La XXII° edizione del RIFF Awards – Rome Independent Film Festival, si svolgerà a Roma dal 16 al 24 novembre 2023 a impatto zero con oltre 80 opere contemporanee in concorso tra anteprime Europee e Mondiali. In anteprima italiana: 4 Lungometraggi internazionali, 6 lungometraggi italiani, 12 Documentari, 50 Cortometraggi (25 italiani e 25 internazionali), 8 Video animati. Tra gli ospiti presenti al festival Kelley Kali (nominata all’Academy Gold Fellowship for Women), Guillaume Renusson, Pelayo De Lario (membro del BAFTA), Clive Russell, Antonella Ponziani, Carolina Crescentini, Donatella Finocchiaro, Greta Scarano, Claudia Zanella, Giorgio Tirabassi, Alessandro Haber, Pietro de Silva, Riccardo De Filippis e tutti i registi dei film in concorso.
Tra le location oltre al Nuovo Cinema Aquila, che rimane il luogo principale del festival, c’è il Cinema Troisi che ospiterà alcune serate evento; il programma sarà arricchito da alcune masterclass, laboratori e pitch, che si terranno in sala e in due biblioteche romane: la Biblioteca di Roma Mameli e la Biblioteca di Roma Collina della Pace.
Ciurè (Giampiero Pumo). Nella periferia di Palermo, Salvo (Giampiero Pumo) è un giovane padre che per mantenere il figlio, strappato alla moglie tossicodipendente, si arrabatta tra impieghi di fortuna e faccende criminal-grottesche. Quando la spirale di violenza gli si ritorce contro, si imbatte in Ciurè (Vivian Bellina), una ballerina transgender che va in suo soccorso spalancandogli le porte di un caleidoscopico night club gay dove lei si esibisce tutte le sere. L’uomo ha bisogno di soldi e la ragazza gli propone un’opportunità insolita. Riuscirà Salvo a superare i propri pregiudizi nei confronti di un mondo a lui sconosciuto e a vestire letteralmente panni inediti, fino a reinventarsi in un nuovo corpo? Ciurè è una piacevolissima sorpresa, un’opera prima, scritta, diretta ed interpretata da Giampiero Pumo, che può vantare un’ottima sceneggiatura, ricca di dialoghi brillanti e veri, sinceri, che si aprono al dialetto di strada (richiedendo spesso il ricorso ai sottotitoli) e che colpiscono dritti al cuore, chirurgicamente. E può vantare anche un’interprete speciale: il suo vero cuore, Vivian Bellina, ossia Ciurè, scelta quasi per caso, che porta in dono al film tutta la sua storia e la sua giovane, complicata vita. Un’opera drammatica, che parla di disagio sociale, ma che al contempo è pop, richiamando e citando Almodovar, che si permette anche momenti più morbidi, quasi di commedia, ribaltando tutti gli stereotipi, dalla sicilianità al machismo. Da non perdere. National feature film competition. Voto: 8
Les survivants/White paradise/Sopravvissuti (Guillaume Renusson). Samuel, dopo la morte della moglie per un incidente, ha bisogno di stare un po’ da solo, lontano dalla quotidianità, anche dalla figlia piccola, e decide di ritirarsi nello chalet di famiglia sulle Alpi italiane. Una notte, una giovane donna si rifugia nell’abitazione: è Chehreh (Zar Amir Ebrahimi), afghana, e vuole attraversare la montagna per raggiungere la Francia. Samuel, dapprima restio, non riesce a non farsi coinvolgere e decide di aiutare la ragazza per raggiungere il confine. Contro di loro però non ci sono solo le condizioni estreme e ostili della natura, ma anche la cattiveria degli uomini… Folgorante debutto alla regia per Renusson, che vede l’amabile Denis Ménochet, quasi in contemporanea con As bestas di Sorogoyen, immolarsi per diritti che questa volta sono perfino altrui. Sotto forma di thriller e di survival-movie, il film narra di immigrazione e (mancata) integrazione e razzismo. E il risultato, in mezzo al bianco candore delle Alpi, è notevole. Feature film competition. Voto: 8
