Scheda film
Regia: John Curran
Soggetto: dal libro di Robyn Davidson
Sceneggiatura: Marion Nelson
Fotografia: Mandy Walker
Montaggio: Alexandre de Franceschi
Scenografie: Melinda Doring
Costumi: Marriott Kerr
Musiche: Garth Stevenson
Australia, 2013 – Drammatico/Avventura – Durata: 112′
Cast: Mia Wasikowska, Adam Driver, Emma Booth, Jessica Tovey, Melanie Zanetti, Rainer Bock, Lily Pearl
Uscita: 30 aprile 2014
Distribuzione: BIM
Il deserto dell’anima
Tratto da una storia vera. Nel 1977 la giovane Robyn Davidson (Mia Wasikowska) decide senza un reale motivo – “Perché no?!”, risponderà a chi glielo chiederà – di attraversare a piedi il deserto australiano per 1700 miglia, in compagnia di soli quattro cammelli e di un cane fedele. Appoggiata dalla rivista “National Geographic”, riceverà appena la compagnia saltuaria del fotografo Rick Smolan (Adam Driver), con cui avrà una breve relazione, ed affronterà una sfida soprattutto con se stessa ed i propri fantasmi…
Quella intrapresa da John Curran, già autore tra gli altri de Il velo dipinto, è una prova superiore solo a quella tentata all’epoca dalla Davidson: un film con un’attrice quasi sempre sola sullo schermo in mezzo al nulla, con la poco amichevole partecipazione di una natura selvaggia e sporadica e di qualche animale più o meno amichevole. Pur con la fattiva collaborazione del regista, la pellicola è comunque interamente sulle spalle dell’ottima Wasikowska, che regala una straordinaria performance d’attrice come mai aveva fatto finora. Una sfida che può confermarsi perciò ampiamente riuscita.
Pura e splendida catarsi, come rivelerà l’emozionante bagno in mare finale, l’interminabile camminata della protagonista può essere ammirata così com’è o può anche venir letta come limpida metafora di un viaggio interiore. Il film potrebbe anche non essere immune da molteplici critiche, per via di qualche ingenuità narrativa – che non riveleremo per tema di spoiler – per essere forse un po’ troppo patinato e per apparire in più punti estremamente pretestuoso, ma la sua forza, nel perfetto connubio tra ciò che viene mostrato sullo schermo e le musiche di Garth Stevenson, è talmente coinvolgente da far tralasciare ogni benché minimo difetto.
Come raramente accade, le immagini della vera Robyn Davidson che scorrono nei titoli di coda, ossia le foto scattatele lungo il viaggio per il “National Geographic”, non solo non smentiscono l’intero film, facendoci rimpiangere come in altri casi un bel documentario, ma aggiungono forza, emozione e verità a quanto abbiamo assistito commossi fin là.
Voto: 7 e ½
Paolo Dallimonti