Scheda film
Regia: Umberto Carteni
Soggetto: tratto dal romanzo di Federico Baccomo ‘Duchesne’
Sceneggiatura: Federico Baccomo, Francesco Bruni, Umberto Carteni, Alfredo Covelli
Fotografia: Vladan Radovic
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Scenografie: Andrea Rosso
Costumi: Roberto Chiocchi
Musiche: Maxi Trusso
Suono: Alessandro Rolla
Italia, 2013 – Commedia – Durata: 90‘
Cast: Fabio Volo, Ennio Fantastichini, Zoé Félix, Nicola Nocella, Jean Michel Dupuis, Marina Rocco, Ahmed Hafiene
Uscita: 7 febbraio 2013
Distribuzione: Warner Bros
Le clausole dell’amore
Quando un film approda nelle sale del Paese di origine a due anni circa dalla sua realizzazione, un motivo deve pur esserci, basta andarlo a scovare tra gli ingarbugliati meandri della distribuzione nazionale. Purtroppo è più facile a dirsi che a farsi. In effetti, visti i chiari di luna di questi ultimi tempi l’arrivarci è già di per sé un traguardo non da poco. Del resto, statistiche alla mano, se pensiamo alla lunga lista di clamorosi precedenti in Italia (uno su tutti Il silenzio dell’allodola di David Ballerini, la cui gestazione prima di vedere il buio della sala è durata la bellezza di sette stagioni), due anni per trovare la via del grande schermo per un film battente bandiera tricolore sono ampiamente nella media. Le motivazioni di un simile ritardo possono dipendere da una serie di variabili, il più delle volte legate a problemi di censura o semplicemente alla scarsa lungimiranza dei distributori e alla loro volontà di non rischiare. Nel caso di Studio illegale ci sentiamo di escludere a priori entrambe le ipotesi, attribuendo i due lustri di ritardo nient’altro che ai limiti tecnici e drammaturgici riscontrabili nell’opera seconda di Umberto Carteni. Dunque, nulla di machiavellico o misterioso dietro lo stop che ha tenuto fermo ai box il film, se non una serie di demeriti che si manifestano chiaramente dinanzi agli occhi dello spettatore di turno, che potrà giudicare l’operato del regista romano a partire dal 7 febbraio grazie alle trecentoquaranta copie messe a disposizione dalla Warner Bros. Pictures.
Trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Federico Baccomo, la nuova pellicola firmata dal regista di Diverso da chi? scivola inesorabilmente sotto la soglia della sufficienza. A giudicare dal risultato ottenuto, infatti, nemmeno la collaborazione alla sceneggiatura dello scrittore e di Francesco Bruni ha dato gli esiti desiderati. Nonostante l’anima sia stata rispettata e la partecipazione alla stesura di Baccomo abbia creato una certa continuità tra le pagine del libro e quelle della sceneggiatura, l’elemento vincente del testo letterario, ossia lo humour very british e sofisticato che ne caratterizza la scrittura, qui viene inspiegabilmente meno. Senza alcun dubbio, ci troviamo al cospetto di uno di quegli esempi di adattamento al quale una maggiore fedeltà avrebbe giovato. Ma i giochi sono oramai fatti ed è giunto il momento di tirare le somme. Non rimane allora che affidarsi alla presenza di Fabio Volo nei panni del protagonista per provare a rimanere a galla, ma è proprio lui che manda a fondo definitivamente la barca, con i soli Fantastichini e Nocella in grado di sopravvivere al naufragio e la bella Felix messa nelle condizioni di assistere impotente alla debacle.