Tales of Babylon (Pelayo De Lario). In una Londra inedita, una coppia di sicari e altri due cani sciolti si troveranno coinvolti a loro insaputa in un lavoro che riguarda i nipoti di un violento boss mafioso. Sarà una sfida all’ultimo sangue… Tra Quentin Tarantino e Guy Ritchie, con tanto di citazioni, perfino attoriali (lo splendido Clive Russell ha recitato nei due Sherlock Holmes), il ventiquattrenne Pelayo De Lario scrive e dirige a basso (ma non minimo) budget un thriller teso, ritmato e molto divertente, diviso in capitoli incastrati come scatole cinesi e con anche un flashback chiarificatore a cinque anni prima. E soprattutto con una bambina straordinaria, Billie Gadsdon, già vista in Crudelia. L’occhio è inevitabilmente a Pulp fiction, ma l’autore trova una propria cifra stilistica personale portando a casa il suo ottimo film. Dialoghi brillanti e frizzanti, naturalmente sopra le righe, per una pellicola che supera le due ore, ma che vorremmo non finisse mai! Labirintico. Feature film competition. Voto: 8
A kind of testament (Stephen Vuillemin). Una giovane donna trova su internet delle animazioni create a partire da sue foto personali messe online sui social. Uno sconosciuto con lo stesso suo nome confessa il furto di identità. Ma la morte è più rapida della risposta alla domanda: “Perché?”… Interessante cortometraggio non cortissimo, realizzato con una tecnica bidimensionale che ricorda quella dei manga, che avvince nella sua stranezza, andando poi a toccare tematiche esistenziali e profonde. Riuscito. Animation short competition. Voto: 7 e ½
Andrà tutto bene (Alessio Gonnella). Marzo 2020. Il trentenne Michele (Carlo Palmeri) viene cacciato di casa dalla sua compagna. In piena notte trova ospitalità presso la casa dove abita una sua amica. Ma scatta il lockdown da Covid-19: lui e altri due inquilini, appena conosciuti, dovranno affrontare una convivenza forzata. Film praticamente a zero budget (18.500 euro!) realizzato da un gruppo di assistenti, manovali, “secondi”, per la prima volta a fare da caporeparto. Il giovane e simpaticissimo regista Alessio Gonnella scrive e dirige una divertente pellicola che è una vera boccata d’aria fresca almeno per il cinema indipendente italiano e l’eterna dimostrazione che per fare cinema ci vogliono innanzitutto le idee. Tra Woody Allen e Matrix – quando lo vedrete capirete perché – e con un pizzico di Nichetti, un’opera fresca e malinconica, sincera come “una fetta di pane e olio della nonna” (parole di Alessio) e impregnata di “saudade” come un samba. Autentico. National feature film competition. Voto: 7 e ½
In between (Effie Pappa). Tre personaggi sono coinvolti in un frenetico ciclo quotidiano alla ricerca del tempo: non riescono mai a trovare il momento giusto per mangiare, attraversare la strada o andare in bagno… Curioso e divertente cortometraggio greco in stop-motion che offre una originale rilettura della frenesia dei nostri giorni e di quella cosa che, come diceva qualcuno, accade mentre siamo occupati a fare altro. Scorrevole. Animation short competition. Voto: 7 e ½
Pastoral spring (Antoine Dossin). A un ragazzo manca sua madre. A un uomo manca sua moglie. A un padre manca sua figlia. Tre uomini piangono, ciascuno a suo modo, l’insopportabile assenza di qualcuno che hanno amato, a scapito dell’amore reciproco. Bellissima riflessione in forma di cortometraggio di produzione ceca, ma di un regista nato a Tolosa, ora di stanza a Praga, sull’insostenibilità di un importante lutto che congela i rapporti tra esseri umani benché affini invece di rafforzarli. Poetico nella sua essenzialità. Student short competition. Voto: 7 e ½
Primo – Sempre grezzo (Guido Maria Coscino). David Maria Belardi, a.k.a. Scheggia e poi definitivamente Primo Brown, rapper fondatore del gruppo romano Cor veleno, prematuramente scomparso a soli 39 anni per una crudele malattia nella notte tra il 31 dicembre 2015 e il 1° gennaio 2016. Artista di fondamentale importanza per lo sviluppo della cultura hip hop in Italia, in particolar modo nella capitale, attivo sulla scena fin dal lontano 1993. Un ritratto voluto dal padre Mauro, con la voce narrante di Elio Germano che lo rende redivivo tra noi almeno a livello vocale, anche se i suoi dischi e i suoi pezzi resteranno per sempre. Il regista Guido Maria Coscino, con già all’attivo importanti film d’inchiesta, mette su, insieme alle testimonianze di chi c’era, questo potente e ampio documentario che, con la giusta distanza, racconta la vita di un artista sincero, che non si è mai negato, se non all’ultimo, ma ha sempre lottato, davvero fino all’ultimo. Dice Primo/Elio all’inizio: “La storia che verrà raccontata non è la storia dell’hip-hop, e non è neanche la storia della scena rap romana. Io sono Primo: e questa è la mia vita, raccontata dalle persone che meglio possono farlo”. Mitopoietico. National documentary competition. Voto: 7 e ½
