un film di ICIAR BOLLAIN
SELEZIONE UFFICIALE
51° FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL CINEMA
SAN SEBASTIAN 2003
L’amor sano e l’amor malato a confronto nelle vite di due sorelle di Toledo, Pilar e Ana.
Parabola del matrimonio infelice della piu’ grande, Pilar, mentre la seconda prepara il suo, il film e’ quasi un documentario, rigoroso nel tratteggiare l’incomprensibile – da fuori – sistema di relazioni per cui si’, si puo’ amare e progettare una vita con qualcuno che ti fa morire di paura ogni volta che entra in casa.
Pilar, la protagonista, compie un lento e ondivago cammino verso la consapevolezza di se’, non tanto grazie alla rabbia esplicita della sorella, quanto alla visione indiretta della sua situazione attraverso le chiacchiere delle amiche e il suo nuovo lavoro di guida in un museo.
All’improvviso, a lei riesce quello che lui non sa fare – nonostante l’aiuto chiesto a uno psicologo: accettare l’idea di una vita da sola, smettere di maltrattare se stessa in nome dell’Amore.
La regista spagnola Iciair Bollain affronta un tema a pesante rischio melassa da film tv grazie alla sapiente costruzione della storia e della messa in scena, a un evidente lavoro di documentazione e a due protagonisti decisamente eccezionali. Seconda bellissima sorpresa spagnola della stagione dopo La vita senza di me, Ti do’ i miei occhi e’ un film in cui rispecchiarsi e ritrovarsi deformati, ma, come Pilar, grazie a questo piu’ consapevoli.
Mafe
Sinossi
Una notte d’inverno, una donna, Pilar, fugge di casa. Porta via con lei solo poche cose e suo figlio, Juan.
Antonio si mette subito a cercarla. Dice che Pilar è la sua luce ed oltre a questo, “le ha dato” i suoi occhi…
Per tutto il corso del film, i personaggi lottano per riscrivere un rigido insieme di regole familiari che stabiliscano che è chi e chi fa cosa. Ma queste regole si basano su nozioni completamente errate. Quando si parla di ‘casa’ bisogna intendere ‘inferno’; quando si parla di ‘amore’, c’è dolore, e laddove queste regole promettono ‘protezione’, in realtà intendono ‘terrore’.
Iciar Bollain
(Regista e Sceneggiatrice)
Nata a Madrid nel 1967, Iciar Bollain ha interpretato i ruoli da protagonista come attrice in più di 15 film tra cui: El Sur (1983), di Víctor Erice; Malaventura (1988), di Manuel Gutiérrez Aragón; Un paraguas para tres (1992), di Felipe Vega; Land and Freedom – Terra e Libertà(1995), di Ken Loach; Leo (2000), di José Luis Borau; e recentemente, Nos miran (2002),di Norberto Pérez, e La balsa de piedra (2002), di George Sluizer.
Il primo film che ha diretto e sceneggiato è stato Hola, ¿estás sola? (1995) che ha vinto il Premio per la Miglior Opera Prima, il Premio del Pubblico, ed una Menzione Speciale dalla Giuria dei Giovani alla 40a Settimana Internazionale del Cinema a Valladolid nel 1995, ha ricevuto inoltre diversi riconoscimenti nazionali e internazionali. Flores de otro mundo (1999), il suo secondo film, ha ricevuto il premio come Miglior Film nella sezione Settimana della Critica al Festival di Cannes 1999.
2004 TI DO I MIEI OCCHI (TE DOY MIS OJOS) è vincitore del premio Goya come Miglior Film, Regia, Sceneggiatura Originale, Miglior Attore, Miglior Attrice, Miglior Attrice non protagonista, Suono.
Fa parte della Producciones La Iguana sin dal 1991, anno in cui è stata creata ,occupando un ruolo attivo nello sviluppo dei progetti della società.
È l’autrice del libro intitolato, Ken Loach, un observador solidario, pubblicato a Novembre 1996 da El País Aguilar.
