Scheda film
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Terence Winter
Fotografia: Rodrigo Prieto
Montaggio: Thelma Schoonmaker
Scenografie: Bob Shaw
Costumi: Sandy Powel
Musiche: Robbie Robertson e Randall Poster
USA, 2013 – Biopic/Commedia/Drammatico – Durata: 180′
Cast: Jean Dujardin, Jon Bernthal, Jon Favreau, Jonah Hill, Kyle Chandler, Leonardo DiCaprio, Margot Robbie, Matthew McConaughey, Rob Reiner
Uscita: 23 gennaio 2014
Distribuzione: 01 Distribution
Homo homini lupus
Secondo il luogo comune i soldi non fanno la felicità, ma aiutano; bene secondo Jordan Belfort «i soldi non ti rendono solo la vita migliore, ma anche una persona migliore». Vi starete chiedendo chi sia Jordan Belfort e il miglior modo per scoprirlo è vedere The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese e leggere l’omonimo romanzo scritto dallo stesso Belfort. Sin dai primi fotogrammi si ha la sensazione della jungla umana che di lì a poco si animerà in un ufficio a vetri, apparentemente convenzionale, di quelli fatti con lo stampino, ma sono le persone a essere diverse. Chi la spunterà tra tori, orsi e leoni?
L’ultimo lungometraggio del cineasta americano non trasforma meramente in immagini filmiche una sceneggiatura ben scritta, ma grazie al rinnovato sodalizio con DiCaprio e a un cast artistico e tecnico di altissimo livello, ci trascina nel vortice della vita di un uomo che ha fatto dell’eccesso la sua parola d’ordine senza (inizialmente) accorgersene. L’eccesso è diventato per lui il pane quotidiano, giorno dopo giorno e, in particolare, dopo la svolta frutto di un passo rischioso; ma torniamo all’origine… Un ragazzo della middle class fa capolino a Wall Street e impara subito la regola n°1: «spostare i soldi dalle tasche del cliente alle tue». A pronunciare queste parole è Mark Hanna (un Matthew McConaughey che lascia il segno seppur per pochi minuti), il capo di un ventenne che desiderava fare il broker, ma che non poteva immaginare che per reggere determinati livelli di rendimento fosse indispensabile farsi di cocaina e masturbarsi più volte nell’arco della giornata (due espedienti – sempre secondo il mentore – per allentare la tensione di dover gestire milioni e milioni di dollari).
“Soldi, Soldi, Soldi, tanti soldi/ Beati siano soldi/ I beneamati soldi perché/ Chi ha tanti soldi vive come un pascià/ E a piedi caldi se ne sta” cantava Betty Curtis negli Anni ’60 e chissà se il regista di Quei bravi ragazzi ha mai sentito questa canzone visto il suo amore per l’Italia (e sentire “Gloria” di Umberto Tozzi in un film così fa un certo effetto), ma di sicuro il “buon” Belfort (DiCaprio) li ama eccome quei soldi, a tal punto da volerne sempre di più tanto da dimenticare le proprie radici e attuare la tattica “pump and dump” (pompa e sgonfia) per i comuni mortali che non si sarebbero sognati di entrare in Borsa – «vendevo spazzatura a uomini della spazzatura».
Da giovane “nuovo arrivato” a Wall Street, acquisita la licenza di broker, Belfort si lancia nella sua scalata partendo da un garage e da una squadra di uomini che sapevano vendere fumo (non ancora di parole) e cianfrusaglie varie, pronto ad allevarli secondo le regole della logica “homo homini lupus”. A spiccare tra il branco è il suo vicino di casa, Donnie Azoff (Jonah Hill), un uomo apparentemente ingenuo, ma che saprà scardinare l’immagine di scemo del villaggio guadagnando soldi su soldi.
In affari esistono amici? E l’amore? Sarà il profumo dei soldi a sedurre la bella Naomi (Margot Robbie), eppure quella scia così attraente può svanire da un momento all’altro.
The Wolf of Wall Street ci chiede: a cosa può portare il desiderio smisurato e spasmodico? Probabilmente se l’è chiesto anche il nostro lupo quando ha dovuto fare i conti con se stesso e con coloro che aveva derubato. Noi, dalla poltrona di turno, assistiamo “godendo” di quello spettacolo a 360° perché ci sentiamo immuni da quella lussuria mista ad avarizia, ma non è così e il mix sullo schermo è pronto a sbattercelo in faccia. Movimenti di macchina velocissimi danno corpo a un’azione frenetica in un film dove ogni tassello è studiato per inscenare la vita vorticosa di un uomo che non conosceva il limite, se non nell’ottica di volerlo superare sempre di più. Il binomio ascesa-caduta dell’assodata tradizione gangster, viene, infatti, ribaltato in quanto Belfort non sfugge alla legge, ma la sfiora, la sfida – consciamente e non – cavalcando l’onda dell’illegalità fino a costruirsi la propria punizione.
