Scheda film

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Fotografia: Mihai Malaimare Jr.
Montaggio: Leslie Jones, Peter McNulty
Scenografie: David Crank, Jack Fisk
Costumi: Mark Bridges
Musiche: Jonny Greenwood
Suono: Drew Oliveras
USA, 2012 – Drammatico – Durata: 137′
Cast: Philip Seymour Hoffman, Joaquin Phoenix, Amy Adams, Price Carson, Mike Howard, Sarah Shoshanna David, Bruce Goodchild
Uscita: 03 gennaio 2013
Distribuzione: Lucky Red

 Una nave, il suo capitano e un giovane marinaio

Due uomini, un breve tratto di strada da percorrere assieme. Freddie Quell, ossessionato dal sesso e dalle strane misture di alcol che prepara e inietta in una boccettina da portare sempre con sé. Un giovane individuo solitario affetto da un esponenziale numero di tic, con un sistema nervoso messo a dura prova dagli orrori della Seconda Guerra Mondiale. Incontrerà un più maturo Lancaster Dodd, uomo di scienza che detiene una scuola di pensiero tutta sua, capace di affrontare le miserie dell’essere umano con un metodo d’introspezione basato sulla sottile arte del ragionamento. Affabulatore, ipercritico, compagno fedele e affezionato, Dodd diventerà per Freddie un maestro di vita, una figura che va ben oltre quella di un padre e che alle volte, proprio come un padrone, tenterà di impossessarsi della sua instancabile libertà.
Il mondo, attorno a Freddie Quell, gira e gira e gira. In sua assenza, naturalmente, continua a girare, e questa diviene per lui la terrificante e angosciosa scoperta da dovere a tutti i costi dimenticare con un sorso di veleno. La sua, d’altronde, è una libertà visceralmente umana. Quel genere di libertà irrazionale e confusionaria che nasconde in sé il ricordo del paradiso perduto dall’odierna, asettica e odiatissima scienza dentro la quale è immersa la società intorno a lui. Quel genere di libertà che si può intravedere soltanto in un’isola senza tempo, senza rigore, dove l’uomo ricrea con la sabbia la propria solitudine, che nel caso di Freddie assume le forme del seno di una donna con cui poter fare di nuovo l’amore. Il giovane marine beve senza discernimento, ubriaco e schiavo dell’indipendenza, ma il suo cuore tende inevitabilmente a un legame, a un’altra persona in carne e ossa che riesca a imbrigliarne l’animo in un ordine morale superiore.
Lancaster Dodd sarà la sua guida. Quel maestro in grado di intaccarne a piccole dosi la mente, senza però catturarne mai davvero il cuore. Che qualcuno provi a vivere senza un maestro, d’altronde. Che qualcuno provi a vivere da uomo libero senza ritrovarsi poi solo e sperduto, nella più atroce follia che la mente umana abbia mai partorito. Freddie, passionale, rancoroso, provocatore di mestiere e al contempo avido di sofferenza, diverso come lo è solo una creatura asociale, è d’altronde un animale senza né vincoli né affetti del cuore. Ed è partendo da questi presupposti che Paul Thomas Anderson dipinge il suo affresco, la sua situazione ideale inserendola in un’ambientazione imbottita di metafore. Lo sfondo è quello della nave, i personaggi sono quelli di un capitano e di un marinaio salito a bordo nelle vesti di un furfante come tanti. Per questo marinaio, il capitano è la dolce voce femminile della sua prima fidanzatina: una voce rassicurante che gli canta di un ritorno a casa, lo invita a prendersi una pausa dal viaggio, faticoso e desolante, e a restare accanto a un fuoco pronto a riscaldarne il cuore. Il cammino, però, nonostante tutto va ripreso al mattino, senza più voltarsi a guardare indietro, sempre dritti per riabbracciare i seni di una donna fatta di sabbia.
The master è un paio di forbici che taglia in due il filo che riconduce P.T. Anderson a Robert Altman. Se Il petroliere poteva difatti trovare spiegazione in una pausa dal cammino corale intrapreso dal regista con Magnolia, The master si affaccia al mondo là fuori con la penna ferma e la firma chiara di un autore ormai pronto a intraprendere il proprio viaggio. Alla medesima maniera del suo protagonista, come un marinaio stanco, Anderson si separa quindi nettamente dal suo maestro, che non è più una figura paterna da (in)seguire, piuttosto una terra lontana e superata. Il suo nuovo cinema, raffinato, ideologico, armonioso, lindo e impeccabile nella sua uniforme bianca e bluastra e quell’aria affranta rappresentata dalla fronte aggrottata di Joaquin Phoenix, è finalmente un cinema personale e intimo, maniacale e perfezionista nella caratterizzazione del sé. Philip Seymour Hoffman continuerà ad accompagnarne il tragitto, forse ancora per un bel pezzo, ma Phoenix è il vero alter ego di questo Anderson; una creatura-mostro capace di imitarne i sentimenti più profondi e render loro giustizia grazie a un’interpretazione che dovrebbe valergli una o due statuette dorate. La sua presenza, alle volte la sua assenza, è alla base di una regia ossessionante, una sceneggiatura senza inizio né fine col suo concentrato sostanziale di piccoli avvenimenti, frasi, gesti di poco o nessun significato, se non che per i suoi due protagonisti. La musica, cornice avvolgente dell’affresco, si inserisce cauta nelle sottili dinamiche del film, che nell’insieme risulta lo spaccato di un mondo a se stante, quasi onirico, sin troppo educato. Soprattutto, riservato agli spettatori pronti a entrarvi: senza far troppo rumore, se possibile, preferendo concentrarsi sui dettagli e i significati che questi ultimi celano tanto affannosamente.