Commento della regista, Iciar Bollain
Dopo Flores de otro mundo, volevo fare un film più denso e con meno personaggi, il che forse avrebbe significato un film più duro e più intenso. Così per un po’ di tempo, Alicia Luna, co-sceneggiatrice, ed io ci siamo documentate sulle donne maltrattate dai mariti. Scoprimmo che, sebbene questo sia un soggetto ampiamente trattato dai media, molte delle nostre domande restavano senza risposta.
Perché una donna resta per dieci anni con uomo che la picchia? Perché non se ne va? Ma non solo questo. Perché alcune donne insistono addirittura nel dire di essere ancora innamorate? Il fatto di dipendere finanziariamente dal proprio marito non è una ragione valida per spiegare come mai almeno una donna su quattro in Europa e negli Stati Uniti nella sua vita ha avuto una relazione violenta.
Nel corso della nostra ricerca, abbiamo appreso che una delle ragioni principali per cui non se ne vanno è che continuano a sperare che il loro uomo cambi. Ecco perché il nostro personaggio principale è una donna che continua a sperare ogni giorno che l’uomo di cui si era innamorata varchi la porta di casa… Ma chi è quell’uomo? Perché non esiste un profilo standard dell’uomo che picchia la moglie? E perché, per anni, questi uomini abusano dell’unica persona che affermano di amare più di sé stessi?
Ci sono uomini fisicamente violenti. Altri sono anche psicologicamente violenti e sono probabilmente quelli che fanno il danno maggiore. Alcuni sono genuinamente crudeli, mentre altri sono vittime essi stessi, che sanno risolvere un conflitto facendo uso unicamente della violenza, che devono tenere sotto perfetto controllo la persona che amano, che hanno molta paura… e l’uomo del nostro film è così. Qualcuno che ha la fortuna di potersi vedere per quello che è, e cambia.
TI DO I MIEI OCCHI (TE DOY MIS OJOS) è la storia di Pilar e Antonio, ma è anche la storia delle persone che li circondano: una madre che giustifica la situazione, una sorella che non capisce, ed un figlio che vede tutto ma non dice niente. La città di Toledo con i suoi splendori artistici e la sua importanza storica e religiosa, aggiunge un’altra dimensione a questa storia d’amore, di paura, controllo e potere.
Gli attori
Per il personaggio di Pilar, abbiamo visto moltissime attrici fantastiche. È stato un processo molto lungo. È un personaggio con il problema enorme di non sapere chi è. Pilar non dice ciò che pensa o che sente perché non lo sa. È una donna che non è sé stessa. Come spiegare ad un attrice di recitare questo? È anche una donna che cresce e che cambia, all’inizio è completamente persa mentre alla fine, quando rinasce, è più sicura di sé.
Laia Marull è capace di sembrare fragile e forte allo stesso tempo. È capace di sembrare sconvolta o assolutamente bellissima, con uno splendore che le viene dall’interno. È un’attrice molto valida che sa come fondere l’esperienza con dei sentimenti forti, le sue emozioni sono costantemente in superfice.
Anche il personaggio di Luis Tosar è molto difficile perché è un personaggio che, da vero bruto che non capisce niente, si evolve e comincia a vedere le cose in maniera diversa. È capace di essere gentile e poi cambiare improvvisamente, diventando scontroso, imprevedibile… Luis ha contribuito a dare un infinità di sfumature al personaggio di Antonio. Credo che entrambi siano attori molto coraggiosi che si sono immersi totalmente nelle scene.
Candela Peña dà forza e grande tenerezza al personaggio che rappresenta tutti coloro che vorrebbero aiutare ma non sanno come, perché sotto sotto, non riescono a comprendere queste persone. Nonostante tutte le sue buone intenzioni, Ana non riesce ad aiutare sua sorella perché non la capisce, perché cerca di semplificare qualcosa che in realtà è molto complesso. Siamo tutti un po’ come Candela.
Rosa María Sardá si è generosamente fatta carico del ruolo ingrato di interpretare il personaggio che mette a tacere il problema, che lo giustifica, come è stato fatto per tantissimi anni.