Scheda film
Titolo originale: Plemya

Regia e Sceneggiatura: Myroslav Slaboshpytskiy
Fotografia e Montaggio: Valentyn Vasyanovych
Scenografie: Vlad Odudenko
Costumi: Alena Gres
Suono: Sergiy Stepanskiy
Ucraina/Olanda, 2014 – Drammatico – Durata: 130′
Cast: Grigoriy Fesenko, Yana Novikova, Rosa Babiy, Alexander Dsiadevich, Yaroslav Biletskiy, Ivan Tishko, Alexander Osadchiy
Uscita: 28 maggio 2015
Distribuzione: Officine Ubu

Il silenzio degli indecenti

L’inizio è normale, normalissimo, fin troppo. L’uscita da scuola, probabilmente il primo giorno, con uno studente nuovo arrivato che segue in solitaria l’ordinata massa di studenti che abbandonano l’edificio. Scena silenziosa, oltre il normale, in cui una luce lampeggiante sulla porta fa da spia in tutti i sensi: è un collegio per sordomuti e quella perfezione, tutta apparenza, è l’ultimo esempio di ordine cui assisteremo.
Il ragazzo è Sergey, ultimo acquisto dell’istituto, ed impiegherà poco tempo ad integrarsi nelle distorte dinamiche della scuola: una gang vi spadroneggia, rubando e vessando tutti gli studenti, gestendo perfino un piccolo giro di prostituzione con la collaborazione di due studentesse consenzienti. Il tutto con la connivenza più che silenziosa dei docenti. Conquistata la fiducia dei capetti e, anche in seguito ad una disgrazia, assumerà degli incarichi di responsabilità crescente. Ma l’amore per una delle due ragazze lo porterà in rotta di collisione con la tribù, pagandone tutte le pericolose conseguente. Ma anche la vendetta di Sergey sarà terribile. Ed inesorabile.
Muto, senza parole né musica, solo rumori naturali e mugugni e l’incomprensibile, ai più, lingua dei segni. Per espressa volontà del regista, l’esordiente Myroslav Slaboshpytskiy, già autore di una serie di cortometraggi tra cui il propedeutico Deafness, le cui intenzioni erano quelle di girare un film muto, ma anche contemporaneo e realistico, anni luce distante da opere come ad esempio The artist. “La lingua dei segni è come una danza, un balletto, una pantomima, il teatro kabuki, e così via”, ha dichiarato.
Tutto però assolutamente comprensibile, poiché le azioni mostrate sono spesso direttamente consequenziali alla comunicazione gestuale, mentre quel piccolo scarto di indecifrabile alimenta il senso di straniamento e pure di necessario distacco dello spettatore nei confronti dell’orrore mostrato.
Nella stessa stagione cinematografica in cui dalla Francia arrivata da noi un’originale e divertente commedia su una famiglia di sordomuti alle prese con una figlia aspirante cantante, La famiglia Bélier, dall’Ucraina (e dall’Olanda, co-produttrice) arriva una pellicola di segno diametralmente opposto che non affronta l’handicap con leggerezza, ma quasi lo stigmatizza, senza razzismo alcuno, mostrando come essere diversi dal resto del mondo possa costituire un alibi, se non un pretesto od una giustificazione, per qualsiasi malefatta.
A tratti disturbante – la scena dell’aborto, per quanto girata in campo medio e di lato, è ai limiti del sostenibile e le ultime scene sono a dir poco agghiaccianti nella loro relativa silenziosità – The tribe è ovviamente interpretato da veri attori sordomuti, alcuni dei quali con vissuti simili a quelli narrati, ed è la cruda denuncia di uno spaccato locale, ma estendibile a livello universale, che non risparmia neanche il nostro paese – alle due ragazze viene procurato il passaporto per potersi recare indovinate in quale terra di bengodi?
Da non perdere, anche se non per tutti gli stomaci.

Voto: 7 e ½

Paolo Dallimonti