Rosie (Gail Maurice). Rosie è una bambina nativa americana, rimasta orfana, che è costretta dai servizi sociali a vivere con sua zia Fred, una donna che ben conosce l’arte di arrangiarsi. Così la piccola viene catapultata ai margini della Montréal degli anni ottanta, in compagnia di una parente sconosciuta che ha appena perso il lavoro e dei suoi amici travestiti, una zia che sta per essere sfrattata e che soprattutto non le somiglia per niente… Pimpante favola weirdo coloratissima con un occhio a John Waters che vira in acido un coming-of-age nel quale la protagonista della crescita non è necessariamente la più giovane sulla scena. Rosie aiuterà la zia Fred ad aiutarla e a diventare una persona migliore. Film sulla famiglia, l’affetto e i disadattati con una giovanissima protagonista eccezionale, Keris Hope Hill, che tiene in piedi, insieme all’ottima Melanie Bray (Fred) l’intero film. Musiche straordinarie per una pellicola indipendente a basso costo, ma quasi perfetta. Think positive! Feature film competition. Voto: 7 e ½
Singing in the lifeboat (Grace Wijaya). Nel mezzo della pandemia da Covid-19, Jin, una donna britannica coreana, fugge nei tranquilli boschi della Pennsylvania in cerca di conforto. Isolata e desiderosa di connessione, inizia un rapporto non convenzionale con la foresta. Iniziando a mettere targhette sugli alberi, fa amicizia con loro, trovando conforto nella loro presenza silenziosa… Originalissimo primo cortometraggio statunitense, quasi musical, di una regista, scrittrice e produttrice di origini indonesiane pieno di idee e di trovate che promuove la speranza in tempi in certi. Tuttinsiemappassionatamente. Student short competition. Voto: 7 e ½
Le spose di BB (Stelvio Attanasi & Paola Leone). La regista e pedagogista teatrale Paola Leone, dopo circa dieci anni di lavoro nella sezione maschile delle carceri pugliesi, ha ideato nel 2017 il progetto “Le spose di BB” (dove l’acronimo sta semplicemente quanto drammaticamente per BarbaBlù), un laboratorio-indagine sulla violenza contro le donne, interamente coniugato al maschile. Lo scopo è di sensibilizzare al tema della violenza di genere attraverso un laboratorio teatrale aperto a soli uomini dove a mettersi in discussione è proprio l’uomo stesso. Il medio-metraggio firmato dai due registi racconta le meravigliose metamorfosi e riflessioni che i maschi compiono, finendo anche per indossare abiti da sposa in una resa emozionale e scenica sbalorditive. Al di là del valore enorme e intrinseco dei laboratori, questo film ne è una versione “ridotta”, una sorta di lungo trailer cucito attraverso le varie esperienze condotte in questi anni, facilmente utilizzabile e spendibile per promuovere la causa e il lavoro di Paola Leone. Didattico. Eventi. Voto: 7 e ½
Ana Morphose (João Rodrigues). Una bambina legge per addormentarsi, ma, mentre si assopisce, il mondo fisico intorno a lei inizia a fondersi in una realtà alternativa dominata dalle pagine dei libri. Ana dovrà sfuggire alla mole di conoscenze stampate e trovare il suo spazio in un mondo che non è quel che sembra… Affascinante breve film portoghese sul potere dei libri e su come trovare il proprio posto nell’universo, anzi, negli universi. Animazione a passo uno superlativa integrata quanto basta con un accenno di CGI in un binomio riuscito. Animation short competition. Voto: 7
Colorcarne (Alberto Marchiori). Orlanda vuole regalare alla sua nipotina un paio di scarpette per il saggio di danza. Ma trovarle del colore giusto non è un’impresa facile… perché la loro pelle non è dello stesso colore degli altri… Danza, emancipazione e (anti-)razzismo in un breve, ma potente film che sorprende e commuove. National short competition. Voto: 7
