Il giovane regista spagnolo Alejandro Amenabar, classe 1972, ha raggiunto la notorietà internazionale grazie al film “Apri gli occhi” (tra poco nelle sale la versione americana diretta da Cameron Crowe con Tom Cruise, la stessa Penelope Cruz della versione iberica, e Cameron Diaz). In realtà il suo film d’esordio, vincitore di numerosi premi Goya in patria, e’ “Tesis”, che si affaccia timidamente nel caos delle uscite estive con ben sei anni di ritardo. Ed e’ una vera sorpresa perché il talento visivo e la capacità di raccontare una storia, evidenti nel successivo “Apri gli occhi”, sono qui messi al servizio di una riflessione sulla violenza molto ben congegnata e disturbante.
La storia parte dalla tesi sulla violenza negli audiovisivi che la studentessa Angela sta preparando per laurearsi alla facoltà di scienze delle comunicazioni di Madrid. Nel chiedere l’aiuto di un professore, entrerà casualmente a contatto con il mondo degli “snuff movie”, lunghi piani-sequenza di atroci morti senza finzione. Tra le tante considerazioni che il film suggerisce, e che non inficiano l’inquietudine del livello primario della risoluzione del mistero, una critica abbastanza scoperta al cinema americano, che da’ al pubblico ciò che chiede senza preoccuparsi delle conseguenze.
Proprio come uno “snuff movie”, che permette di vedere le conseguenze di un gesto estremo senza viverle in prima persona. In realtà il mondo degli “snuff movie” e’ più che altro un pretesto narrativo.
Non viene infatti sviscerato nelle sue implicazioni commerciali, ma tinge la storia di giallo caricandola di venature horror, consente riflessioni sui limiti nell’utilizzo delle immagini e, soprattutto, permette alla protagonista di tirare fuori una parte di se’ di cui ha paura, di riconoscerla e, forse, di accettarla. L’aspetto più interessante dell’elaborata sceneggiatura e’ infatti la caratterizzazione dei personaggi. Tutti attratti in modo morboso dalla violenza e ad un passo dal superamento del confine tra il pensiero e la sua realizzazione. Tutti in bilico tra la vita e il suo annientamento. La violenza e’ più accennata che esibita, e l’intravisto unito alla grana grossa delle riprese amatoriali degli “snuff”, crea una sensazione di verità nella finzione al cui effetto e’ difficile sottrarsi. Effetto che pone lo spettatore del film nelle stesse condizioni, perlomeno psicologiche, della protagonista, a sua volta spettatrice dello “snuff movie”. E questa tacita complicità regala coinvolgimento, emozione e qualche brivido a lunga scadenza.
Luca Baroncini