Scheda film
Regia e Soggetto: Eduardo Tartaglia
Sceneggiatura: Eduardo Tartaglia e Elvio Porta, con la collaborazione di Mario Sanzullo
Fotografia: Marco Pieroni
Montaggio: Antonio Siciliano
Scenografie: Alessandro Vannucci
Costumi: Eva Coen
Italia, 2013 – Commedia – Durata: ‘
Cast: Eduardo Tartaglia, Francesco Pannofino, Veronica Mazza, Giorgia Surina, Maurizio Mattioli, Ernesto Mahieux, Stefano Sarcinelli
Uscita: 18 aprile 2013
Distribuzione: AI Entertainment
Italy for Africa
Catello (Eduardo Tartaglia) è un napoletano che lavora sulle navi mercantili e costringe ogni anno i suoi famigliari, prima di imbarcarsi per ogni viaggio, a cene anticipate di ogni festa comandata. Stefania (Veronica Mazza) è una sua conterranea, di professione parrucchiera, che non se la sta passando troppo bene, tra un negozio che stenta a decollare ed un padre affettuoso ma con qualche problemino di memoria, e che accetta di seguire una ricchissima nobildonna in crociera per curarle il look. Giulio (Francesco Pannofino) è un ricercatore universitario in procinto di partire per un ambito progetto in terra d’Africa portato avanti dalla Facoltà di Biologia Marina dell’Università di Milano. Insieme a lui andrà anche Mirella (Giorgia Surina), collega non troppo stimata ed in odore di raccomandazione, in quanto nipote di un noto politico. Una volta sul posto i quattro si incontreranno per caso ed altrettanto fortuitamente verranno rapiti da una banda di pirati senza scrupoli, la quale chiederà per la loro liberazione un ingente riscatto…
Eduardo Tartaglia è uno dei tanti filmaker – un altro è Stefano Calvagna – che rendono ancora interessante il ruolo di critico cinematografico per diversi motivi: in primis appartiene a quella schiera di cineasti campani che, pur uscendo con i loro film quasi esclusivamente nel territorio della loro regione – di lui ricordiamo Il mare non c’è paragone e Ci sta un francese, un inglese e un napoletano – mietono successi clamorosi, superando a livello locale blasonati blockbuster che fanno sfracelli su scala nazionale, come fu con alcune pellicole di Ninì Grassia interpretate da Gigi D’alessio e Mario Merola; in secundis con La valigia sul letto, targato Medusa, si era già affrancato dal fenomeno, assurgendo ad una distribuzione molto più ampia; in tertiis il povero critico, a proposito di lui, non può che chiedersi: “Perché lo fa?!”.
Con questa sua quarta fatica, girata in una Cuba spacciata per Africa – motivo per cui, forse al fine di mascherare un qualche senso di colpa, ogni carrellata parte dal primo piano di un esemplare di fauna del continente nero, dalle scimmie ai pitoni – e quindi con un budget non proprio esiguo, anche se la produzione nella persona di Alessandro Tartaglia ci tiene a ringraziare i notevoli sacrifici di cast e troupe, la musica non cambia.
Eduardo Tartaglia, come molti suoi conterranei, a partire dal Vincenzo Salemme regista cinematografico, si ostina a non voler capire la differenza tra cinema e teatro: un birignao o una battuta scema, se sulle tavole del palcoscenico rischiano di far venire giù il teatro, vuoi per una sorta di alchimia che si instaura tra attore e spettatore legata anche alla contemporanea presenza fisica di entrambi sotto lo stesso tetto, vuoi per una sorta di devozione e soggezione coatte legate al prezzo di un biglietto senz’altro superiore, sul grande schermo rischiano invece di amplificare il vuoto pneumatico di cui sono permeati, senza divertire lo spettatore, anzi persino infastidendolo.
A sorreggere questa commediola davvero esile, scritta dal regista insieme ad Elvio Porta, storico sceneggiatore la cui presenza non si avverte affatto, sono soltanto due caratteristi di razza come Pannofino, che già solo col suo faccione buffo regala ilarità ad ogni inquadratura, e Mattioli, capace di improvvisare battute – queste sì – davvero irresistibili, come “’st’incrocio tra Mike Tyson e Federico Moccia”, riferendosi ad uno dei pirati, non esattamente virilissimo, che pare subire il fascino di Catello.
Per il resto il cinema di Tartaglia, nel partecipare al quale cast e troupe devono essersi divertiti un bel po’, facendo però arrivare ben poco al pubblico, è comunque onesto, non volgare – caratteristica peculiare del regista – e per tutti, ma è anche vecchio, stantio e troppo legato alla sua esperienza teatrale. Solo per anti-leghisti convinti.
Voto: *½
Paolo Dallimonti