Voto: * * * * *

Eva Barros Campelli

 #IMG#Se questa è una storia d’amore, tu non puoi scappare

The Master è il sesto film di Paul Thomas Anderson ed è una storia d’amore, parola del regista. Presentato all’ultimo festival del Cinema di Venezia (gli interpreti hanno portato a casa la Coppa Volpi ex aequo mentre Paul Thomas Anderson si è aggiudicato miglior regia), il film possedeva una fama che lo precedeva: sembrava dovesse raccontare la genesi di Scientolgy attraverso la figura del fondatore Ron Hubbard. Il regista ha ammesso di essersi ispirato alla figura di Hubbard per il personaggio del maestro, ma il suo non è un film su una setta, almeno non del tutto, è un film su un sentimento, amoroso e conflittuale nella stessa misura.
Freddie, interpretato con ogni cellula del suo corpo e forse anche di più da Joaquin Phoenix, è un ex marine reduce dalla seconda guerra mondiale traumatizzato dai postumi del conflitto. Tenta di sedare la propria inquietudine e furia latente con overdose di sesso e intrugli alcolici da lui stesso preparati; di fatto una vita non riesce a ricostruirsela, prova a fare il fotografo ma puntualmente viene cacciato, prova ad essere gentile ma alla fine finisce sempre in qualche rissa. Evidentemente il nemico non è solo “l’altro”, la bestia più feroce con cui si trova a combattere altri non è che se stesso. E qui l’incontro provvidenziale con il problem solving, forse tarocco forse no, Lancaster Dodd, leader carismatico della CAUSA, questa grande famiglia non di sangue ma di sentimenti, dove, se vuoi, puoi diventare una persona migliore. Come? Combattendo l’animale che è in te, la bestia appunto, domandola, cercando sostanzialmente, attraverso una serie di pratiche più o meno encomiabili, di sfruttare al meglio il tuo potenziale. Dodd offre a Freddy un posto nel mondo, gli dà la possibilità di far parte di “qualcosa di più grande”. Freddy non sa bene di cosa si tratti e, in effetti, specialmente all’inizio, è un ruolo da cavia il suo, ma finalmente si sente meglio e piano piano, da topo in gabbia diventerà il braccio destro del suo mentore. A Paul Thomas Anderson non interessa raccontare morbosamente la manipolazione che Lancaster Dodd esercita su Freddy se non come elemento rivelatore delle fragilità di entrambi. Come Freddy necessita della gabbia dorata che Dodd gli fornisce per ritrovare un’identità, alla stessa maniera Dodd ha bisogno di tenere lui solo la chiave per mantenere il suo status: al di fuori del suo essere “maestro”, sembra non esistere, lo conosciamo bene come “indottrinatore” ma facciamo fatica a distinguere l’essere umano. Freddy, invece, è umano in maniera primitiva, per questo il rapporto tra i due altro non è che una storia d’amore, delle più semplici anche. L’uno ha bisogno dell’altro, trae forza dall’altro e, nello stesso tempo, fa emergere le debolezze dell’altro. I protagonisti sono due uomini soli che si incontrano e che cercano disperatamente di stare insieme, di tenere saldo il loro legame. La CAUSA e le leggi la governano sono solo il teatro di questo rapporto. Se quella di Freddy e Dodd è una storia d’amore, nessuno dei due potrà uscirne davvero, nonostante i disperati tentativi di entrambi. Saranno destinati a rincontrarsi, in qualche modo e da qualche parte, sempre in maniera travolgente.
The Master sfugge a qualsiasi definizione, è un’esperienza e va fatta.
Si ha la sensazione di essere dentro a qualcosa di più grande di un semplice film. Paul Thomas Anderson ci porta nel punto più profondo dell’animo umano, quello dove è buio, dove le corde stridono, e tapparci le orecchie ci servirà proprio a niente.

