Recensione n.1

Chi non ha mai sognato di tornare indietro nel tempo per correggere le scelte sbagliate e gli episodi negativi? Letteratura e cinema si sono sbizzarriti in tal senso e il film di Eric Bress & J. Mackye Gruber (gia’ sceneggiatori di “Final Destination 2”) sconta subito il confronto con alcuni pilastri dei viaggi temporali, dalle opere di Ray Bradbury, alla saga “Ritorno al futuro” di Robert Zemeckis. Ovviamente percorrere la propria esistenza a ritroso comporta grossi rischi, perche’, in base al cosiddetto “effetto farfalla” del titolo, qualsiasi modifica del passato si ripercuote fatalmente sul futuro. Lo capira’ a sue spese il protagonista Evan. Il film parte bene, descrivendo la giovinezza del ragazzo con i colori acidi dell’incubo; inciampa nei luoghi comuni (l’amico di famiglia pedofilo) ma comunica con forza e inaspettata cattiveria il disagio di quell’eta’ terribile e irta di insidie che e’ l’adolescenza. La provincia americana si tinge di nero e le pulsioni allo scoperto si
uniscono alla difficolta’ di crescere in un mondo in cui le coordinate sembrano spostarsi in continuazione. La spensieratezza puo’ durare un attimo e basta uno sguardo per cedere all’angoscia. Ma non e’ il racconto di formazione l’obiettivo dei due registi e dopo una prima parte non particolarmente originale, ma tesa e compatta, la storia comincia a incartarsi, per poi involversi in un continuo e frastornante andirivieni tra passato, presente e futuro (terribile il concentrato di stereotipi del genere “carcerario” nella lunga e inutile sequenza in prigione). Si fa cosi’ strada la vera anima del film: assecondare le esigenze del teen-ager d’oltreoceano. Il ritmo diviene frenetico, i pochi appigli psicologici nella descrizione dei personaggi perdono progressivamente spessore, i colpi di scena si rincorrono e l’effetto prende il posto della causa. In diretta proporzione lacuriosita’ scema in noia. Un approccio razionale non e’ certo il modo migliore per gustarsi il film, ma il serratissimo montaggio non riesce ad anestetizzare le esigenze di verosimiglianza stimolate dalle premesse. I buchi narrativi, infatti, diventano sempre piu’ voragini che la regia cerca di coprire puntando sull’accumulo. Che capacita’ ha il protagonista di controllare il suo dono? E’ cosciente di cio’ che gli accade? Perche’ ritorna a certi episodi e non ad altri? Perche’ finisce sempre e comunque in quella stanza del college? Non potrebbe andare ancora piu’ indietro, o piu’ avanti, e risolvere una volta per tutte i suoi problemi? Che fine fa il rischio di danno cerebrale? E, soprattutto, come fa esattamente a viaggiare nel tempo? Mentre gli interrogativi si moltiplicano e i giovani interpreti si divertono, il plot si riduce a un interminabile gioco dell’Oca che trasforma in sit-com le potenzialita’ del thriller soprannaturale. Il teen-ager gongola sulla poltrona con residui di pop-corn tra gli incisivi (il film e’ stato un grande successo in America) mentre il cinema sonnecchia, pensando all’occasione sfiorata e poi perduta.

Luca Baroncini (da www.spietati.it)

Recensione n.2

“Mmm… “The Butterfly Effect”, cioè “L’effetto del burro volante” strano titolo per un film -mi son detto-, chissà che significherà…”. Lo so, l’ho scoperto: che dovrei riprendere un po’ in mano il mio inglese. Ma, intanto, sono andato al cinema a vederlo e questo è ciò che conta. Premetto che la pellicola in questione non è certo per animi sensibili che si impressionano per un nonnulla: è il classico thriller metafisico e metà no, discretamente interpretato da giovani attori più conosciuti dal giovane pubblico americano per il gossip sulla loro vita privata che per le capacità artistiche (se non sbaglio il giovane protagonista ha una relazione con la supergiovane Demi Moore…). Insomma, il classico prodotto giovane fatto da giovani per i giovani. “Allora perché sono andato anch’io al cinema?”. Spiritosi. Tutto verte sul grande “SE” che ognuno di noi si porta appresso dalla nascita: che cosa sarebbe successo SE avessi preso quella decisione anziché quell’altra? Come sarebbe cambiata la mia vita SE quella sera non avessi incontrato la donna che amo? SE non l’avessi invitata fuori a cena? SE mi fossi messo il preserv… Vabbè, i soliti SE, insomma.
Fortunatamente il film è più “smarso” (traduzione dal veronese: “malato, marcio”) di quanto si possa immaginare: poco o nulla ci è risparmiato anche se le varie nefandezze sono spesso più suggerite che mostrate. Pare che gli esordienti autori del film siano i responsabili della sceneggiatura di quel “gioiellino splatter-trash” di “Final Destination 2” e credo che questo vi possa aiutare nella scelta della pellicola da vedere per la vostra serata cinematografica. Spettatori avvisati…

DA TENERE: La trama è più che buona, con la giusta dose di suspance e di spaventi, ma…
DA BUTTARE: …ma, come al solito, manca il coraggio di tagliare, di snellire il racconto, con la conseguenza che il giochino si fa inevitabilmente ripetitivo; certo, succedeva anche in “Final Destination 2”, solo che quel film durava una mezzora di meno. In ogni caso per me è un film da vedere. Attendo linciaggi.
NOTA DI MERITO: In tanta immondizia teen-thriller-horror questo ha dalla sua l’atmosfera giusta ed una trama che sta in piedi (nei limiti del genere, ovviamente!).
NOTA DI DEMERITO (?): Il film si apre con la seguente scritta perentoria: “Si dice che il battito d’ali di una farfalla possa causare dall’altra parte del mondo un uragano”. Voce dello spettatore al mio fianco: “E se tirassi una scoreggia?”.

Ben, aspirante Supergiovane