Scheda film
Regia: Sam Mendes
Soggetto: John Logan, Neal Purvis e Robert Wade, basato su personaggi creati da Ian Fleming
Sceneggiatura: John Logan, Neal Purvis, Robert Wade e Jez Butterworth
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Montaggio: Lee Smith
Scenografie: Dennis Gassner
Costumi: Jany Temime
Musiche: Thomas Newman
G.B./USA, 2015 – Spionaggio – Durata: 148′
Cast: Daniel Carig, Christoph Waltz, Léa Seydoux, Ralph Fiennes, Monica Bellucci, Ben Wishaw, Naomie Harris
Uscita: 5 novembre 2015
Distribuzione: Sony Pictures
Tutti i nodi vengono al Fleming
Capitolo quarto e molto probabilmente conclusivo del reboot delle avventure di James Bond che ha donato all’agente segreto più famoso, elegante ed amato il volto di Daniel Craig, iniziato nel 2006 da quel Casino Royale firmato da Marc Foster.
Un vero e proprio restyling che, con un film che all’epoca era anche un prequel, poneva le basi per una spia “al servizio segreto di sua maestà” più tormentata ed interessante, che non a caso aveva le sembianze rudi (e contestate dai fan) dell’attore britannico. Basi delle quali in questo Spectre, diretto ancora una volta dopo Skyfall da Sam Mendes, si riannodano i numerosi fili, tessuti in tutte le tre parti precedenti, tanto da renderlo ostico o almeno poco divertente per chi avesse perso gli altri capitoli, in particolare il primo, ovviamente da recuperare in blocco!
In occasione della tradizionale Festa dei Morti, James Bond è in Messico sulle tracce di un italiano, Marco Sciarra (il cui nome nella versione originale è curiosamente storpiato in “Schiarra”), uomo non proprio integerrimo il cui nome appare legarsi ad una fantomatica organizzazione criminale il cui simbolo è una piovra stilizzata dai lunghi tentacoli. L’uccisione dell’uomo da parte sua lo conduce a Roma, dalla di lui vedova Lucia, dove a Bond, in un meeting dell’organizzazione, il cui nome inizia a delinearsi come “SPECTRE”, pare di vedere il proprio fratellastro, creduto morto in un incidente sulla neve molti anni prima. Un’ulteriore indizio lo conduce in Austria, da una vecchia conoscenza, un Mr. White quasi agonizzante, anch’egli legato alla misteriosa congrega. Deciso a vederci più chiaro ed in cerca di ulteriori tasselli, Bond andrà a cercare la figlia dell’uomo, coinvolgendola nella sua caccia. Nel frattempo a Londra C ha deciso di smantellare l’MI6, in favore di un diffuso ed esteso controllo di sicurezza mediatico, contro il volere del nuovo M. James Bond, con i giorni contati, andrà incontro al suo nemico più temibile di sempre, Ernst Stavro Blofeld, dai connotati fin troppo familiari…
Inseguimenti e vorticose scene d’azione, girati in questo caso in piccola parte anche nella nostra capitale, che ha rinnovato così i fasti di quella “Hollywood sul Tevere” d’un tempo, sono il tratto distintivo delle prodezze di 007 ed anche l’elemento sicuramente di maggiore fascino, soprattutto in questo capitolo che, nelle sue due ore e mezza di durata, omaggia deliziosamente le pellicole del passato, dalla insostituibile Aston Martin a tutta la parte in treno che rimanda alle scene in carrozza di Dalla Russia con amore, dal cattivo Mister Hinx (che ha tutta la possanza di Dave Bautista, irriconoscibile dopo I guardiani della galassia), concentrato di tutti gli scagnozzi corazzati che si sono scontrati con il buon James (da Oddjob a Squalo), fino al Blofeld di Christoph Waltz che con il suo occhio sfregiato ossequia quello, indimenticabile interpretato da Donald Pleasence.
Il problema è che però, pur regalando adrenalina ad alte dosi in tali situazioni, nell’insieme il personaggio di Bond, pur aggiornato, nella seconda decade del ventunesimo secolo temiamo cominci ad essere datato, in particolare in questo verosimilmente conclusivo capitolo in cui i misteri sono ormai davvero pochi e tutto è telefonato e prevedibile, anche volutamente, poiché scritto ed intessuto nelle puntate prcedenti.
E all’inizio, dopo la concitatissima e fracassona sequenza messicana, offre, a giudizio di chi scrive, i peggiori titoli di sempre di un film di 007: altrimenti noti per l’estrema eleganza visiva, quasi da costituire ogni volta un piccolo film nel film, stavolta con una continuità di tentacoli di piovra che si stendono su altrettante gambe femminili, creano una dimensione più da mercato del pesce che di fascinazione.
Facciamocene una ragione: Bond è finito. Almeno quello interpretato da Daniel Craig. Who’s next?
Voto: 6 e ½
Paolo Dallimonti