente, non ci fa uscire dalla sala migliori di come siamo entrati, e il suo bello e’ tutto qui.
Chi ha voglia di leggerlo come pesante critica della societa’ occidentale puo’ farlo, ma il giochino rischia di mostrare la corda: meglio immedesimarsi nel personaggio di Milla Jovovich e soffrire con lei ricordando pian pianino chi sei, perchè sei li’ e cos’hai fatto. Impossibile anche per questo raccontare o commentare la storia senza rovinare il film: se ci tenete, non leggete niente, non perche’ ci siano grandi colpi di scena ma perche’ si parte a informazioni zero e si scopre tutto strada facendo.
Sconsigliato ai patiti della verosimiglianza, ai patologi della sceneggiatura e ai deboli di cuore.
Mafe
Recensione n.2
NOTA: QUESTA RECENSIONE NON CONTIENE SPOILER, NEPPURE QUELLI PIU’ ELEMENTARI SULLA NATURA DELLA “MINACCIA” (ORMAI NOTA, PENSO, A TUTTI) – DAL MOMENTO CHE IL FILM E’ COSTRUITO IN MODO DA OFFRIRLA COME SORPRESA A CHI NON CONOSCE I GIOCHI.
Siamo in un giorno imprecisato del prossimo futuro, in un vasto laboratorio sotterraneo chiamato “L’Alveare” costruito (sotto alla fittizia citta’ di Raccoon City) dalla tentacolare Umbrella Corporation. Nei primi anni del XXI secolo l’Umbrella e’ una sorta della Microsoft della medicina – nascondendo dietro a una facciata di rispettabilita’ una vasta rete di ricerche illegali su ingegneria genetica e armi biologiche. Quando qualcuno sottrae un campione di una di tali ricerche diffondendone contemporaneamente una parte nel condotto di ventilazione del laboratorio, il computer che controlla il complesso (una sofisticata Intelligenza Artificiale chiamata “La Regina Rossa”) ne sigilla istantaneamente tutte le uscite – uccidendo quindi ogni singolo impiegato che si trovava al suo interno. Il tutto nei primi cinque minuti.
Stacco, ed ecco apparirci una notevole Milla Jovovich accasciata nella doccia in tutta la sua naturalistica grazia. Milla, come apprendiamo presto, sa di se’ stessa quanto ne sappiamo noi – ovvero nulla. Intorno a lei si stendono le stanze deserte di una grande e tetra casa immersa nei boschi di Raccoon City. Ma prima che la smemorata possa iniziare a indagare su di se’ e sulla sua situazione, la casa viene invasa da un gruppo di commando inviati sul posto dall’Umbrella. Milla, insieme a un malcapitato poliziotto di Raccoon City (Eric Mabius), viene cosi’ poco cerimoniosamente aggregata alla spedizione (della quale fa parte anche una tosta Michelle Rodriguez versione “Vasquez”): il loro obiettivo e’ di penetrare nell'”Alveare” da un ingresso secondario celato nella casa, disattivare la Regina Rossa e cercare di determinare cosa e’ accaduto nel laboratorio. Ovviamente saranno guai per tutti…
Che potere ha una mezza stellina? Enorme, soprattutto se e’ la mezza che manca da un * * * 1/2 a un * * * *. Il problema non e’ banale, in quanto traccia l’invisibile confine tra il migliore dei film che non segneranno la nostra vita e l’olimpo dei film che “pero’!” Quattro stelline, per fare un esempio, le ha prese “The Others”. Tutto questo per dire che la decisione se assegnare la mezza stellina in piu’ a “Resident Evil” non e’ stata tra le piu’ facili, e neppure lo e’ spiegare perche’. RE, infatti, sfugge a ogni logica. Esaminato punto per punto, il film fa acqua da tutte le parti: non presenta una singola scena originale, i personaggi sono stereotipati, le scene d’azione non sono all’altezza di altri film simili, e alcuni dialoghi sono davvero terribili. Eppure, in qualche modo, tutto l’insieme funziona – e anche tanto!
Il primo pregio del film e’ non sprecare un singolo fotogramma: dall’inizio fulminante al convulso susseguirsi degli eventi nel laboratorio sotterraneo, non vi e’ una sola scena, di dialogo o azione che non sia immediatamente funzionale allo svolgersi degli eventi. Cio’, unito alla brevita’ del film stesso, imprime alla trama un ritmo davvero forsennato.
In secondo luogo vi e’ la trama stessa: da piu’ parti ho letto che la trama di RE potrebbe essere scritta su una bustina di fiammiferi. In verita’ no, e sfido chiunque a farlo includendo tutti gli elementi. Nell’arco dell’esplorazione del laboratorio e del disperato tentativo di uscirne, in un’ora e mezza di azione ininterrotta, Paul Anderson ha saputo inserire almeno quattro sottotrame, che si incastrano elegantemente l’una nell’altra emergendo a poco a poco, e convergendo e risolvendosi prima del finale (che fa storia a se’). Inoltre non tutto va a finire come ci si aspetterebbe, e in un caso per ben * due volte * la situazione si capovolge in un modo imprevisto. Certo, con il senno del dopo e’ facile vedere come Anderson abbia rimescolato ingredienti in se’ stravisti, ma in questo caso e’ il * come * la cosa e’ stata fatta. L’obiettivo in un film come questo e’ di tenere lo spettatore sull’orlo della sedia fino all’ultimissimo momento. E’ stato raggiunto? Con me si’. Eppure ho letto recensioni – e non poche – che parlando di un film soporifero e noioso. Io credo che tutto risieda nella capacita’ o inclinazione di coglierne lo spirito: come discesa “scazzona” nel mondo dell’horror claustrofobico ad alto volume di decibel, in tempi recenti “Resident Evil” non ha pari – almeno sul mio taccuino.
