Scheda film
Regia e Fotografia: Alberto Fasulo
Sceneggiatura: Enrico Vecchi, Carlo Arciero, Branko Završan, Alberto Fasulo
Montaggio: Johannes Hiroshi Nakajima
Suono: Luca Bertolin e Igor Francescutti
Italia/Croazia, 2013 – Drammatico – Durata: 90′
Cast: Branko Završan, Lučka Počkaj, Maijan Šestak
Uscita: 27 febbraio 2014
Distribuzione: Tucker Film
Sale: 14
Sull’asfalto
Branko ha da poco cambiato vita lasciando il suo lavoro come insegnante a Rijeka e diventando camionista per un’azienda di trasporti italiana: il suo stipendio è triplicato ma la quotidianità sulla strada è massacrante, tra ritmi di consegna forsennati, tabelle di marcia serratissime e condizioni di viaggio difficili. Ai disagi della professione se ne aggiunge un altro, prevedibile ma non per questo meno invalidante: la lontananza dalla famiglia, con cui mantiene approssimativamente i contatti attraverso fugaci conversazioni telefoniche. Tuttavia Branko non sembra aver alcuna intenzione di cedere e di ritornare sui suoi passi, malgrado dubbi e incertezze si facciano spesso molto ingombranti.
Continua il periodo d’oro per il “cinema del reale” targato Italia: dopo l’insperato e inatteso successo di Gianfranco Rosi alla Settantesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia con il suo Sacro Gra, anche il Festival del Film di Roma ha incoronato un esperimento di contaminazione fra elementi documentaristici e di finzione, nato dopo cinque anni di ricerca durante i quali il regista ha viaggiato lungo le maggiori strade e autostrade d’Europa a bordo di tir, autocarri e autoarticolati, accumulando storie e materiale. Tir di Alberto Fasulo è un progetto “on the road”, che racconta un non-luogo come quello della strada inscrivendolo nella descrizione dell’universo (umanissimo) che lo popola: immergendosi nella quotidianità trascorsa dietro a un volante – scandita dalle operazioni di carico e scarico – il regista, traendo linfa vitale dalla contestualizzazione professionale su cui è costruito lo sviluppo narrativo, punta l’obiettivo sull’isolamento, la solitudine e le sue inquietudini, ruotando attorno a quello che il regista ha definito un “paradosso”, “quello di un lavoro che ti porta a vivere lontano dalle persone care per cui, in fondo, stai lavorando”. La macchina da presa irrompe nella cabina di guida, si affianca a Branko (e al suo collega, più giovane e più insofferente rispetto alle logiche del mestiere) e si rende partecipe delle tante sfumature delle sue giornate, cogliendone i momenti di leggerezza e di sconforto. È un puzzle intenso e coerente nel suo sviluppo quello portato sullo schermo da Tir, progetto ambizioso che mai però sfocia nella leziosità dell’esercizio di stile o di “genere”: Fasulo, dopo aver raccontato il nord-est italiano seguendo il corso del fiume Tagliamento (Rumore Bianco), continua a prediligere il confronto con il silenzio, le assenze, l’alienazione e lo fa sfruttando un linguaggio che trasmigra con rigorosità dal mondo del documentario, rendendo sempre più impalpabile il confine tra ciò che è reale e ciò che è ricostruito e rielaborato.
C’è grande compostezza e un forte senso del rigore alla base dello sviluppo del film, che si inserisce trasversalmente nell’ambito della crisi economica che da anni ormai flagella i mercati internazionali, spostando i baricentri della politica industriale e dando vita a nuove dinamiche economiche: Tir punta i riflettori sull’uomo e sul lavoratore, indagando anche tutte le ripercussioni che le rinnovate logiche della competitività e del profitto producono insinuandosi nei vari equilibri aziendali. Fasulo non si lancia in pindariche panoramiche sul capitalismo e le sue degenerazioni ma nel restituire tridimensionalità all’ambiente in cui si muove il protagonista (interpretato dall’ottimo Branko Završan), non manca di tratteggiare un ritratto a tutto tondo, che finisce per inglobare anche riflessioni sul mercato professionale contemporaneo, sull’evoluzione del ruolo del lavoratore: imperfetto ma non per questo meno affascinante, Tir racconta l’invisibilità con un’ossimorica ruvida dolcezza, assorbendo i ritmi della strada e tratteggiando un ritratto sensibile di una condizione umana e sociale, nel cuore dei giganti di lamiera che scivolano su infinite lingue di asfalto.
Voto: 7
Priscilla Caporro