I maggiori festival internazionali hanno ampiamente dimostrato l’avanzata della cinematografia orientale, che pare anticipare o fare proprie regole e cliche’ del cinema occidentale per avvolgerli e stravolgerli in un originale stile, amalgama di radici culturali diverse e sofisticata tecnologia. E questo “Time and tide”, del cantonese Tsui Hark, ne e’ una conferma. Una storia in fondo banale di bande rivali nel sottobosco malavitoso di Hong Kong, diventa un delirante gioco visivo, piu’ divertente che coinvolgente, capace di trasportare lontano, nel mondo della fantasia, dove le cose accadono senza la necessità di un perché in grado di spiegarle rendendole concrete. E giocare, almeno per un po’, e’ divertente. Gli inseguimenti, gli scontri, i combattimenti, si susseguono con ritmo frenetico e spettacolare, trasformando alcune sequenze in balletti acrobatici degni di un musical. Anche i personaggi, nonostante la frequente mancanza di punti narrativi di appoggio in grado di rendere comprensibile la trama, hanno comunque una forte personalità che rende interessante il loro destino. Dopo un po’ il gioco perde in freschezza e, soprattutto nella buia e ripetitiva parte finale, il ritmo più che travolgere, stordisce, ma resta comunque una sensazione di divertimento filtrata da una cultura lontana che può non convincere, ma non lascia certo indifferenti.
Luca Baroncini de “Gli Spietati”