Scheda film
Regia e Sceneggiatura: Akiva Goldsman
Soggetto: dal libro omonimo di Mark Helprin
Fotografia: Caleb Deschanel
Montaggio: Tim Squyres e Wayne Wahrman
Scenografie: Naomi Shohan
Costumi: Michael Kaplan
Musiche: Rupert Gregson-Williams e Hans Zimmer
Suono: Michael Barosky
USA, 2014 – Fantastico – Durata: 118′
Cast: Colin Farrell, Jessica Brown Findlay, Russell Crowe, Matt Bomer, Lucy Griffiths, Michael Patrick Crane, Brian Hutchison
Uscita: 13 febbraio 2014
Distribuzione: Warner Bros Pictures
Il cavaliere delle stelle
Il piccolissimo Peter Lake nel 1895 è affidato dai genitori immigranti alle acque, come un novello Mosè: rifiutati dagli Stati Uniti in quanto affetti da TBC, tentano così di regalare al figlio un futuro migliore. Nel 1916 Peter (Colin Farrell) è un giovane ladro che, inseguito da una banda di lestofanti capeggiati dal sinistro Pearly Soames (Russell Crowe), riesce a fuggire su un cavallo bianco con qualche caratteristica fuori dalla norma. Quando, all’ennesimo furto, entra nella lussuosa magione di Beverly Penn (Jessica Brown Findlay), figlia del magnate della stampa Isaac, tra i due è subito amore. Ma la ragazza è affetta da una strana malattia che si manifesta attraverso forti febbri e Peter, deciso con tutto se stesso a salvarla, sente di poter compiere il miracolo. Il destino, in mezzo ad un’eterna lotta tra il bene ed il male, ha però riservato al giovane ben altro, compresa una incredibilmente lunga vita…
Strano oggetto questo Storia d’inverno”, che fin dall’inizio confuso – tre piani temporali subito presentati: 1895, 2014 e 1916 – ci tenta a non vederlo, alzandoci dalla poltrona e lasciando la sala.
Sarà che i viaggi nel tempo non hanno mai funzionato bene sullo schermo, se si eccettuano la serie di Ritorno al futuro ed il recentissimo Questione di tempo e poco altro, soprattutto quando conditi in salsa romantico-sentimentale. O che stesso destino hanno avuto le storie di immortali, come quel Tuck everlasting di Jay Russell, fatti salvi naturalmente il primo capitolo del franchising Highlander di Russell Mulcahy ed Il miglio verde di Frank Darabont. Tanto più che lo sterminato romanzo di Mark Helprin di oltre 800 pagine da cui è tratto viene qui ridotto ad un paio d’ore, perdendo molti dei suoi affascinanti personaggi, lasciando concentrare il regista e sceneggiatore Goldsman sulle storie d’amore trans-temporali.
Prendendo ampia ispirazione dalla Bibbia e da molte delle favole dei più famosi autori europei, da “Biancaneve” dei fratelli Grimm a “La bella addormentata nel bosco” di Charles Perrault, da “La regina delle nevi” di Andersen a “Koščej l’immortale” di Alexandr Nicolaevič Afanas’ev fino a “Momo” di Ende (la banda di Soames ricorda fin troppo i “Grigi”), lo sceneggiatore di A beautiful mind e Il codice Da Vinci crea una nuova quanto fragile mitologia pronta a sedurre tutti i cuori fragili.
Goldsman però, nel difficile processo di trasposizione di un libro complesso, pecca, come ogni buon calzolaio che la tradizione vuole a spasso con scarpe rotte, proprio sul suo stesso terreno, quello della scrittura. Pur essendo uniti da un destino segnato, gli eventi di Storia d’inverno sembrano infatti legarsi malamente tra loro, come se il fato fosse da solo sufficiente a giustificare il procedere degli eventi, indice invece di una serie di forti tagli sia in fase di sceneggiatura come probabilmente pure al montaggio.
Il film però, lungi dall’essere salvato dai mediocri effetti speciali (la Rhythm and Hues è fallita nel 2013, sostituita dalla Framestore) e da un nutrito cast di attori, tra cui Will Smith nel ruolo di Lucifero in persona e la quasi novantenne Eve Marie Saint, tutti spesso spaesati e poco convinti, si contraddistingue per un gusto “camp” molto particolare che, se apprezzato, finisce per tenerlo in piedi ed assurgere ad elemento di valore, indulgendo anche alla (facile) commozione.
E così il povero Colin Farrell, prima di diventare uomo e padre da salvare nella pellicola di prossima uscita Saving Mr. Banks, qui, ricordandoci, come nella canzone di Moby, che “siamo tutti fatti di stelle” (“We are all made of star”), quasi a prendere spunto da “La cura” di Battiato, supera le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non invecchiare e fa guarire la fulvo-crinita bella di turno da tutte le malattie. Trasformandosi questa volta in salvatore.
Voto: 6
Paolo Dallimonti