La regia di Paul Anderson (da non confondersi con il Paul T. Anderson di “Magnolia”) e’ funzionale agli eventi narrati, e in alcuni casi presenta pennellate di classe. Anderson e’ considerato uno dei peggiori registi di Hollywood, grazie a film come “Mortal Kombat” e “Punto di Non Ritorno”, ma io credo che il suo principale problema sia l’incapacita’ di mantenere una coerenza stilistica, oltre a alcuni deplorevoli svarioni di giudizio in fatto di trama. In “Resident Evil” vi sono momenti di gran classe, come l’intero quarto d’ora iniziale raccontato in modo terso e quasi unicamente per immagini (se si escludono i riempitivi “Aaaargh!” e i “Moriremo tutti!” degli impiegati dell’Umbrella) e una sequenza finale cosi’ imprevista e aliena da porsi quasi come una vignetta a se’ – l’esempio di qualcosa prodotto da qualcuno senza dubbio in possesso di un certo talento visivo e della narrazione.
Infine, gli attori. Milla domina la scena, forse perfino troppo, ma quando arriva alla fine completamente fradicia, piena di lividi e trascinando un’ascia con aria minacciosa non c’e’ dubbio che il suo tentativo di creare una nuova icona horror ha avuto buoni risultati (non parliamo della sua estrema fisicita’, sottolineata da uno stile di combattimento animalesco e privo di qualunque disciplina – che mi fa pensare come la Milla, dentro al notevole corpo, deve avere in giro un bel po’ di ormoni maschili); Michelle Rodriguez e’ migliore di quanto si vede qui, e spiace un po’ che il regista non l’abbia sfruttata un po’ di piu’. Gli altri sono, e’ vero, privi di spessore, ma non dimentichiamo come il nostro punto di vista sia quello di Milla, ovvero di totale amnesia, e quindi di loro sappiamo esattamente cio’ che vediamo e sentiamo – e l’azione ovviamente non da’ tempo a nessuno di presentarsi. E poi Eric Mabius e James Purefoy sono simpatici, e il primo incarna bene il ruolo archetipico di Chris/Leon (se avete giocato ai giochi capirete di cosa parlo).
“Resident Evil”, vale la pena di notarlo, e’ in perfetta continuity con i giochi. Questo potra’ non interessare a chi ai videogame stessi non ha mai giocato, ma agli appassionati come me fara’ piacere sapere che la trama si incasella perfettamentenell’arco della continuity della serie, rivelando addirittura alcuni “dietro le quinte” che i primi quattro titoli avevano lasciato in sospeso. E’ vero, i giochi prediligono tensione e esplorazione a azioni frenetiche alla “Aliens”, ma, proprio come “Aliens” con “Alien” il film offre semplicemente un approccio diverso e verosimile allo stesso problema (pochi agenti divisi e spaventati nei giochi, molti e pesantemente armati nel film). Finito di vedere la pellicola e’ difficile resistere alla tentazione di fare partire il primo gioco su Playstation, e io credo che un film tratto da un videogioco non potrebbe avere tributo migliore.
In definitiva, la domanda finale e’ stata “mi e’ piaciuto?” Si’, e molto. Perche’? Non lo so e in fondo non mi importa. “Resident Evil” e’ un’opera di artigianato cinematografico, come i begli “Urania” Mondadori di una volta, che trasuda cura, kitsch e passione da ogni poro. Di questo strano film, che ho visto tre volte (la seconda a Montreal, insieme al press-tour europeo di Ubisoft, che e’ finita con gli applausi ^_^), ho amato perfino la musica burina e fracassona alla Rob Zombie che esplode nei momenti piu’ impensati (in realta’ sono Marilin Manson e Marco Beltrami). E’ un film fatto cosi’, ma alla fine sono contento che lo sia stato.
VOTO: * * * * su * * * * *
Curiosita’: Milla Jovovich e’ una fan della serie di videogiochi, cosi’,quando scopri’ che il film di “Resident Evil” era stato messo in lavorazione, si presento’ sul set e spiego’ al regista che “la parte non sarebbe andata a nessun altra”. Contatto’ quindi suo fratello, il quale “in un week-end raccolse su internet piu’ materiale sui giochi di quanto ne avesse inviato la Capcom alla produzione”. Appreso infine che il suo personaggio avrebbe dovuto indossare vestiti da commando come gli altri, getto’ immediatamente alle ortiche i paramenti militari e progetto’ personalmente il surreale vestito rosso che indossa nel film, perche’ “…obviously you cannot have a zombie movie without an hot chick”. Calvin
non avrebbe saputo dirlo meglio!
Vincenzo Beretta (da IAC)