E’ il gennaio 2003 quando nelle sale esce “Darkness”, il poco riuscito horror di Jaume Balaguero’. Allo stile divenuto maniera del regista spagnolo, la “Eagle Pictures” affianca un trailer che lascia il segno, di quelli che fanno subito venire voglia di vedere il film pubblicizzato, con dettagli, effetti sonori, fotogrammi, tutti al posto giusto. Il titolo “The eye” resta nella memoria, come la dipendenza instillata dalla prima sigaretta fumata a sedici anni, ma nei lunghi mesi invernali del film di Danny e Oxide Pang si perdono le tracce. Proprio quando le speranze sembrano perdute, eccolo arrivare nelle sale in primavera, tra l’altro distribuito in modo massiccio, probabilmente per sfruttare l’eco dell’ampio successo di “The ring” e l’aura di culto che incensa, non sempre a proposito, gli horror provenienti da oriente.
In genere le aspettative alte sono anticamera di cocenti delusioni e, purtroppo, “The eye” conferma la regola. Il film dei fratelli Pang, campione di incassi a Hong Kong e Singapore, e’ infatti un vero e proprio bluff. Il soggetto, anche se non particolarmente originale (tra gli altri pure Vincenzo Salemme con “Amore a prima vista”), potrebbe garantire brividi o perlomeno intrattenimento, invece la noia regna sovrana. Si racconta di una ragazza che, cieca dall’eta’ di due anni, subisce un trapianto di cornea e, insieme alla vista, acquisisce anche la capacita’ di vedere altro, soprattutto presenze ectoplasmiche.
Lo spunto orrorifico si sviluppa con eleganza formale, ma a parte la prima apparizione, che gioca bene la combinazione di effetti sonori e movimenti della macchina da presa, lo spettatore non viene mai colto alla sprovvista. La colonna sonora, infatti, funziona da didascalia e, cambiando in modo brusco, non completa e arricchisce l’atmosfera, ma annuncia gli eventi e nega in partenza qualsiasi tensione. Oltre all’assenza di brividi, il film sconta pero’ anche una sceneggiatura di desolante ingenuita’, con assurde e ridicole svolte narrative (tutta la sbrigativa parte finale), personaggi dalla caratterizzazione elementare, situazioni accennate e poi non sviluppate (l’appuntamento con un non meglio specificato medico americano e l’incontro casuale, al ristorante, con una ragazza capace anch’essa di vedere i fantasmi), voci-off immotivate, che spiegano cio’ che le immagini non sono in grado di chiarire, e dialoghi caricaturali anche per le pagine di un fumetto. I due medici che compaiono, poi, sembrano giovani amici reclutati all’ultimo momento per il cast di un filmino in famiglia (uno dei due e’ invece Lawrence Chou che, oltre ad essere totalmente fuori parte, e’ un noto cantante cino-canadese). In tal guazzabuglio, l’unica a salvarsi e’ la giovane protagonista Angelica Lee, che aderisce con intensita’ allo smarrimento e al terrore del personaggio che interpreta. A questo punto non resta che attendere il seguito, per chi diabolicamente se la sente di perseverare, o il rifacimento americano. I fratelli Pang sono gia’ al lavoro e la “Cruise-Wagner”, la casa di produzione di Tom Cruise, ha gia’ acquistato i diritti per un remake made in U.S.A. Chissa’, forse per una volta il saccheggio occidentale riuscira’ a produrre un risultato migliore dell’originale. Visto il prototipo ci sono buone possibilita’!

Luca Baroncini