Corea, 2002
Titolo originale: “Resurrection of the little match girl”
Regia: Sun-woo Jang.
Interpreti: Eun-kyeong Lim, Hyun-sung Kim, Jin-pyo Kim, Sing Jin, Gye-nam Myeong, Doo-hong Jung, Ta Kang.
Durata: 2h 04m

Una moderna piccola fiammiferaia vive in un modo virtuale organizzato come un videogioco. Livello dopo livello i giocatori dovranno affrontarla, anche a costo di alterare il sistema.
“eXistenZ” incontra la saga di “Matrix” in questa corsa a perdifiato ordita dal talentuoso Jang Sun-Woo, già regista del diametralmente opposto “Lies – Bugie”, che scandalizzò il festival di Venezia qualche anno fa. Alla base c’è un videogioco con diversi livelli da superare in cui il giocatore deve arrivare al cuore della Matrice per capire cosa è reale e cosa invece virtuale. Nel tortuoso e spesso incomprensibile cammino sono molti i nemici da combattere, tutti interessati ad una giovane e indifesa fiammiferaia, vero motore dell’azione. Basterebbe lasciarla morire di freddo per vincere, ma non è così semplice resistere alla pietà e al fascino della ragazza. Rispetto al film di Cronenberg la sceneggiatura è molto più scombiccherata e non c’è la ricerca di una coerenza narrativa, solo un gusto per l’eccesso che trova sfogo in un innegabile talento visivo. Con “Matrix” il debito è maggiore e si può dire che i fratelli Wachowski attraversino trasversalmente il film, con tutta la parte finale che scimmiotta maldestramente il già babelico “Revolutions”. Unico elemento in aggiunta, e non è poco, l’ironia. A tratti divertente, alla lunga pesante, il film alterna momenti riusciti ad altri semplicemente roboanti. Una simpatica vena caustica smonta i luoghi comuni e tinge di nero lo humor con punte di nonsense. Ma la provocazione non scalfisce, le trovate si fermano all’epidermide e a vincere (almeno in uno dei due finali proposti) è comunque l’amore. Tra le idee più divertenti, uno sgombro che diventa una sofisticata pistola e il personaggio di Lara (un clone dell’eroina virtuale Croft in versiona lesbica) che fa dell’esagerazione la sua forza e passa dal ballo alle arti marziali senza soluzione di continuità. Determinante, al riguardo, la colonna sonora, con una trascinante versione dance di “Besame Mucho” che accompagna in più di un’occasione piroette e capriole degli stunt e l’ennesima “Ave Maria” (personalizzata da Aaron Neville) che sottolinea, con ovvio contrasto, gli impulsi omicidi della giovane fiammiferaia.
Grande lo sfoggio di computer grafica, presente in molte sequenze, ma non sempre convincente il risultato. Le scene più riuscite (gli immancabili voli nei combattimenti) riciclano un immaginario più che collaudato, limitando sul nascere qualsiasi stupore. Estremo, folle, cinico, divertente, frastornante, faticoso, manca di un punto di equilibrio in grado di renderlo digeribile. È non è abbastanza indigeribile da divenire un cult. In patria è stato un flop. Voto: 5

Luca Baroncini