Scheda film

Regia e Soggetto: Mauro Borrelli
Sceneggiatura: Mauro Borrelli, Scott Svatos
Fotografia: Eric Gustavo Petersen
Montaggio: Charles Bornstein, Daniel Capuzzi
Scenografie: Sharai ‘Sara’ Corral, Michael Gaglio
Costumi: David Alexander
Musiche: Christopher Young, José J. Herring
USA, 2011 – Horror/Thriller – Durata: 90′
Cast: Aaron Dean Eisenberg, J. Walter Holland, Liz Fenning, Jared Grey, Domiziano Arcangeli, Jeffrey Damnit, Hans Uder
Uscita: 4 gennaio 2013
Distribuzione: Distribuzione Indipendente
Sale: 16

 Scorribande ectoplasmatiche

Chi prima o poi non si è imbattuto nell’espressione “esperienza extracorporea”, nota anche con gli acronimi O.B.E e talvolta O.O.B.E., dall’inglese “out-of-body experience”? In pochi probabilmente, visto che da studi e sondaggi risulta che circa una persona su dieci ritiene di aver avuto qualche volta nella vita una di queste esperienze. La restante fetta di persone interpellate, invece, ne ha quantomeno sentito parlare, seppur in termini non prettamente specialistici. Il termine sta ad indicare tutte quelle esperienze, la cui interpretazione rimane controversa, nelle quali una persona percepisce di “uscire” dal proprio corpo fisico, cioè di proiettare la propria coscienza oltre i confini corporei. Più stringatamente, si può parlare di “autoscopia”, che sta ad indicare quella sensazione che taluni provano come se stessero fluttuando all’esterno del proprio corpo, percependone la presenza da un punto esterno ad esso. Entrambi i casi hanno tuttavia possibili o probabili spiegazioni medico-scientifiche, che attribuiscono la natura delle suddette esperienze alla depersonalizzazione (disturbi della coscienza dell’Io) legata ad affaticamento o alterazioni organiche. Il tutto riferito durante crisi epilettiche, intossicazione da droghe, fasi di psicosi acuta e soprattutto donno ipnagogico o ipnopompico (le fasi che precedono immediatamente l’addormentamento o il risveglio). Secondo l’interpretazione di alcuni, questo potrebbe indicare che ciò che si osserva durante le OBE, appare non essere altro che il frutto della propria mente e la conseguenza di una temporanea iperattività anomala di alcune regioni del cervello. Ma dove non arrivano la scienza e la medicina non mancano ovviamente altre possibili spiegazioni. Un’ipotesi formulata in ambienti mistici, infatti, è che alcuni sogni lucidi sarebbero presunti viaggi fuori dal corpo, mentre all’inverso talune esperienze che potrebbero sembrare viaggi astrali sarebbero invece soltanto dei sogni o rientrerebbero in quell’altra categoria senza fonte di fenomeni denominata “onironautica”.
C’è poi chi come i protagonisti di The Ghostmaker, Kyle, Sutton e Platt, hanno provato sulla loro pelle, fino alle estreme conseguenze, un’altra forma di esperienza extracorporea. Anche per quanto li riguardo, come per il fenomeno dell’onironautica, né scienza né medicina sono state in grado di fornire spiegazioni plausibili. Stiamo parlando di E.P.E,. acronimo di “extra person experience”, vale a dire quando si oltrepassa il confine tra la vita e la morte diventando un’entità ectoplasmatica che scorrazza fuori dal corpo per poi rientrare in esso. Con un pizzico abbondante di immaginazione ci pensa dunque la Settima Arte a fornire una spiegazione attraverso un film diretto da Mauro Borrelli, che dall’America approda nelle sale del circuito di Distribuzione Indipendente per inaugurare il listino 2013 a partire dal 4 gennaio. In The Ghostmaker il terzetto di ragazzi ritrova una bara del XV secolo dotata di poteri straordinari, che dopo una serie di approfondite ricerche risulta costruita dal malefico Wolfgang von Tristen, conosciuto come “L’artigiano del Diavolo”, che la battezzò “La macchina fantasma”. Ad uno ad uno gli amici accetteranno di smaterializzare il proprio corpo e di affacciarsi oltre il confine, ma quelle che inizialmente sembrano divertenti e innocue avventure nel mondo dell’aldilà ben presto non lo saranno più.
Sinossi alla mano la mente non può non tornare a quel cult di Joel Schumacher del 1990 che risponde al titolo di Linea mortale, anche se la pellicola di Borrelli si spinge ben oltre. Proprio questo puntare più in alto si dimostra a conti fatti un’arma a doppio taglio che non permette all’ultima fatica da regista di oltrepassare la soglia della sufficienza, piuttosto di rimanerci in equilibrio precario. Concept designer per registi quali Burton, Gilliam, Coppola e Verbinski, Borrelli dirige la sua terza prova dietro la macchina da presa dopo che gli apprezzati Goodbye Casanova e The Haunted Forest, nonostante le critiche positive degli addetti ai lavori, non hanno mai trovato una distribuzione in Italia. All’insegna del low budget, il cineasta percorre ancora una volta le vie del genere firmando un thriller soprannaturale in bilico tra retro sci-fi e ghost story, con atmosfere claustrali che richiamano al cinema di Freda, Bava e Lenzi. Le citazioni dal presente e dal passato (da La morte viene in sogno a Ghost, passando persino per Sospesi nel tempo) sono la linfa vitale di un film che opprime e soffoca attraverso ambienti circoscritti e malati, ma che come vedremo non causa particolari effetti collaterali nel pubblico. Il risultato alterna sequenze riuscite a vistosi cali di tensione che ne pregiudicano la riuscita dal punto di vista narrativo con un cedimento più che evidente del plot nell’atto conclusivo. Parzialmente efficace la contaminazione dei generi, purtroppo non supportata fino in fondo dalla costruzione della suspense e dalla conseguente gestione della tensione se non in qualche scena (l’overdose del tossico davanti al fantasma di Kyle e l’aggressione in cucina da parte del fantasma di Sutton nei confronti della fidanzata di Kyle). Ben delineati, al contrario, i personaggi, cosa insolita in questa tipologia di cinema votato alla causa del popcorn movie.
A colmare il gap ci pensa la regia di Borrelli, al quale la scuola a stelle e strisce e le importanti esperienze lavorative sul campo maturate in quel di Hollywood hanno senza alcun dubbio giovato. Il suo lavoro dietro la macchina da presa è artigianato di alto livello, quello che in Italia, soprattutto nel cinema di genere, se non in qualche rarissimo caso nascosto nel sottobosco della produzione nostrana, è difficile da ammirare nel circuito ufficiale eccetto in quello festivaliero. In The Ghostmaker va registrata una messa in quadro che non presenta particolari cedimenti stilistici, con effetti visivi che scricchiolano per fortuna solo di rado e permettono al film di mettere in vetrina un look internazionale e un appeal su un mercato più vasto che molti cineasti italiani possono solo sognare ad occhi aperti.

RARO perché… è un film a suo modo originale, ma non troppo riuscito.

Voto: **½

Francesco Del Grosso

Alcuni materiali del film:

Trailer