Scheda film
Regia: Ursula Meier
Soggetto: Antoine Jaccoud e Ursula Meier con la collaborazione di Gilles Taurand
Sceneggiatura: Antoine Jaccoud
Fotografia: Agnès Godard
Montaggio: Nelly Quettier
Scenografie: Ivan Niclass
Costumi: Anna Van Brée
Musiche: John Parish
Francia/Svizzera, 2012 – Drammatico – Durata: 97′
Cast: Léa Seydoux, Kacey Mottet Klein, Gillian Anderson, Martin Compston
Uscita: 11 maggio 2012
Distribuzione: Teodora Film
Sale: 17
L’altra faccia della settimana bianca
Simon ha dodici anni, vive in quartiere industriale ai piedi delle Alpi sul confine franco-svizzero e trascorre le sue giornate derubando i ricchi turisti che affollano gli impianti sciistici che raggiunge quotidianamente con la funivia: rivendendo la refurtiva ad amici, sconosciuti o lavoratori stagionali riesce a raggranellare denaro sufficiente per mantenere se stesso e la sorella maggiore Louise – figura inquieta e sfuggente – che fatica a conservare un posto di lavoro. Il rapporto fra i due fratelli è però segnato da un’aura di mistero…
È proprio questo amore ambiguo ed enigmatico al centro di Sister – opera seconda di Ursula Meier (dopo l’esordio nel lungometraggio con Home nel 2008) – un dramma familiare intenso che intreccia una lucidità quasi documentaristica nell’approccio ai luoghi e alle situazioni a una più delicata sensibilità letteraria nella rappresentazione delle fragilità dei vari personaggi.
Ispirato a un ricordo d’infanzia della regista, cresciuta nella zona del Massiccio del Giura in Svizzera (“C’era un ragazzino che se ne stava sempre per conto suo, sciava molto male eppure affrontava piste pericolose, sembrava stesse lì solo per l’ebbrezza di passare le giornate in un ambiente privilegiato. Qualcosa in lui mi intrigava e venni a sapere che era stato bandito dai ristoranti del posto perché derubava i clienti” ha dichiarato nelle note di regia) Sister è un viaggio silenzioso attraverso una realtà familiare borderline nella quale si sgretola il sogno di un’infanzia e di un’adolescenza normale: affiancato da un’unica figura adulta – la sorella – irresponsabile e assente, Simon è costretto a maturare prima del tempo e a rinunciare alla sua ingenuità, acquisendo la consapevolezza e la freddezza propria di chi ha imparato a fare i conti con il proprio presente senza tuttavia rassegnarsi di fronte alla desolazione della propria quotidianità.
Ursula Meier tratteggia i contorni di uno scontro fra realtà coesistenti eppure incapaci di compenetrarsi, separate solo da una funivia – vero e proprio trait d’union fra due mondi (proprio in questo senso la regista ha descritto il suo film in termini di “verticalità”): da una parte l’opulenza e la serena rilassatezza dei vacanzieri, dall’altra il grigiore e lo squallore della pianura industriale che si estende sotto le montagne degli impianti, dei rifugi e degli alberghi a cinque stelle. Sister pur non cercando di attribuire al film una connotazione prettamente “sociale” sottolinea il desiderio di emancipazione del protagonista, che si smarca dall’anaffettività della sua vita cercando di confondersi fra i turisti, illudendosi di vivere un vita parallela che lo aiuti a sentirsi accettato e compreso da quelle stesse persone che cercherà di ingannare e derubare.
L’enfant d’en haut è il titolo originale di questo dramma essenziale talvolta un po’ brusco nelle sue virate più “palesemente sentimentali” che fotografa una famiglia atipica concentrandosi in particolar modo sul rapporto con il sentimento, sul desiderio di essere messi a parte nella vita degli altri e allo stesso tempo sulla necessità di sottolineare la propria indipendenza: Simon e Louise sono due facce di una stessa medaglia e pur nelle loro diverse, apparentemente contrastanti e inconciliabili scelte di vita, manifestano lo stesso disagio e le medesime inquietudini.
Sullo sfondo la Meier disegna con tratti semplici e schematici l’universo dei lavoratori stagionali e le dinamiche che si nascondono dietro all’attività frenetica nelle località sciistiche nei periodi di fruizione turistica: tra disincanto e fascinazione infantile prende forma il ritratto del contesto in cui si inserisce la storia, sebbene il film (che pure pare aver recepito abbondantemente spunti dal “nuovo” cinema neo-realista) prediliga una lettura emotiva degli eventi focalizzandosi in particolar modo sulle ripercussioni generate dalle asperità affettive che si sviluppano in una famiglia disfunzionale.
Vincitore dell’Orso d’Argento nell’ultima edizione del Festival di Berlino, Sister fa leva sulla profonda emotività che permea la pellicola, ben canalizzata ed espressa grazie a un sapiente uso dello spazio e della sua resa scenica (notevole anche la fotografia di Agnes Godard) e alle incisive interpretazioni dei suoi interpreti, con una menzione speciale per i due bravi protagonisti, Kacey Mottet Klein e Léa Seydoux, astro in ascesa del cinema francese e non solo.
Con una narrazione lineare scandita da un ritmo non sempre costante, Ursula Meier si destreggia tra ruvidezza sentimentale, arroganza e incrollabile desiderio di attenzione, portando sullo schermo una storia di amore familiare sofferta, segnata da grandi assenze e silenzi ingombranti, nella quale i ruoli si ridisegnano e si invertono.
RARO perché… è un film particolare su una famiglia altrettanto particolare.
Voto: * * *
Priscilla Caporro