Volo si cala nelle vesti di Andrea Campi, un giovane avvocato rampante al quale viene affidato un incarico che potrebbe dare una svolta alla sua vita lavorativa. Tutto sembra filare liscio, fino a quando Andrea non incontra Emilie Chomand, l’affascinante e scaltra avvocatessa francese della controparte interpretata da Zoè Felix, vista in Giù al Nord di Dany Boon e qui alla sua prima esperienza nel cinema italiano. La conquista di questa donna impossibile segna l’inizio di un turbine di eventi che sconvolgerà la vita del protagonista. Stiamo parlando delle cosiddette “conseguenze dell’amore”, quelle che nel 2004 hanno fatto vacillare persino l’impassibile Titta Di Gerolamo di Sorrentino. C’è da dire che il personaggio di Campi si stacca dalla classica one line alla quale siamo stati abituati da questa tipologia di plot. Un merito che va riconosciuto a Baccomo prima e a Carteni dopo. L’avvocato affidato al tuttofare bresciano, infatti, non è il frutto drammaturgico di quello sviluppo che vede il personaggio coinvolto nel solito percorso di presa di coscienza, perché la molla interiore è già scattata in passato e il racconto prende il via proprio quando ciò si è da tempo verificato, ma allo spettatore non è data la possibilità di venirne a conoscenza. L’uomo ha già preso consapevolezza della sua condizione, iniziato a osservare ciò che lo circonda con un occhio critico e ad agire con cinismo. Vive in un mondo patinato, futile, vuoto, ma l’entrata in scena di Emilie indebolisce le sue difese immunitarie. Non è il sentimento che inizia a provare per lei a destabilizzarlo, ma la breccia che si apre improvvisamente dentro di lui e che decide di assecondare, permettendo a ciò che sta all’esterno di penetrare nel cuore e nella mente. In tal senso, le affinità elettive maggiori sono con il Marco Pressi affidato al Pasotti di Volevo solo dormirle addosso, piuttosto che con il protagonista dell’altra pellicola diretta da Cappuccio che ha visto impegnato proprio Volo, ossia Uno su due.
L’attore lombardo riesce ad appiattire e a vanificare quanto di interessante c’è in Campi, trasformandolo nell’ennesima copia sbiadita da inserire nella galleria di personaggi da lui interpretati. Da Uno su due sino a Studio illegale, passando per il recente Il giorno in più, imperterrito ha portato sullo schermo sempre lo stesso prototipo, ma forse non è tutta colpa sua, piuttosto di coloro che lo hanno e lo continuano a scegliere per certi ruoli fotocopia. Al cinema, forse l’unico che gli ha dato la possibilità di evadere da tutto ciò è stato Alessandro D’Alatri con film come Casomai e La febbre. Resta il fatto che la pellicola di Carteni non può contare su di lui quanto dovrebbe, se non sul versante del richiamo possibile al botteghino grazie al suo nome impresso sulla locandina. Ma quello del protagonista non è l’unica mancanza in un film che si perde strada facendo dopo un inizio scoppiettante. Gli ottanta minuti successivi al prologo dei novanta complessivi sono macchinosi e poco scorrevoli. I passaggi a vuoto, i momenti di stanca e le continue digressioni, rallentano la fruizione e appesantiscono il racconto, dando l’impressione di una narrazione piatta che senza particolari sussulti si avvia con fatica verso la conclusione. Nemmeno la puntatine a Dubai e il prologo parigino, che spostano l’azione dalle geometrie fredde delle location milanesi ad atmosfere più calde, riescono a dare una smossa decisiva alla vicenda.
Ne viene fuori un’opera che si perde nel girone degli stereotipi, popolato da personaggi che vi si riflettono e ne sono la naturale estensione; un film che ha difficoltà a gestire i toni e i registri, non avendo mai chiara la strada da percorrere: da una parte un’ironia che produce solo di rado una reazione comica, dall’altra una componente drammatica che al di là del messaggio di fondo (il mondo è pieno di squali) non ha nulla di sostanzioso da trasferire al pubblico. Se l’alchimia tra le due componenti ha funzionato in Diverso da chi?, permettendo a Carteni di tirare fuori il meglio dal plot e dagli attori grazie al brio e alla freschezza della scrittura, in Studio illegale tutto ciò viene meno in maniera limpida e cristallina.
Voto: *½
Francesco Del Grosso
Alcuni materiali del film: