Finalmente ci siamo, è uscito il seguito di uno dei thriller che è piaciuto di più a critica e pubblico della scorsa stagione, raggiungendo un successo privo degli eccessi, talvolta immeritati, dei blockbuster.
Ritorna il serial killer, malato terminale di cancro, che punisce coloro che “non apprezzano il dono della vita”, recludendoli e sottoponendoli attraverso un macabro gioco ispirato alle loro mancanze, di fronte alla vita ed alla morte. Questa volta ad esser presi di mira sono il poliziotto manesco e suo figlio, assieme ad un altro gruppo di persone.
Attraverso un complesso gioco ad incastri, diverse soluzioni e colpi di scena, il film porta avanti un allettante gioco a scacchi denso di suspance.
Saw II è un degno sequel del primo capitolo e lascia intravedere un ulteriore seguito.
Rispetto al precedente c’è minore freschezza. Il film dello scorso anno aveva dalla sua quel tenore emotivo di chi fa un primo film e non si aspetta un successo significativo, forse lo spera. Si capisce che questo nuovo episodio sia più studiato e consapevole di dover soddisfare l’appetito di un gusto che gli spettatori avevano già apprezzato, quindi si avverte una certa attenzione nel fare un buon film con il dovere del successo, senza scostarsi dalle scelte artistiche e stilistiche dell’opera prima, anche se il regista non è più James Wan.


Gino Pitaro
     newfilm@interfree.it

 

Mi spiace davvero ma sono rimasto profondamente deluso dal secondo episodio dell’enigmista che si era guadagnato l’anno scorso il primo posto nella categoria “horror della nuova generazione” (con un’accezione assolutamente positiva).
Storia semplice e scontata, non è cambiato nulla dal primo Saw: questa volta però i malcapitati non sono in una stanza ma in una casa (sembra che si aprano le porte al Grande Fratello), e già questo contribuisce a sminuire notevolmente l’ansia di rimanere intrappolati in 4 mura.
Io mi chiedo, ma perché mai un film che l’anno scorso ha ottenuto incassi da record (limitatamente ai botteghini horror), per il seguito (attesissimo peraltro) non può avvalersi di attori di una certa caratura? Bhè, forse leggendo il copione molti “enigmi” verranno alla luce. Lasciando stare gli attori (che sembrano aver imparato la parte 1 minuto prima di girare il film, dopo aver studiato recitazione dalla De Filippi), la storia è quanto di più banale si sia mai visto sugli schermoni dell’atteso 2006.
Si inizia molto bene con colori scuri e atmosfera dark, la regia è quanto di più all’avanguardia si possa trovare oggi (alla CSI per intenderci), ma in men che non si dica, il mistero svanisce con l’apparizione del fantomatico “Enigmista”: più che un malato terminale di cancro sembra un mezzo cyborg prelevato da Blade Runner, una copia sbiadita dell’immenso Rutger Hauer.
Ma perché continua a ripetere che è malato? Pensa forse di avere a che fare con un pubblico di audiolesi? Lo dirà almeno 5 volte! Il fatto che l’assassino si lasci scoprire, senza opporre particolare resistenza, forse vuole essere un omaggio all’ inimitabile Seven, ma l’effetto è del tutto diverso.
Il piano dell’enigmista è mettere alla prova il poliziotto, è giocare sulle parole e sul fatto che nessuno ti ascolta letteralmente quando è in ballo la vita del proprio figlio. La storia è spenta, i tempi morti sono insormontabili, la tensione si accende a sprazzi solamente grazie alle morti dei partecipanti al “gioco”…troppo poco per realizzare un horror cult nel 2006 (pellicole come “The Descent” e “Creep il chirurgo” vengono da un altro pianeta).
Troppi, davvero troppi i punti deboli: i poliziotti che litigano tra loro senza essere di aiuto alla causa (e gli esperti ci mettono sei ore prima di trovare la sorgente della telecamera che riprende i “prigionieri”), il capo della polizia sembra essere il classico detective “prima ti spacco la faccia e poi ti chiedo se sai qualcosa, forse”, e infatti lo è, ma ci mette 9 anni per prendere a schiaffi il nostro povero enigmista (che più che un infallibile assassino sembra un paralitico che ha voglia solo di fare 2 chiacchiere e una partita a poker, ah sì ho trovato, sembra il padre di Homer Simpson…). Come se non bastasse il capo degli Swat (che in teoria dovrebbe essere meglio di Rambo, Callaghan e Orazio di Csi) sembra Busta Rhymes indeciso su quale collanazza indossare per la serata…
La combriccola delle vittime è semplicemente agghiacciante: la bionda insopportabile, il sudamericano uno stupidone colossale e il “fratello” più che dal carcere sembra uscito dall’oratorio…per non parlare del ragazzino che ha l’espressività di un marciapiede. Ma sarebbero questi i famosi “delinquenti” che devono pagare col contrappasso i loro peccati mortali e morali???? Al posto del regista rivedrei American history-x prima di definirli tali e ripasserei un po’ qualche capolavoro espressionista tedesco (Murnau, Wiene) per imparare qualcosa di più sul trucco “noir”…
L’alone di mistero e di terrore cala dopo circa 17 minuti e non si vede l’ora che il tutto finisca il più in fretta possibile (ma non potevo vedere quell’altro film, come si chiamava? Ah sì, A history of violence). Più che una corsa contro il tempo sembra una caccia al tesoro, e poi c’è troppa, troppa luce per un film horror…Le uniche scene degne di nota sono le uccisioni, ma il mio vero unico plauso va alla bella citazione (verso la fine del film, che bello è finito!) di uno stramitico film del buon Wes Craven datato 1972 per gli esperti.
Voto: Bocciato
Emiliano Sicilia