Dopo Jake LaMotta (Toro scatenato) e Tommy DeVito (Quei bravi ragazzi), Scorsese si lascia affascinare da Jordan Belfort e dal suo essersi fatto corrompere e travolgere in una spirale di soldi, sesso e quaalude1. Forte della storia del cinema che lo precede, il regista di The aviator ci mostra i tanti adepti del broker con un’inquadratura che ricorda La folla di King Vidor e sceglie di omaggiare il cinema italiano de La noia di D. Damiani e di Ménage all’italiana di F. Indovina nell’immagine della donna con le banconote addosso quasi fossero un vestito. Da tempo il rapporto cinema-finanza aveva animato diverse pellicole (vedi, giusto per citarne alcuni, Wall Street di Oliver Stone, Il gioiellino di Andrea Molaioli e Capitalism: A Love Story di Michael Moore), ma mancava una dark comedy con lo stile visivo peculiare del cinema di Scorsese. Al loro quinto film insieme, regista e attore feticcio si mettono in discussione e a servizio di una storia estrema, in cui a far da padrone è, appunto, l’eccesso, un dictat che governa – volente o nolente – lo stesso protagonista.
In un tempo in cui una delle parole più diffuse è “spread” con la gran parte della popolazione che non riesce ancora a capirne il significato e ne subisce soprattutto le conseguenze, un film come The Wolf of Wall Street sembra più attuale che mai. L’emblematica storia di Jordan Belfort fa parte dei corsi e ricorsi storici, di quella linea che dal boom economico precipita col crollo finanziario ed è proprio una messa in scena senza filtri a trasmetterci con vigore che si tratta di una storia individuale particolare, ma, in potenza, potrebbe toccare a tutti. Non possiamo dimenticarci da dove eravamo partiti: Belfort ventenne e aspirante broker, con qualche aspirazione, ma non ancora squalo. Senz’altro, però, se è diventato il lupo di Wall Street delle “doti” speciali le aveva e anche il solo guardare in macchina di DiCaprio seduce chi lo sta guardando, facendoti sentire che si sta rivolgendo solo a te – la medesima arma insegnata ai suoi allievi per farsi dire sì alla proposta finanziaria.
Scorsese, Di Caprio & company ci fan provare così l’altalena del sali e scendi in Borsa come nella vita ed è vero che spesso più rischi, più il potenziale di guadagno si alza, ma, prima o poi, la vita ti chiede il conto.
Voto: 9
Maria Lucia Tangorra
#IMG#Il Lupo è il re della Giungla
Jordan Belfort. Da squattrinato venticinquenne in cerca di gloria a Wolfy, il lupo di Wall Street, il Robin Hood perverso che ruba ai ricchi per dare…a se stesso. Chi ha la fortuna di entrare nel suo Olimpo, non vorrà più uscirne, perché tutto ciò che Jordan tocca diventa oro.
Tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Jordan Belford, The Wolf of Wall Street è la storia della parabola ascendente (e discendente) di un uomo ai limiti dell’onnipotenza, raccontata in prima persona, come a voler rispondere a tutte quelle domande sui ricchi magnati, che non abbiamo mai osato porre. Un’anti-favola in quattro atti: l’ascesa, la svolta esistenziale, l’intrigo e il triste esilio.
Il tutto è ovviamente ambientato negli uffici di Wall Street, raffigurati come bordelli deliranti dove non esistono divieti o proibizioni. Lì dove etica e deontologia lasciano spazio alla fine e diabolica arte della persuasione, vige una sola regola aurea: qualsiasi sia la domanda, la risposta è “il denaro!”.
In questo scenario schizofrenico e concitato, che trasuda oscenità da tutti i pori, i personaggi, tutti regolarmente sopra le righe, si muovono con ossessiva spensieratezza e spavalderia, come padroni del mondo. Nella realtà come nella finzione tutto il cast, che vanta prestigiose comparse, pende dalle labbra di Leonardo di Caprio, che, se possibile, supera se stesso in una performance che non lascia prendere fiato e che potrebbe rappresentare il lasciapassare per l’agognata statuetta.
Lo spettatore che all’inizio del film ha pensato che il Maestro Scorsese avesse voluto tracciare un ritratto satirico della grassa classe dirigente illegalmente arricchita e del decadimento della società, rimarrà forse deluso. Sicuramente soddisfatto sarà, invece, chi si aspettava una commedia degli eccessi. The Wolf of Wall Street è, infatti, una commedia assurda e sofisticata, scevra da particolari intenti satirici. A fare da padrone è un umorismo spietato che non concede break, nel quale emerge ancora una volta tutta l’ecletticità di Scorsese e la sua capacità di trasformare qualsiasi soggetto “in un capolavoro di narrazione visiva”. Se l’essersi spinto un po’ oltre ha causato al film massicci tagli a colpi di censura in varie parti del mondo, è innegabile però che il risultato è un prodotto graffiante destinato a lasciare il segno.
Chi, poi, non apprezzerà “gli eccessi” e penserà che sia stato superato più volte il limite, avrà comunque l’intrascurabile vantaggio di poter guardare con altri occhi la propria giungla lavorativa quotidiana.
Voto: 8
Elisa Arbia
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