Il difetto dell’astice blu (Simone Marino). Edo, un’adolescente ansioso è in crisi per il ritorno dal Canada del ragazzo di cui è innamorato perché, tra l’altro, sta perdendo i capelli. Tra rimedi improvvisati e cure orripilanti, l’ansia sale… Divertente cortometraggio che sfiora tinte horror per raccontare come le trasformazioni legate all’adolescenza, compresa la ricerca della propria identità sessuale possano assumere connotazioni mostruose. L’ottimo protagonista Alessandro Cantalini, già visto ne La scuola cattolica di Stefano Mordini, è il cuore pulsante del piccolo film. National short competition. Voto: 7
Immortel.le (Eléonore Bürki). Anastasia e Ambre si amano appassionatamente, tanto da essersi trasferite in una casa isolata, per sfuggire alle malelingue. Ma Ambre si ammala e muore, gettando Anastasia in un dolore senza fine. Forse sta iniziando a negare, ma… Ambre se n’è davvero andata?!… Affascinante ed originale cortometraggio svizzero della giovanissima Bürki che esplora il dolore, la perdita, la diversità. Oltre. Student short competition. Voto: 7
L’interruttore (Antonio Catanese). In un teatro metropolitano, ubicato in una stazione del passante ferroviario, a Milano, l'”Atelier del Teatro e delle Arti”, la compagnia Zorba officine creative, sotto la direzione di Andrea Cavarra, realizza maschere fatte a mano e spettacoli teatrali. Antonio Catanese, come saggio per la scuola di documentario “Zelig”, con sede a Bolzano, riprende le bislacche attività dell’altrettanto bislacca compagnia. Un documento unico, su persone e personaggi unici, spesso squattrinati e dalle mille risorse, che hanno un solo obiettivo nella vita: l’arte. National documentary competition. Voto: 7
In una goccia (Valeria Weerasinghe). Divisa tra due culture, una ragazza cade in una giungla immaginaria per sfuggire alla sua rwaltà. Guidata da una goccia, si ritrova davanti alle sue radici e comprende che le sue origini saranno sempre una parte importante della sua identità… Poetico e coloratissimo cortometraggio di una regista metà italiana e metà singalese che affronta il tema dell’identità, dell’importanza delle proprie origine e della complessità dell’integrazione. Soave. Animation short competition. Voto: 7
La malavita (Paolo Colangeli). Sasà Striano, che ammirammo e scoprimmo in Cesare deve morire dei fratelli Taviani, ex-carcerato che il teatro dietro le sbarre ha restituito alla Vita, torna a Napoli per un progetto teatrale/cinematografico sul “Macbeth” di Shakespeare. Il suo scopo è dare una (seconda) possibilità ai ragazzi e alle ragazze di strada, mettendo in scena “‘o malamente” per eccellenza. La ricerca non è facile, perché lo scopo di Sasà è proprio quello di strapparli a un destino incerto o forse troppo certo, mentre molti percepiscono il teatro solo come un divertente e curioso parallelo. Paolo Colangeli accompagna l’attore e neo-regista in questo mondo, tra riflessioni su vecchia e nuova criminalità, su che cosa significhi “la malavita” e su che cosa significhi il palcoscenico. Due mondi così lontani, ma anche così vicini. Documentary competition. Voto: 7
Odd one out (Micky Wozny). Un ciclo di pregiudizi si interrompe quando un ostracizzato outsider rompe lo schema con una celebrazione ribelle… Divertente cortometraggio britannico ad incastro ed in 2D di un regista originario del Nottnghamshire nel quale il più integrato di ogni gruppo sullo schermo sarà l’eccentrico di quello successivo. Come dire: si è sempre più a sud di qualcun altro. Un deciso NO al razzismo e ai conformismi in una elegante versione animata. Eccentrico. Animation short competition. Voto: 7
Rumore – Human vibes (Simona Cocozza). Il silenzio è la colonna sonora dei regimi autoritari: ecco perché bisogna fare tanto rumore! La conoscenza dei diritti umani è il primo passo per poterli reclamare e la musica ha il potere di arrivare al cuore delle persone, con una rapidità, una potenza e una forza inaspettate, per raccontare le violazioni dei diritti umani presenti in ogni paese, persino nel nostro. Il medio-metraggio di Simona Cocozza dà voce a numerosi artisti italiani (Paola Turci, Negramaro, Modena City Ramblers, Carmen consoli, Ivano Fossati, Brunori Sas, Frankie hi-nrg mc, Nada, Nicolò Fabi, Daniele Silvestri, Mannarino, Simone Cristicchi) incontrati in occasione del Festival Voci per la Libertà e a Riccardo Noury di Amnesty International. Le loro opinioni sono alternate e fanno da commento alle immagini di Rwanda, Siria, Turchia, Tunisia, Cile (in particolare del Concerto del 1990), Argentina Repubblica centroafricana, Lampedusa (Italia), Bodo (Nigeria), tutti luoghi dove qualche problemino con i diritti umani c’è o c’è stato, mentre scorrono, uno per uno, gli articoli della dichiarazione dei diritti umani. Semplice, ma necessario. National documentary competition. Voto: 7
Two silver bracelets (José Alberto Orive). In trasferta dal Guatemala, Gabriel perde la veglia funebre di suo fratello a Barcellona per colpa del ritardo del volo. Prima della sepoltura, la cognata gli spiega che il defunto verrà cremato. Quella stessa notte, Gabriel decide di vedere ancora un’ultima volta il volto del fratello. Nonostante sia ormai troppo tardi, riuscirà a ricordarlo instaurando un nuovo legame con la sua giovanissima nipote… Come almeno altri due corti della sezione Student short competition, Immortel.le e Pastoral spring, affronta il tema dell’elaborazione del lutto in maniera diversa. Anche qui l’accettazione passa per la costruzione di un rapporto umano, nuovo, impensato. Speranzoso. Student short competition. Voto: 7
Ultraveloci (Davide Morando e Paolo Bonfadini). Dodo, un cinquantenne affetto da una forma di paralisi parziale chegli limita i movimenti, si ritrova per la prima volta da solo a dover difendere l’officina di famiglia da una banda di rapinatori… Orgoglio e riscatto in un piccolo film italiano, teso e divertente, che ci fa empatizzare con lo sfortunato, ma solido protagonista. Alla riscossa! Short competition. Voto: 7
C’era una volta il cinema Azzurro Scipioni (Lorenzo Negri). Storico collaboratore di Silvano Agosti, Negri racconta vita, morte, miracoli e resurrezione della celeberrima sala romana fondata e gestita dal regista bresciano. TUTTO il cinema italiano scorre sullo schermo per raccontare i fasti del locale in un affresco celebrativo riflesso della cinematografia nazionale. Forse troppo affettuoso e di parte per risultare interessante, ma l’aneddotica narrata e mostrata è davvero magniloquente per ignorarlo o liquidarlo su due piedi. Un pezzo di storia del nostro paese che fortunatamente, pare, non finirà nel buio dell’oblio. Nostalgico. Documentary competition. Voto: 6 e ½
Dino’s dark room – La storia del fotografo Dino Pedriali (Corrado Rizza). Figura singolare, il fotografo Dino Pedriali, che fotografò Pier Paolo Pasolini nudo al Circeo ed in alcune pose diventate storiche per l’uso massiccio che ne fu fatto negli anni, viene raccontato da chi lo ha conosciuto da vicino. Achille Bonito Oliva, il figlio Tristano, la scrittrice Giorgia Bruni descrivono un uomo buono, ma complesso. Un gigantesco Pietro Da Silva lo interpreta in momenti di fiction restituendo la statura artistica e umana del personaggio. Una ricostruzione a tratti volutamente disordinata, ma che riesce a raggiungere lo spettatore. Anarchico. Documentary competition. Voto: 6 e ½
Fragments of self (Nancy Chamberlain). Dopo un periodo di apparente isolamento, un’adolescente inglese fatica a realizzare l’importanza delle altre persone rispetto ai suoi studi. Dichiarato omaggio ad Angeli perduti di Wong Kar-Wai, fin dai titoli di testa, il cortometraggio di Chamberlain nella sua brevità incuriosisce al punto giusto, porgendo allo spettatore la sua morale. Attualissimo. Student short competition. Voto: 6 e ½
Ho vinto io (Filippo Ardenti). Venezia, 1998. Tobia è un ragazzo toscano che viene preso di mira per la sua innocenza e la fragilità da tre studenti romani fuori sede residenti in Veneto, dai quali riceve reiterate violenze… Cortometraggio visionario e brillante che affronta la scottante tematica del bullismo da un insolito punto di vista e con un inedito quanto semplice twist. Taumaturgico. Short competition. Voto: 6 e ½
