Stigmate è un film che cammina quasi sempre sulla soglia che separa il ridicolo dal mediocre, con pericolosi sconfinamenti nel primo.
Sangue, carne, comlpotti religiosi in un Vaticano quint’essenza dei mali del mondo: ci sono tutti gli elementi di un B movie in questo Stigmate di Rupert Wainwright. P.Arquette è una parrucchiera americana, tutt’altro che religiosa, improvvisamente travolta da una forza misteriosa che le lascia i segni delle stimmate (i segni della passione di Cristo). Riuscirà ad uscire da questo incubo grazie a padre Andrew (G. Byrne), non senza il rischio di una deriva sentimentale. Film proptestante, dichiaratamente anti-cattolico, riesce a satirizzare il Vaticano in modo così banale e scontato, da instillare nello spettatore il desiderio di difesa delle istituzioni di Roma, non certo così ottusamente marce. Le cadute nell’autoironico e nel B-movie si sprecano, funziona, in parte, solo l’impianto spettacolare e visivo, che cerca di sorreggere una storia inverosimile. Uno stile da videoclip e tv-movie, che nulla aggiunge al tema della redenzione e del peccato.
Interessante il tema del quinto vangelo, con le vere parole di Cristo; meglio però lasciare il tema ad esperti biblici, piuttosto che trattarlo in questo modo. Qualcuno ha scomodato l’Esorcista come termine di paragone, non diciamo eresie….
Vito Casale