Nella stanza di una pensione di Parigi, Oscar Wilde (Rupert Everett) trascorre gli ultimi giorni della sua vita. Non era lui un tempo l’uomo più famoso di Londra? Wilde ripensa con malinconia alle passioni che l’hanno travolto e al suo amore per la vita.
Rivive la sua relazione con Lord Alfred Douglas (Colin Morgan) e le sue fughe attraverso l’Europa, ma anche il rimorso nei confronti della moglie Constance (Emily Watson) per aver gettato lei e i loro figli nello scandalo. Ad accompagnarlo in questo ultimo viaggio solo l’amore e la dedizione di Robbie Ross (Edwin Thomas) e il suo più caro amico Reggie Turner (Colin Firth).
La dicotomia tra il titolo The Happy Prince (Il Principe Felice) e la parte finale della vita di Oscar Wilde è evidente.
Mostrarlo per ciò che è, per quello che la sua vita ha da raccontare.
Un vero gigante come artista e come essere umano, nonostante le condanne e le disgrazie della sua vita, spesso dovute alla sua omosessualità non ben accettata all’epoca.
Uno stile questo film che, come ci dice durante la conferenza stampa, “è fortemente influenzato dai fratelli Dardenne ma anche da un’estetica CCTV“.
La forte presenza di un cast tecnico italiano è anche dovuta alla forte influenza che il cinema italiano ha avuto su Everett, Italiani maestri di stile ed estetica, come sempre per fortuna.
Oltre allo stile di ripresa, colpiscono anche i rimandi a Toulouse Lautrec
Le strade tra Everett e Wilde si sono incrociate parecchie volte ma mai in maniera così diretta. Evidente che il regista sia quasi ossessionato da questa imponente e maestosa figura.
The Happy Prince è un film “forte” che ci permette anche di fare una profonda riflessione sul tema dell’omosessualità e sulla discriminazione.
Il film di Everett è intervallato da flashback che mostrano i grandi giorni di gloria di Wilde alternati all’agonia della malattia.