Scheda film

Regia: Sydney Sibilia
Soggetto: Valerio Attanasio e Sydney Sibilia
Sceneggiatura: Valerio Attanasio, Andrea Garello e Sydney Sibilia
Fotografia: Vladan Radovic
Montaggio: Gianni Vezzosi
Scenografie: Alessandro Vannucci
Costumi: Francesca Vecchi e Roberta Vecchi
Musiche: Andrea Farri
Suono: Angelo Bonanni
Italia, 2013 – Commedia – Durata: 100′
Cast: Edoardo Leo, Valeria Solarino, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero De Rienzo, Stefano Fresi, Lorenzo Lavia, Pietro Sermonti, Neri Marcore’
Uscita: 6 febbraio 2014
Distribuzione: 01 Distribution

 Piccoli chimici

“Meglio ricercati che ricercatori”, la tag-line del film, campeggiava non molto tempo fa su uno striscione di precari universitari scesi in piazza per rivendicare i loro trascurati diritti.
Messi in fuga dalle facoltà che prima li sfruttano e poi mollano loro il fatidico calcio nel fondoschiena, i componenti della scalcinata banda di Smetto quando voglio, miracoloso esordio nel lungometraggio di Sydney Sibilia, sono sette laureati che perlopiù si sono ormai rassegnati a grame esistenze sostenute da lavori per niente qualificati, per i quali almeno il titolo di studio non serve affatto.
Capeggiati dal(l’ex) professore e neurobiologo Pietro Zinni (Edoardo Leo), un archeologo, due latinisti, un chimico, un economista ed un antropologo, forti dei loro talenti, entrano nel mercato delle droghe illegali sintetizzando una nuova molecola e sfruttando il fatto che, finché essa non sarà inserita nell’elenco dei prodotti vietati, mai troppo rapidamente aggiornato dal Ministero della Salute, sarà anche entro i limiti di legge. I sette sono anche bravi – non è un caso se nella vita ambivano a ben altro – e tirano fuori una droga fenomenale che va subito per la maggiore. Ma il benessere improvviso e la spietata concorrenza della mala li inguaieranno ben presto. Ma la loro genialità non si arresterà così facilmente…
Sydney Sibilia, frullando serie americane come Breaking bad e The big bang theory e film “stellestrice” come Ocean’s eleven con capolavori indiscussi della commedia all’italiana quali La banda degli onesti e I soliti ignoti, realizza uno dei migliori debutti dietro la macchina da presa degli ultimi anni. Rafforzato dal montaggio rapido di Gianni Vezzosi e dalla fotografia di Vladan Radovic, che vira le immagini verso lo stesso acido di cui sono fatte le pasticche della “banda dei ricercatori”, Smetto quando voglio “ridendo castigat mores”, facendoci divertire non poco, ma lasciandoci anche l’amaro in bocca per la situazione dei precari universitari, trattata sì con ironia, ma comunque drammatica, lasciandoci dunque riflettere.
Il film di Sydney Sibilia, forte di un trailer ben realizzato che senz’altro attirerà – glielo auguriamo – molti spettatori al cinema, è anche una delle poche commedie – italiane e non – che non esauriscono già nel gustoso spot promozionale le migliori battute ideate dagli sceneggiatori.
Un’esperienza per certi versi simile era stata pure tentata dal Collettivo John Snellinberg, gruppo di precari cinefili che tra il 2008 e il 2009 girò La banda del brasiliano, storia di un’altra gang di precari che si improvvisava rapinatori e sequestratori. L’occhio anche lì citazionista era rivolto al poliziottesco italiano anni settanta, la distribuzione nel 2010 fu quasi carbonara, non arrivando in molte sale, ma il successo fu relativamente esaltante.
Se pure volessimo essere guastafeste e trovare un difetto a Smetto quando voglio, potrebbe essere quello di stereotipare un po’ troppo certi personaggi, ai limiti della verosimiglianza, cercando a tutti i costi nella diversità di alcuni di loro dal resto del mondo la cifra del loro essere comici: come ad esempio quando la coppia di latinisti bisticcia scatenandosi in una lite a suon di “latinorum”, molto divertente quanto poco credibile. Trattasi ad ogni modo di peccatucci veniali che vengono spazzati via dal ritmo, dalle musiche e dalle interpretazioni di tutti gli attori (i quali mediamente, al pari dei loro personaggi, meriterebbero qualche attenzione in più dalle produzioni nostrane), facendo dell’esordio del promettente Sydney Sibilia dalla prima fino all’ultima scena il nuovo, scatenato e spassoso inno dell’italica arte d’arrangiarsi. 

Voto: 7

Paolo Dallimonti

 #IMG#Quando l’America incontra ‘noartri’

Pietro è un ricercatore universitario al quale non hanno rinnovato il contratto di dottorato, dovendo mantenersi e essendo senza lavoro, decide di sfruttare le proprie conoscenze da neurobiologo per sintetizzare un nuovo tipo di droga capace per purezza e effetti di spazzare via qualunque possibile concorrente; una droga al tempo stesso assolutamente legale perché non ancora censita fra le molecole vietate dal ministero della salute. Per poter portare a compimento il proprio piano Pietro decide di avvalersi dell’aiuto di sei suoi ex compagni di università, tutti in situazioni lavorative altrettanto precarie.
Se Breaking Bad incontra I soliti ignoti con l’aggiunta di una manciata di Romanzo criminale e di una crisi difficile da combattere perfino al cinema, il risultato finale è una pellicola che è riuscita ancor prima di arrivare in sala a far parlare di sé e a lanciare nell’empireo il giovane regista Sydney Sibilia; nome “Made in USA” ma salernitano sino al midollo e che con il cinema, a soli 32 anni, può ben dire di avere un conto aperto; un conto per il quale ci vorrà molto tempo prima di poterlo estinguere. La pellicola, nata da un idea dello stesso Sibilia, uno per cui il termine “si è fatto da solo” pare coniato su misura, deve la sua esistenza anche alla tenacia dei cosceneggiatori: Attanasio e Garello, con i quali lo stesso Sibilia collabora da tempo. Il film riesce alla fine a rappresentare alla perfezione un mix vincente di umorismo unito a cinema del genere thriller; capace di far virare un tema delicato come lo spaccio di stupefacenti verso una chiave di lettura comica ma non per questo meno efficace. Riuscendo a narrare attraverso un’analessi iniziale, come ci si possa trovare a vivere in uno stato d’indigenza e per questo si possa essere costretti a ricorrere a espedienti ingegnosi e illegali per uscire da una crisi che non accenna a placare le proprie fauci. Completa una pellicola vincente, una sceneggiatura che non incappa mai in pause e che riesce a mantenere sempre alto il livello di attenzione del pubblico; un cast stellare, capace di calarsi nei rispettivi ruoli con perfetta maestria: dal capo della banda, impersonato da Edoardo Leo, sino a Libero De Rienzo, nel ruolo di un esperto di economia, passando per l’antropologo Pietro Sermonti, l’archeologo Paolo Calabresi e i due Latinisti Lorenzo Lavia e Valerio Aprea, per terminare con il capo dello spaccio della capitale impersonato da Neri Marcorè, nel ruolo, inusuale per lui, di cattivo non troppo sui generis. Un film che alla fine saprà ridare respiro alla commedia all’italiana e che ci auguriamo sappia donarci un nuovo giovane regista capace di replicare questo primo “felice caso” anche in altre future occasioni. 

Voto: 9

Ciro Andreotti

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