Recensione n.1

Il mondo marino rivisitato in chiave cool

Shark Tale è uno di quei film d’animazione che non si dovrebbero doppiare in altre lingue, infatti nel doppiaggio americano originale figurano nomi del calibro di Robert DeNiro, Martin Scorsese (si, proprio lui), Jack Black, Renee Zellweger, Will Smith e Angelina Jolie. Un vero peccato quindi, in Italia, avere invece le solite classiche voci di Pacey di Dawson’s Creek o Ridge di Beautiful. Ma probabilmente questa non è la giusta sede per contestare le leggi di mercato riguardo il doppiaggio (ma allora qual è?), consigliamo solo ai lettori, se ne hanno la possibilità, di guardarsi Shark Tale nel doppiaggio originale per godersi appieno le rappate di Will Smith, la vocina effeminata di Jack Black, Robert DeNiro in veste mafioso (si, anche nei cartoni animati è il boss della mafia) che fa “capish!”, e soprattutto la vera novità: Martin Scorsese che canta In the club di 50 cent, incredibile ma vero.
Ci sarebbero 3 aggettivi perfetti per descrivere questo film d’animazione: cool, citazionistico, divertente.
La parte più abbondantemente è sicuramente quella “cool”, ormai il cinema d’animazione digitale ha abbandonato totalmente la classicità del buon vecchio Disney per inseguire le mode giovanili. Così ecco la Coca Cola versione marina, ecco i pesci rapper, ecco Christina Aguilera e Missy Elliot trasformati in pescioline (e pesciolone) che cantano sott’acqua, insomma, una parata di modernità che nulla ha a che vedere con i classici della Casa di Topolino.
Poi ci sono le citazioni: già dalla primissima scena sentiamo le note composte da John Williams per Lo Squalo, un omaggio parodistico sicuramente apprezzabile dai cinefili. E poi ancora Titanic, Il Padrino, e chi più ne ha ne emetta.
Tutto ciò, dosato da una sceneggiatura non eccessiva e ben bilanciata, riesce a donare un divertimento assicurato per gli spettatori, nonostante il film sia leggero e non particolarmente profondo.
Per il gran finale, l’immancabile morale della favola, lo zucchero che viene diffuso per la sala cinematografica, i buoni sentimenti che trionfano su tutto e tutti, magari anche un paio di lacrimucce che scendono.
Poi il film finisce, le luci si spengono, e si torna a casa senza nulla dentro, perché il film non lascia nulla allo spettatore. Ma almeno, si esce dalla sala col sorriso in faccia.

Pierre Hombrebueno

Recensione n.2

Oscar è un pesciolino dalla loquela facile che sogna in grande. Ma i suoi sogni ambiziosi lo portano in acque pericolose quando una grossa bugia lo trasforma in un improbabile eroe. All’inizio il suoi amici si bevono tutta la storia e lui è inondato dalla fama e dalla fortuna. Va tutto liscio fino a quando comincia a essere chiaro che la sua pretesa di essere il difensore della barriera corallina fa acqua da tutte le parti. Così, quando la sua bugia minaccia di farlo diventare la preda più ambita, Oscar scopre che essere un eroe implica pagare un prezzo salato. Ora deve tenersi a galla e far sì che il piatto della bilancia penda di nuovo a suo favore.

“PINNA CONNECTION”

La sfida tra Dreamworks e Pixar continua e nell’anno del sorpasso (“Shrek 2” ha battuto ogni più rosea previsione) anche la Dreamworks decide di tuffarsi negli abissi marini, dove una metropoli in apnea vive con il terrore costante degli squali, rappresentati in modo molto buffo come una famiglia di stampo mafioso (ridicole le polemiche al riguardo delle comunità italo americane). Visivamente stupefacente, ricco di colori, dettagli spiritosi e trovate esilaranti, il ritmatissimo lungometraggio in computer grafica di Erik “Bibo” Bergeron, Vicky Jenson e Rob Letterman non osa più di tanto sul piano narrativo e la morale che arriva è sempre la stessa: l’amore vero ce l’hai di fianco e non te ne accorgi, solo quando perdi qualcosa ti rendi conto di quanto fosse importante, per trovare te stesso devi salire al vertice della scala sociale per poi capire che si sta bene anche in basso con qualcuno accanto che ti vuole bene, le cose semplici sono le più belle e bla-bla-bla. Anche l’invito alla tolleranza, patrocinato dallo squalo Lenny diverso in quanto vegetariano, suona come una lezioncina facile facile e fin troppo esplicita (ovviamente si parla di omosessualità), dalle soluzioni concilianti ma poco problematiche (ci si domanda cosa mangeranno gli squali alla fine del film). Non manca nemmeno la resa dei conti pubblica; la variante prescelta evita il processo risolutore e opta per la confessione in diretta davanti alle telecamere della televisione, con l’ammissione delle proprie colpe e l’annuncio a tous le monde del proprio amore. L’ironia si limita alle fulminee battute che danno vita a gag efficaci e divertenti. Lo stupore visivo è per la creazione di un mondo marino completamente di sintesi curato in ogni particolare e ricco di invenzioni (spassosi l’autolavaggio delle balene e le corse dei cavallucci marini). I caratteri antropomorfi dei personaggi sono ricalcati sulla fisicità di star d’oltreoceano. Il protagonista è Will Smith (fin troppo rappeggiante e rumoroso, ma pare piaccia così); Renee Zellweger è la dolce Angie (meglio il pesce delle moine dell’attrice); la languida Lola ha le sembianze, e soprattutto la bocca, di Angelina Jolie; Martin Scorsese è il panciuto Sykes e Robert De Niro è il potente Don Lino (deludente, comunque, la voce originale dai bassi contenuti). Studiato per compiacere una platea mondiale, il film è simpatico ma non entusiasmante. Diciamolo, Nemo era un’altra cosa. VOTO: 7

Luca Baroncini de Gli Spietati