Il romanzo di Greene e’ del 1995, il film di Mankiewicz e’ di poco successivo (1958) e la forza profetica di Greene esplode infine compiutamente nel film di Philip Noyce, con un Micael Caine stupefacente.
A distanza di tanti anni, quando tutto si e’ compiuto, le metafore della donna asiatica amata dai due uomini, l’attempato inglese e il quieto americano idealista del titolo lasciano il posto alla sequenza degli avvenimenti, a cio’ che fu veramente: analogamente dal primo al secondo tempo del film di Noyce l’attenzione si sposta dalla contemplazione intimista di un tardo amore impossibile ai titoli di giornale che riportano il crescendo dell’impegno americano in Vietnam, consiglieri, appoggi militari, sostegni
economici..tutto quello che sfocera’ nella carneficina in cui lasciarono al pelle 56.000 soldati americani e dieci volte tanti civili vietnamiti.
E’ per via di quella storia della “prima volta tragedia, la seconda farsa” che ancora una volta, come dice Pyle a Fowler. ..”tu non capisci, non riesci a vedere l’intero disegno” ?
Non lo so. Allora il “quiet american” del titolo, un emissario dei servizi di nome Holden Pyle, si occupava del vietnam manovrando la fazione locale per estromettere i francesi e combattere a modo suo il comunismo, adesso l’americano quieto e’ su tutti i telegiornali per combattere il terrorismo, sempre a modo su, e le manovre sottobanco fanno gia’ parte della storia, in attesa di essere riscoperte fra 15 anni, se esistera’ ancora un’industria cinematografica (come i dossier di 14.000 pagine infrattati e rieditati per comodita’ ma senza il capitolo con la lista delle 150 aziende inglesi e americane hanno contravvenuto all’embargo negli anni ’90. Esempi.).
Nei decenni trascorsi il quiet american ha perso un po’ di lucidita’, c’e’ da dire (ha anche perso IL nemico, pero’, ed e’ orfano nel senso piu’ tragico del termine, anche per chi gli sta intorno), mentre non ha perso il fisico superbo da marine superaddestrato che gli presta nel film Brendan Fraser, ne’ la faccia tosta di chiedere in sposa la ragazza vietnamita di fronte al suo fidanzato inglese, arrogante, superbo e consapevole di essere piu’ ricco dei due. Lei non ha voce, ne’ volonta, e’ una che vale per tanti.
Cosi’ come vale per tanti l’uomo che rantola a terra dopo la strage a cui il quiet american ha opportunamente invitato la stampa, mentre in primo piano Pyle si spazzola inutilmente i pantaloni lordati del sangue che ha versato. Vale per tanti anche Pyle, che ci lascera’ personalmente le penne consegnato ai suoi carnefici dall’inglese Fowler al temine della piu’ classica delle prove “se solo avesse dato un segno di pentimento l’avrei salvato”.
E vale per tanti anche Fowler: quello che non prende posizione, il reporter senza opinione propria che rimane nel suo nuovo paese. Di laggiu’ solo i titoli dei suoi articoli ci giungono alla fine, piombo su carta, quotidiani o libri profetici che siano.
Spaceman Spiff (da IAC)