Regia: Xiaoshuai Wang
Sceneggiatura: Lao Ni-Wang Xiaoshuai
Fotografia: Wu Di Montaggio: Yang Hongyu
Anno: 2005 Nazione: Cina
Distribuzione: Teodora
Durata: 123′ Data uscita in Italia: 07 dicembre 2005
Genere: drammatico
Cast:
Zhou Meifen Yang Tang
Xiao Gen Er Li Bin
Wu Qingmu Xueyang Wang
Qing Hong Gao Yuanyuan

L’autore già acclamato con le “Biciclette di Pechino”, ci propone un opera ambientata in paesino interno ed impervio della Cina, dove, negli anni 60, furono mandati tanti nuclei familiari allo scopo di sviluppare quelle zone continentali e perché si temeva un’invasione dell’Unione Sovietica…o forse l’una era la scusa per l’altra intenzione o viceversa.
Il film ci propone la storia di una famiglia, con padre burbero e severo, e le aspirazioni ed i sogni di due adolescenti, nella Cina di allora, siamo adesso nei primissimi anni 80. Li bin vive con equilibrio e positività la realtà che la circonda, cercando di stabilire un contatto fecondo con tutto ciò che le gira intorno. E’ una ragazza posata e riservata, tuttavia il padre vuole che lei non metta radici nel posto, poiché sogna di ritornare nella sua Shanghai, e quindi non stimola nessuna dinamica tesa a costruire qualcosa in loco per l’avvenire, né della sua famiglia e, tanto più, impedisce a sua figlia feste e frequentazioni. L’amore e l’amicizia sono desideri dell’animo umano e non si può vivere in un posto in apnea, inoltre con l’incertezza di non riuscire a tornare nell’amata città.
Il sogno del padre provoca danni nella vita di Li. Il giovane operaio infatuato di lei non potendo essere corrisposto finisce per stuprare la giovane ragazza, e….
In sintesi è questa la trama di “Shanghai Dreams”, dove risulta molto ben caratterizzata la vita dell’interno della Cina. Belle e quasi inedite le scene ambientate fra le strade del paesino ed i suoi scorci, le feste clandestine dei giovani in ambienti scarni come bagni pubblici e musica occidentale. Splendida la dolcezza della protagonista a cui danno corpo gli occhi e le espressioni della protagonista, abile a narrarci lo smarrimento dell’adolescenza, le pudiche emozioni, le difficoltà della crescita.
Gli altri interpreti anch’essi bravi.
Scene che ci emozionano come quelle del giovane bullo del paese con pettinatura anni 60 e tutto rock e occidente, che aspetta la sua giovane conquista per una sera insieme, e il suo mezzo invece di una moto è una sgangherata bicicletta….è la Cina!
Ad un certo punto si potrebbe supporre che alla fine tutti si rassegneranno a rimanere lì, con i vecchi che apprenderanno ad amare il posto ed a capire che anche lì è possibile trovare una dimensione di vita accettabile, con i suoi pregi rispetto alla grande città, ma nel film non capita questo. Il dramma apre la fuga del nucleo familiare, cioè lo stupro della loro giovane figlia con conseguente fucilazione del giovane e “fuga” nella grande città.
Il finale è multiplo: è una vittoria ed una sconfitta. L’ostinazione del padre è ciò che genera la mostruosità dell’abuso come risultato del divieto a ciò che i due giovani sentivano, ma diventa anche l’avvenimento che rende il loro ritorno i città ancora più voluto, ed inoltre non è una buona scusante per il reato del giovane, il quale sappiamo che si pente e sogna la morte pur di non vedere la sua giovane amata soffrire o morire. Il modo in cui il padre di Li bin ha vissuto la sua permanenza nel villaggio ha logorato anche la vita di coppia, facendo esplodere problemi e contraddizioni.
E’ comunque un fallimento non aver voluto essere costruttivi verso le nuove prospettive di vita che si erano aperte nella loro vita, perdendo dieci anni in rimorsi e frustrazioni, ma del resto il ritorno a Shanghai apre possibilità che alla giovane erano negate in quel posto, ma chi può dire che ciò sia meglio o peggio. La Vita offre le sue promesse anche in un piccolo villaggio della Cina, e se questo soddisfa i desideri, come sembra, della giovane Li Bin, perché non accettare quella dimensione di vita?
Premiato a Cannes 2005.

Gino Pitaro newfilm@interfree.it