Voto: * * * *½

Laura Sinceri

 Freddie è un reduce …

Freddie è un reduce della seconda guerra mondiale, frustrato e a un passo dalla pazzia. La sua vita cambierà quando incontrerà Lancaster Dodd; fondatore di una setta che gira assieme alla sua famiglia per tutti gli Stati Uniti. Dodd si spaccia per ‘il maestro’ capace di portare pace e prosperità fra le persone e grazie a questo riesce a pubblicare i propri libri e a tenere numerose conferenze.
Il condizionamento delle menti più fragili, come quella di Freddie, che vengono a essere la facile preda di raffinati imbonitori dotati di idee apparentemente salvifiche quanto nebulose. Pare la realtà, difficile non vedere nelle parole e atteggiamenti di Lancaster Dodd le parole di altrettanti ‘finti maestri’, ma invece siamo di fronte all’ultimo sforzo cinematografico di Paul Thomas Anderson. Questa la breve sintesi di uno dei film più attesi e discussi della stagione ma altrettanto deludente per chi spera di trovare non la redenzione ma una chiara denuncia nei confronti della creazione di sette e culti generati dal nulla. Al contrario troppe le lacune e i dubbi lasciati da parte di un regista che in passato ci aveva abituati a mini capolavori trasversali come Magnolia, Boogie nights e Il Petroliere, ma che questa volta pur avendo una splendida idea a disposizione, introducendola al meglio – l’intellettuale Lancaster Dodd che riesce a sfruttare le incertezze di una nazione ancora scossa per il recente conflitto – non riesce però a svilupparla adeguatamente, pur ricavando due splendide interpretazioni da Joaquin Phoenix, nel ruolo dell’ex marinaio disadattato Freddie, e da Seymour Hoffman, in quella dell’apparentemente pacato Dodd Anderson, viene quindi inevitabilmente rimandato al prossimo sforzo sperando che in futuro non sprechi una altrettanto ghiotta occasione.

Voto: * * *

Ciro Andreotti

Alcuni materiali del film:

CLIP 1

CLIP 2

CLIP 3

CLIP 4

SPOT 30″
TRAILER IN ITALIANO

TRAILER SOTTOTITOLATO IN ITALIANO

SITO UFFICIALE