Lessons of music (Kristina Zybenkova). La vita della novenne Vera, pianista di talento, diventa estremamente difficile alla vigilia di un concorso musicale. Sua madre si aspetta grandi risultati da lei e non le dà tregua con le esercitazioni e l’insegnante di musica, una bieca affarista, diventa sempre più cattiva con lei, rendendo il tutto insopportabile per la povera bambina. Ma Vera troverà una radicale via d’uscita… Interessante cortometraggio russo sulle aspettative dei genitori e i desideri dei propri figli, non sempre in sintonia per l’ego patrio. Ma i bambini hanno sempre una scappatoia, benché possa essere estrema, come un lancinante grido d’aiuto. Pedofobo. Student short competition. Voto: 6 e ½
Planet B (Pieter Van Eecke). La tredicenne Bo vive in un quartiere tranquillo in Belgio, ha una famiglia amorevole, molti amici e va bene a scuola: la vita perfettamente invidiabile per un’adolescente del nord-Europa. Ma, come molti giovani in tutto il mondo, la piccola Bo è curiosa: si pone domande e ha un’attitudine ribelle. Seguendo continuamente le news, diviene consapevole del pericolo che corre oggi il nostro pianeta… L’attivista Van Eecke segue la vita di questa ragazzina che, insieme all’amico Luka, ancor più combattivo, occupa fabbriche, strade e piazze, senza tema di essere arrestati, in nome di qualcosa che sentono sfuggirgli sotto i piedi: la terra, il mondo, la propria casa. Il titolo sembra giocare sul doppio senso tra il pianeta B che non esiste e quello di serie B che è diventato ormai il nostro. A metà tra il film politico, l’azione per il clima e il “coming-of-age”, Planet B ci informa, ci fa riflettere, ma nulla di più. “Siamo tutti Greta Thunberg!”. International documentary competition. Voto: 6 e ½
Rumor (Roberto Palattella). Clara vuole cenare con suo figlio perché non vede l’ora di dargli un regalo per sorprenderlo. Ma, mentre mangiano, viene fuori una scomoda verità, che una madre non può accettare. Indecisa se consegnargli o meno il presente, Clara troverà una via inconsueta… Breve film che tratta il tema del bullismo da un’angolazione inconsueta, ma non colpisce troppo nel segno, nonostante la grande e toccante prova dell’attrice Chiara Mastalli. National short competition. Voto: 6 e ½
Super Giò (Gianni Aureli). Giò, affetto da autismo, vive con suo fratello Francesco e due grandi passioni: i documentari sulle farfalle e i supereroi. Lo aiuta anche un curioso operatore sociale. Ma quando Francesco si ammala gravemente, l’equilibrio precario di Giò rischia di franare inesorabilmente. Sarà il momento di chiamare Super Giò… Cortometraggio lodevole più per le intenzioni e i contenuti che per la realizzazione e i risultati, sostenuto comunque da un piacevole Paolo Ruffini che ha offerto la sua interpretazione per un nobile scopo, che comunque fatica a elevarsi dall’amatoriale. Short competition. Voto: 6 e ½
The grand book (Arjan Brentjes). Una ragazza vive per strada in una città che, per stile e sviluppo tecnologico, ricorda gli anni venti del secolo scorso. La città però ha un sistema di sorveglianza inevitabile, invasivo quanto il nostro mondo hi-tech. La protagonista apprende che l’unico posto in cui sia possibile fuggire e trovare riparo è il mondo dei suoi sogni… che potrebbero anche diventare incubi… Cortometraggio olandese tecnicamente ineccepibile, con ampio utilizzo di Rotoscope, già solo per questo da vedere. Cade però dopo un po’ sotto il peso delle proprie ambizioni. Una sorta di “Grande fratello” imbizzarrito del quale però l’autore perde presto le redini. Totalitarista. Animation short competition. Voto: 6 e ½
A sense of place (Afsaneh Salari, Shrin Barghnavard, Mohammad Reza Farzad, Mina Keshavarz, Azin Feizabadi, Pooya Abbasian). Dall’Iran rurale ai palazzi di Teheran, dalle spiagge minacciate dalla guerra alla folla degli aeroporti, dai villaggi di Vezelay, e un poeta (Patrick Navaï) che sogna la terra di suo padre, a un canale parigino in cui i migranti trovano rifugio… In questo documentario collettivo di oltre due ore, composto dai segmenti Hollow, Density of emptiness, Port of memory, In transit, Mal tournè e Great are the eyes of a dead father, e creato dalla produttrice Afsun Moshiry insieme a Wim Wenders, una generazione di registi, formati dai turbolenti fatti storici, politici, sociali ed economici che hanno marchiato l’Iran negli scorsi decenni, raccontano quel “senso del luogo”, ognuno attraverso le proprie percezioni individuali, i ricordi, le osservazioni, i desideri e i dolori, tutti connessi ad esperienze personali vissute. L’ispirazione di Wenders è da ritrovarsi in “Sense of place” di George Seddon, uno studio ambientale scritto da George Seldon nel 1972 sulla “Swan Coastal Plain” in Australia occidentale e rimasto come punto di riferimento per il regista che lo scoprì negli anni settanta, identificando anch’egli nei suoi primi lavori i luoghi come personaggi degli stessi suoi film. Il risultato del collage è interessante sul piano formale, ma troppo sperimentale per risultare potabile. Eventi. Voto: 6
