IT-FR 2001 di Emanuele Crialese con Valeria Golino, Vincenzo Amato, Francesco Casisa, Veronica D’Agostino, Filippo Pucillo, Muzzi Loffredo, Elio Germano.
Recensione n.1
Sole, roccia, mare. Sembra la ricetta della vacanza ideale, invece per Grazia la vita sull’isola di Lampedusa risulta molto problematica. Difficile adeguarsi alle regole sociali quando si e’ per natura anticonformisti. Grazie e’ una donna giovane e ancora bella, madre e moglie, che alterna solarità e dolcezza a introversione e rabbia. La sua guida e’ l’emotività, vive tutto all’ennesima potenza, con conseguenti ed improvvisi sbalzi di umore. Emanuele Crialese, regista e sceneggiatore alla sua opera seconda, costruisce un bel personaggio femminile, che pare cucito addosso a Valeria Golino, interprete discontinua
capace di spaziare dalle grandi produzioni hollywoodiane ai piccoli film indipendenti. Grazia e’ naturalmente contraddittoria e la sceneggiatura non cerca di trasformarla in un’eroina in lotta contro il bigottismo e l’arretratezza culturale del microcosmo in cui vive. Grazia, infatti, sarebbe ribelle e disubbidiente alle regole in qualsiasi epoca ed ambiente. Sicuramente in un altro contesto la sua irrazionalità potrebbe essere etichettata come originalità e magari (ma non e’ detto) troverebbe meno barriere nella sua possibile espressione, mentre in un’isola lontana dal mondo diventa una malattia da curare, qualche cosa che mina l’equilibrio, il quieto vivere, il tacito perpetuarsi della tradizione. Sembra davvero di essere fuori dal tempo, in un’atmosfera di memoria verghiana: il ritmo delle giornate scandito dal lavoro in mare, sotto il sole cocente, o sulla terraferma, a pulire il pesce o a fuggire il caldo. La descrizione della natura e dell’ambiente in cui si muovono i personaggi diventa parte integrante del racconto, un personaggio che racchiude tutti gli altri, una sorta di primitiva ancora radicata in ognuno degli isolani. La macchina da presa osserva luoghi e volti senza giudicare, costruendo un racconto in cui le immagini e i suoni diventano pagine di sceneggiatura. Anche i dialoghi, spesso parlati in siciliano stretto, contribuiscono ad entrare nell’ambiente in cui i personaggi vivono. Gli interpreti, in maggior parte non professionisti, risultano quasi sempre spontanei senza cadere nel bozzetto da esportazione. Bravissimo il giovane Francesco Casisa, il figlio maggiore della protagonista legato alla madre da un rapporto molto forte, che esprime, attraverso gli occhi e la postura, tutto il suo disagio. La tragedia e’ dietro all’angolo, ma Crialese non cede alle facili lusinghe del dramma, vuole comunicare altro rispetto alla circolarità di un racconto. E le immagini che concludono il film colpiscono per bellezza, poesia e intensità.
Luca Baroncini
Recensione n.2
° Isola di Lampedusa: nella comunità locale, le innocue stranezze di Grazia (una Golina magnetica e intensissima), donna innamoratissima del marito Pietro (un Amato altrettanto passionale) e dei suoi tre figli e forse epilettica, vengono viste come una sorta di pazzia/maledizione/iattura, tanto che verrà spinta ad andare a Milano per curarsi. Il figlio Pasquale, però, le trova un rifugio in una grotta e la ricerca di lei sarà tanto tenace quanto disperata. Ispirato a una favola siciliana e vagamente sospeso in un Meridione anni ’60 che potrebbe essere benissimo quello di oggi, Respiro è una folgorante storia d’amore e, soprattutto, un grandissimo poema sul mare e sul suo influsso sulle persone che da sempre ci hanno coabitato. Il trentaseienne Crialese, laureato in cinema a New York, trasfigura personaggi di stampo quasi verghiano in una tragedia che non si compie mai veramente e che ha qualcosa di profondamente omerico per dimensione mitologica, statura allegorica e semplici caratteristiche fisiche e fisiologiche. La sua è una regia psicologica che si dimentica volutamente del tempo storico e di quello cronologico e, scrutando figure e ambienti, approda a un limbo magico tanto più emozionante in quanto capace di una straordinaria forza e acribia realistica. Il tema della pazzia rivelatrice di verità e di vitalità trova il suo contraltare nella presenza invisibile ma immanente della morte (si veda la carneficina di cani randagi) e del sacro (si veda la stupenda scena in cui Pietro porta la statua di una Madonna negli abissi del mare dove crede di aver perso Grazia, forse nella speranza di ottenere un miracolo o forse per onorare la sua presunta tomba infinita), anche se poi la vera morte è quella spirituale ed esistenziale di chi, quando questa vitalità viene a mancare, non sa più vivere. Sottilmente diviso in due parti, Respiro parla di scugnizzi pronti a scannarsi fra loro in atti che mimano tanto la lotta quanto il sesso e di maschi primordiali che hanno perso le loro coordinate: i personaggi rappresentano grandi archetipi, ma, di nuovo, è la forza nettunica del mare a imporsi; un mare che, per chi lo vive così intensamente e quotidianamente, è vita e suo mistero, morte, alcova di ricchezza e motivo di perdita, fascino e perdizione, peccato e redenzione. Il mare è Grazia (ovviamente, un nomen omen), un minerale dalla febbrile fisicità e dalla pulsante vividezza che trabocca, oltrepassa i confini umani e, quindi, non può essere contenuto nella limitata morsa della ragione. E, come nell’anima di Grazia, Crialese ci si immerge in questo mare, senza comprenderlo accecato dalla sua bellezza ma per questo non senza amarlo: profondità abissali o distesa di cobalto in cui è possibile risalire al cuore di tenebra di sé stessi, in cui l’uomo sa di profanare, con rispetto e devozione, un tempio di culto e in cui sa di potersi ritrovare o perdere definitivamente. Film bellissimo, complesso e semplicemente classico, abbagliante e illuminante al contempo, che ha il coraggio di uscire dalle secche di un cinema troppo spesso bassamente provinciale e minimalista come quello italiano: Crialese regista è in stato di grazia e, forse tranne qualche ralenti effettistico di troppo, praticamente non sbaglia nulla, la colonna sonora di John Surman (in cui spicca il suono del clarinetto) ha qualcosa di divino nelle sue sonorità arcaiche ed etniche. Brevissimo incipit da brividi e finale da ovazione con un ritorno primigenio al mare, utero materno che accoglie, mentre sulla spiaggia minacciosi fuochi di speranza spargono le loro scintille e preludono a un cambiamento, e rende tutti fratelli, corpi e gambe senza volto, indistinguibili, irriconoscibili. Il film doveva essere intitolato Oscia, saluto che si scambiano gli abitanti di Lampedusa e che significa “fiato mio”: Respiro è, quindi, la sua traduzione italiana più semplice e poetica. Dopo aver vinto il Premio della critica a Cannes, il film è stato distribuito una seconda volta nei cinema, nel 2003. DRAMM 95’ * * * *
Roberto Donati