Lei e’ una ragazza con problemi psicologici che sfoga il suo disagio esistenziale nell’autolesionismo. Lui e’ un uomo solo e solitario per cui il dominio diventa l’unica via possibile alla comunicazione degli affetti. La complementarita’ dei loro problemi crea i presupposti per una coppia affiatata e complice. Vincitore del premio della Giuria al Sundance, “Secretary” e’ una commedia divertente (ma non troppo) che rovescia le convenzioni della coppietta borghese. Le romaticherie del corteggiamento vengono infatti sostituite da un percorso iniziatico in cui la consapevolezza delle pulsioni riesce a trovare uno spazio comune in cui potersi esprimere senza essere giudicata. Nonostante le buone intenzioni, e la parziale originalita’ del soggetto, il film di Steven Shainberg fatica a svincolarsi da una “piacioneria” di fondo, che smorza le tinte drammatiche e attenua gli spunti ironici. Il grottesco tende a prevalere e ad imporsi come cifra stilistica, finendo per colorire la vicenda di tocchi demenziali con un conseguente calo del coinvolgimento. L’aspetto meno convincente, oltre all’assenza di una vera e propria progressione narrativa, e’ la caratterizzazione sopra le righe dei personaggi, quasi a voler tranquillizzare gli spettatori “Ehi, non preoccupatevi! E’ solo una commedia!”.
Ecco quindi il fidanzato caratteriale (Jeremy Davies, come in “Solaris” costretto in un ruolo gesticolante), il padre ubriacone, la madre svagata e apprensiva, fino ai due protagonisti, ben interpretati, ma imbrigliati dalla sceneggiatura in svolte piu’ inclini a conquistare il pubblico che a sviscerare la loro interiorita’. Gli aspetti piu’ interessanti sono invece la padronanza del mezzo cinematografico da parte del regista, che riesce a sfruttare con un certo brio la ripetitivita’ di ambienti e situazioni, due bravi protagonisti (un ritrovato James Spader e la spigliata Maggie Gyllenhaal) e alcune mezze tinte che affiorano dai dialoghi. Per il resto, la cornice “Sundance” sembra avere ormai creato uno stile omologato, fatto di soggetti in apparenza scomodi in salsa minimalista risolti tra risate sdrammatizzanti. Niente di spiacevole, ma piu’ fumo che arrosto.

Luca Baroncini