Scheda film

Regia: Aleksei Fedorchenko
Soggetto: dal romanzo di Aist Sergeyev
Sceneggiatura: Denis Osokin
Fotografia: Mikhail Krichman
Montaggio: Sergei Ivanov, Anna Vengun, Violetta Kostromina
Scenografie: Artyom Khabibulin
Costumi: Anna Barthuly, Lidiya Archakova
Musiche: Andrei Karasyov
Russia, 2010 – Drammatico – Durata: 80′
Cast: Igor Sergeyev, Yuri Tsurilo, Yuliya Aug, Ivan Tushin
Uscita: 25 maggio 2012
Distribuzione: MicroCinema

Sale: 28

 Il fuoco e l’acqua

I Merja sono stati una popolazione ugro-finnica stanziata nelle regioni che oggi ospitano città come Rostov, Kostroma, Jaroslav, Vladimir: gli Slavi li hanno assimilati nel corso del XVII secolo eppure la cultura, le tradizioni e i costumi dei Merja sono rimasti presenti nella vita dei loro discendenti. A distanza di 400 anni è difficile trovare tracce concrete dell’impianto rituale e della mitologia di questo popolo scomparso ma con Silent Souls Aleksei Fedorchenko cerca di ricostruirne il senso, portando sullo schermo un bagaglio culturale formalmente artificiale ma ricco di quelle che dovrebbero essere le basi del pensiero merja.
In seguito alla morte della moglie Tanya, Miron chiede all’amico Aist di aiutarlo ed affiancarlo nell’estremo saluto in conformità con i rituali Merja: per i due uomini inizia un lungo viaggio, durante il quale si confronteranno con silenziose riflessioni sull’amore, la morte, l’appartenenza culturale, alla riscoperta di sé e del loro rapporto, svelando retroscena inaspettati che coinvolgono anche la donna. Ad accompagnarli, chiusi nella loro gabbietta, una coppia di ziguli acquistati da Aist in un mercatino locale.
Animato da un profondo rispetto etnico di ispirazione antropologica il film – presentato con successo alla 67esima edizione del Festival di Venezia – è un road-movie imperniato sulla figura dell’uomo e sul rapporto con il passato che non manca di sottolineare la connessione fra uomo e Natura (nei suoi elementi fondanti: l’acqua in primis, ma anche il fuoco, la terra e l’aria), intesa come identità autonoma salvifica e conciliante, una Madre Terra pagana nella quale riconoscersi anche nei suoi tratti più estremi.
Aleksei Fedorchenko firma un’opera intensissima, tesa, apparentemente algida come i territori nei quali è ambientata e in realtà percorsa da un afflato emotivo, sentimentale e umano davvero poco scontato: Silent Souls dà voce a un viaggio di formazione giocato sulla contrapposizione degli opposti, sulla potenza evocativa dei ricordi e sulla necessità di smarcarsi dal passato per trovare la propria dimensione, sul timore che la propria isola etnica possa essere inghiottita dai flussi della globalizzazione e sulla consapevolezza che la fine e l’oblio fanno parte di un ciclo naturale ineluttabile.
Il titolo originale del film (Ovsyanki) indica il nome russo con il quale sono indicati gli ziguli, una varietà di piccoli uccelli particolarmente diffusi in Russia, e nella cui semplicità e banalità si ravvisano gli elementi fondanti della costruzione dei personaggi: Fedorchenko non cerca sovrastrutture narrative e si “limita” ad osservare le dinamiche emotive di due uomini comuni, animati da grandi passioni – talora taciute, talora incomprese – e accomunati dalla fedeltà e dalla devozione a un bagaglio culturale che custodiscono gelosamente per preservarlo dalla scomparsa, cercando di esprimere attraverso la loro meticolosità rituale l’amore nelle sue diverse declinazioni (per la propria terra, per la propria comunità ma anche – forse soprattutto – per una donna dalla cruciale presenza/assenza).
Il presente e il passato, l’individuo e il suo popolo, sono questi i punti cardinali che disegnano il sentiero percorso del film, che sceglie di portare sullo schermo una Russia lontana dall’immaginario collettivo, una terra di confine ricca di contaminazioni rituali, “un paese dove le più antiche tradizioni pagane pre-ortodosse e le dinamiche umane siano liberate dalla banalità della civilizzazione” come l’ha definita il regista: quello di Aleksei Fedorchenko è un film essenziale, dalla semplicità disarmante, sintesi di un’ottima sinergia tecnica (splendida la fotografia curata da Mikhail Krichman, che restituisce allo schermo le mille sfumature dei brulli e spigolosi paesaggi) e di uno scrupoloso lavoro sul testo, tratto da un romanzo di Aist Sergeyev.
Nostalgico, malinconico, quasi sospeso, Silent Souls è un requiem placido animato da riti ancestrali, un percorso sofferto in cui la disperazione resta sottopelle e nel quale la faticosa elaborazione del lutto si trasforma nel vero leit-motiv dell’azione: struggente riflessione sull’amore come eccezione rispetto alla ciclicità del mondo, il film racconta i diversi volti dell’“appartenenza” senza pedanteria e didascalismi, lasciando che dal dolore della perdita si possa sviluppare una profonda e forse ancor più lacerante tenerezza.
RARO perché… non è un film per tutti.

Voto: * * *¾

Priscilla Caporro