Irina (Amelie Loy). Un muro di alberi. Il suo improvviso bisogno di uscire dalla fredda solitudine non porta a nulla. Finché un impatto improvviso porta Irina a scegliere tra possedere o porre fine alla sua vita… Cortometraggio austriaco in stop-motion che nella sua grande brevità non riesce a mettere a fuoco una vicenda che alla fine risulta poco interessante. In bilico. Animation short competition. Voto: 6
Timekeeper (Kristina Paustian). Vlemikr Khlebnikov è stato uno dei più grandi pacifisti del Novecento russo, poeta, futurista e matematico, che credeva possibile prevedere le guerre future. Immersa nel processo creativo di un film su di lui, la regista Kristina Paustian inizia a perdere il sonno e il progetto sembra arenarsi. Per ristabilire una connessione con la figura dell’uomo, lei inizia a scrivergli delle lettere, descrivendogli varie scene da un film che ancora non esiste… Progetto troppo complesso, su una figura poco conosciuta da noi, per meritare attenzione: una sorta di diario di un’artista senza ispirazione che cerca di trovarla nella sua mancanza. Ambizioso e velleitario, finisce per essere, pur nella sua durata di poco più di un’ora, estremamente noioso. Dis-interessante. International documentary competition. Voto: 5
Il Premio al Miglior Lungometraggio Italiano va a Ciurè di Giampiero Pumo “perché è costruito con delicatezza e coraggio. Perché Pumo è molto bravo nella doppia veste di regista e protagonista. Perché è un film indipendente che ha i toni di un prodotto raffinato. Un Film che parla di due mondi distanti tra loro che nonostante questo si incontrano e si scontrano dando vita ad una fiaba alla rovescia.”
Ciuré si aggiudica anche il Premio Speciale “Mario Mieli” per la migliore opera LGBTQIA+ “per la grande delicatezza, sensibilità e realismo con cui il film tratta numerosi temi cari alla comunità LGBT+, tra cui l’identità e l’espressione di genere e le famiglie arcobaleno per così dire “non tradizionali”. Per il modo in cui i personaggi sono tratteggiati a tutto tondo, rifuggendo stereotipi e facili caratterizzazioni. E infine per la notevole qualità artistica del film, che rende emozionante la storia, amara e appassionante allo stesso tempo, dell’incontro tra due solitudini.”
Il premio al Miglior lungometraggio Internazionale va a White Paradise di Guillaume Renusson (Francia) “perchè in uno schema già esplorato da opere precedenti riesce a non ricordare e a non temere i predecessori e ad emozionare con una regia sapiente e un cast preciso e diretto molto bene. E’ un film emozionante.”
Il premio al Premio Miglior Documentario Italiano va a Dino’s Dark Room di Corrado Rizza che “fa scoprire – per chi non lo conosca – la figura ed il lavoro di Dino Pedriali con un racconto commovente ed interessante, non solo per la diretta testimonianza di chi l’ha conosciuto, di chi ci ha lavorato o collaborato e anche – ovviamente – per l’inevitabile rimando a Pasolini”
Una menzione speciale va a Ma·tri·mò·nio di Gaia Siria Meloni. “Il legame tra madre e figlia è spesso intessuto di ricordi teneri e preziosi, soprattutto quelli dell’infanzia. I primi anni di vita di una figlia sono spesso un vortice di momenti indimenticabili, e la madre è al centro di molte di queste esperienze. La madre è spesso la guida in queste prime avventure, un faro di sicurezza e affetto che rende il mondo grande e spaventoso un luogo meno minaccioso. I piccoli successi, come imparare a leggere o a cavalcare una bicicletta, sono celebrati insieme, costruendo una fiducia reciproca che cresce di pari passo con la crescita della figlia.”
