Recensione n.1
Con “The life of David Gale”, Alan Parker mette in scena un avvincente thriller, che gioca sull’ambiguità della vita, per trattare un tema forte e senza risposte come quello della pena di morte. E in effetti, lo scopo del regista non è quello di dare certezze, ma di porre delle domande che mettano in crisi un sistema, come quello del Texas e di numerosi altri Stati, dove la pena capitale continua ad essere considerata un modo efficace per risolvere i problemi della criminalità. La storia è quella di David Gale, un rispettabile professore universitario del Texas, che divide la sua vita tra le aule e le battaglie sociali contro la pena di morte. Un giorno viene però accusato dell’omicidio della sua amica Constance, confidente e compagna di tante lotte politiche, e finisce lui stesso nel braccio della morte. Ma tre giorni prima dell’esecuzione, decide di mettere la sua vita nelle mani di Bitsey Bloom, una giovane giornalista alla ricerca dell’articolo da premio Pulitzer che, dopo aver ascoltato la versione della storia di David, dovrà scoprire chi sia stato il vero assassino di Constance e salvare la vita di un innocente. Attraverso il racconto di David a Bitsey, la storia della vita del professor Gale viene recuperata con flashback confusi e ambigui.
Ed è proprio l’ambiguità l’arma con cui Parker tenta di incrinare tutte le certezze: ambiguità incarnata perfettamente Kevin Spacey che, nel ruolo di David Gale, gioca con le ombre della verità, insinuando il dubbio in una ingenua Kate Winslet, strumento inconsapevole di una grande lotta politica e sociale. Strepitosa anche Laura Linney che, nei panni di Constance, sa dominare la scena in ogni istante, rendendo il suo personaggio forte e dolcissimo a seconda delle circostanze. E se ad una prima analisi “The life of David Gale” può sembrare un film patinato ed a tratti “già visto”, il trucco sta nel non farsi ingannare da ciò che sembra e da ciò che si vede, perché dietro le forme convenzionali e la fotografia nitida e senza ombre potrebbe nascondersi una realtà diversa, nascosta dalla banalità dell’apparenza.
Francesca Manfroni
Recensione n.2
Da qualunque parte la si guardi, la pena di morte e’ sbagliata. Parker capovolge spesso l’inquadratura e gioca con i punti di vista, accollando alla leale giornalista Bitsey Bloom l’onere di ricostruire un storia che non avrebbe mai avuto un lieto fine.
Impegno civile o ossessione personale? Fanatismo o martirio? David Gale non e’ solo un attivista impegnato contro la pena di morte che finisce legato al lettino in attesa dell’iniezione letale: e’ qualcuno a cui un sistema troppo tenero con i cattivi e troppo duro con i buoni ha gia’ tolto tutto. Cattivi e buoni, si’, possono sembrare categorie infantili, ma e’ difficile trovarne di piu’ efficaci mentre la guerra piu’ stupida del mondo ci vede tutti perdenti.
Bello sguardo cinematografico su uno stile di vita fuori moda, eppure cosi’ attuale: quello che privilegia il “lasciare il mondo migliore di come lo si e’ trovato”, perseguendo l’integrita’ personale invece dei desideri.
Mafe
Recensione n.3
Il professor Gale trascorre l’ultimo periodo della sua vita tra Austin ed il raggio della morte della prigione di Huntsville, una località del Texas orientale che, giustamente, si fregia del titolo di capitale delle esecuzioni. Nel 2002 vi sono state eseguite più della metà delle condanne di tutti gli Stati Uniti e l’origine di tale successo risale ad oltre 150 anni fa, quando al momento della scelta di Austin come capitale dello stato, si è in cambio attribuita ad Huntsville la funzione di centro delle esecuzioni. Mentre la prima si è sviluppata come sede dell’amministrazione, della politica e delle istituzioni universitarie, sommariamente esemplificate nel film dalla cupola di granito rosa del Capitol Hill, dal campus della Texas University e da un gran numero di bar, la seconda è diventata una prison city, una macabra ed efficiente variante della company town, cioè di una città che si regge su un’unica attività economica.
Con una popolazione di 36000 abitanti, Huntsville ha una modesta dimensione demografica, ma nel territorio della contea ci sono 7 prigioni, che ospitano 13000 detenuti e danno lavoro a 6000 addetti. Nello stato del Texas, il boom dell’edilizia carceraria ha conosciuto una fase di particolare sviluppo alla fine degli anni ’80. Dal 1988 al 1995, sono stati costruiti oltre 90000 “posti letto” ed il Department of Criminal Justice è diventato il maggior datore di lavoro, con oltre 40000 occupati e un enorme indotto. Non stupisce, quindi, che molte località abbiano cominciato a competere nel cosiddetto prison derby, cioè nella gara per attrarre la maggior fetta possibile del correctional business. Un simile atteggiamento, radicato e largamente condiviso, si riflette nella vita della comunità dove le esecuzioni sono parte della quotidianità e non meritano particolare segnalazione, fatta eccezione per il killer burger, come si chiama l’offerta speciale in molti ristoranti nei giorni dell’”evento”.
Da sempre, le condanne vengono eseguite nello stesso luogo, un edificio in centro, che per la sua caratteristica muratura di mattoni rossi è denominato the Walls. Fino al 1965 vi erano anche rinchiusi i condannati, ma, quando questi sono diventati troppo numerosi, il raggio della morte è stato spostato, prima ad Ellis, una ventina di chilometri a nord della città, e poi, dopo un tentativo di fuga nel 1999, a Terrell- Polunsky, una sede completamente nuova costruita nel 1993.
Parker, che ha visitato tutti questi complessi, è stato colpito dagli spazi esterni di Ellis, incongruamente ingentiliti da un giardino giapponese, con ponticelli e vasche d’acqua, e dall’architettura funzionale di Polunski, dove ci sono ora 450 condannati in attesa del loro turno. Attorno all’edificio si stendono aiuole fiorite e prati ben curati, mentre le invalicabili reti di filo spinato che lo circondano non sono visibili ad una certa distanza, il che gli conferisce un aspetto simile, dice il regista, a quello di una moderna fabbrica di automobili. Un’industria pulita, insomma, grazie alla quale il tasso di disoccupazione nella zona è inferiore al 2%. E’ un peccato che queste osservazioni non siano state più compiutamente sviluppate nel film e si perdano nella tortuosità della vicenda.
Paola