Il premio al Premio Miglior Documentario Internazionale va a Light Falls Vertical di Efthymia Zymvragaki (Spagna/Germania/Italia/Olanda) (perché “il tema della violenza in famiglia è interessante ed ancora di più la scelta di accostare due esperienze diverse ma unite dalla stessa angoscia. La direzione degli attori tende ad un verismo puro creando un’esperienza visiva sconnessa e dolorosa, nonostante l’atmosfera da isola dei sogni.”.
Una menzione speciale va a Planet B di Pieter Van Ecke (Belgio). “La nuova Generazione è profondamente coinvolta nella lotta per la protezione del pianeta, dimostrando un interesse attivo nella costruzione di un futuro sostenibile e consapevole. La loro connessione con le questioni ambientali si traduce spesso in azioni concrete e nel cercare modi innovativi per affrontare le sfide ecologiche globali.”
Il Premio al Miglior Corto Italiano va a Polvere di Paolo Carboni “perché ha saputo raccontare, in 29 minuti circa, la disperazione dei 185 giorni in carcere del suicida Aldo Scardella, incarcerato per errore. Parliamo di un fatto di cronaca raccontato molto bene. La fotografia, la scenografia e i costumi rispettano il periodo storico e vengono utilizzati con maestria.”
Polvere si aggiudica anche il Premio Rai Cinema Channel “per la capacità di riportare a galla, vivide, tutte le emozioni che scossero l’opinione pubblica 40 anni fa per un caso tragico di mala giustizia. Un film delicato, intenso e doveroso, che grazie alla bravura del regista e degli interpreti ci ha fatto ricadere in un pezzo di realtà dimenticata.”
Il Premio Rai Cinema Channel, del valore di € 3.000, consiste in un contratto di acquisto dei diritti web e free tv del corto, da parte di Rai Cinema Channel. Il corto godrà della visibilità su www.raicinemachannel.it, sui suoi siti partner e, a discrezione dei responsabili delle reti, sui canali RAI.
Per la regia corti italiani una menzione speciale va a Ultraveloci di Davide Morando e Paolo Bonfadini perché “riesce a sviluppare la storia nell’arco dei 19 minuti in modo coerente e personale restituendo efficacemente ambientazione e punto di vista del personaggio principale. Con un sapiente uso della macchina crea un thriller che aggancia lo spettatore fino alla fine, sorprendendolo. Magnifico Dodo, il protagonista. Bravi e credibili anche gli altri attori.”
Il Premio al Miglior corto Internazionale va a Gift di Xiaotong Jiang (Cina) perché “la regia, la scrittura, la direzione e la recitazione degli attori sono davvero notevoli. Ci si affeziona da subito ai personaggi e vorresti andare avanti e vedere cosa succederà in seguito. Per tutto il corto è stato come stare sul sedile posteriore di quella macchina.”
Il Premio al Miglior Corto Animato va a Odd One Out di Micky Wozny (UK) “per la semplicità dell’animazione e il modo in cui è riuscito a comunicare un messaggio così importante come quello di non avere paura di essere liberi e di essere se stessi riuscendo a strappare sempre un sorriso.”
Miglior Corto per le Scuole di Cinema a Immortel.Le di Éléonore Bürki (Svizzera).
Premio FilmAmo categoria Documentario, va a Planet B di Pieter Van Ecke (Belgio). “Un gruppo di attiviste, lo stile è Rock , cortei in piazza e polizia : il tema dell’ecologia e del cambiamento climatico è quello più dibattuto da Tg e Stampa e nonostante questo, Planet B non si crogiola sul “tema facile da proporre” e al posto che girare un semplice documentario sforna un grande Film coinvolgente: i giovani potranno vederlo senza dire “che palle il tema ambientale, mi guardo una serie su Netflix!”
Premio FilmAmo categoria Lungometraggio, va a Tales of Babylon di Pelayo de Lario (UK). “Autoironico e adrenalinico, Tales of Babylon è un viaggio nella scena criminale londinese dove la violenza spesso è teatrale e quasi comica, ma dove ogni protagonista ha una storia da svelare e condividere.”
Dal nostro inviato Paolo Dallimonti