Oltre 130 film, tra anteprime italiane ed eventi speciali, concorsi internazionali e sezioni tematiche, per indagare e incontrare la realtà oltre i confini, l’immaginario apolide di un mondo in fermento, in cerca di presente e futuro, per ricostruire il recente passato degli anni Novanta nei Paesi balcanici.
Appuntamento con il 36. Trieste Film Festival dal 16 al 24 gennaio: diretto da Nicoletta Romeo, il primo e principale appuntamento italiano dedicato al cinema dell’Europa centro orientale, nato alla vigilia della caduta del Muro di Berlino, continua a essere un osservatorio privilegiato su cinematografie e autori da scoprire, con i nomi più interessanti del cinema europeo.
Spiega la direttrice del festival: “Il tema della famiglia e dei legami familiari quest’anno sembra un Leitmotiv trasversale che unisce tanti dei film in programma in questa 36ma edizione del Trieste Film Festival: famiglie disfunzionali, queer, fluide, bigotte, famiglie-prigioni, famiglie come rifugio e famiglie allargate. La famiglia viene messa alla berlina come istituzione, con tutti i meccanismi inceppati di una struttura archetipica potente, che tuttavia non sembra rispondere sempre ai bisogni e ai desideri degli individui che ne fanno parte. Ma a volte è anche l’unico luogo di salvezza nelle società disgregate, ed è sempre davanti alla morte che i legami si rinsaldano, e i vecchi rancori passano in secondo piano”.
78 dana /78 days (Emilia Gašić). Poco prima che il padre venga arruolato durante il bombardamento della Serbia da parte della NATO nel 1999, le sorelle Sonja e Dragana iniziano un video-diario con una videocamera amatoriale. Filmano la natura che le circonda, il cielo notturno durante i raid aerei e gli scherzi fatti a Tijana, la sorella di 7 anni. Le cose cambiano quando un misterioso ragazzo e la sua timida sorella arrivano da Belgrado e si trasferiscono nella casa dei vicini. Le nuove amicizie, i primi baci e le prime delusioni prendono il sopravvento sulla paura delle bombe… Girato in Hi8, il film serbo è stato in giro in numerosi festival internazionali, facendo incetta di premi. Nelle sue sembianza di documentario, che sorprendentemente non è, benché a volte volutamente si tradisca, questo coming-of-age ci rammenta la forza del cinema contro la guerra e la potenza dell’infanzia di essere spensierata, finché c’è vita, in ogni circostanza. Meta-realista. Wild roses. Voto: 8
Faruk (Aslı Özge). Faruk, 90 anni compiuti, diventa il protagonista del film che sua figlia sta girando sull’imminente demolizione del suo condominio a Istanbul. Una storia di finzione sulla gentrificazione e il racconto di un complesso rapporto padre-figlia, nonché una critica senza false inibizioni verso il mondo del cinema. Presentato alla Berlinale 2024, nella sezione Panorama, dove ha vinto il Premio FIPRESCI, il film ha un protagonista eccezionale, con la sua maschera vera che sembra finta, impassibile a tutto quello che gli accade intorno. Anti-senile. Fuori dagli sche(r)mi. Voto: 7 e ½
Kada je zazvonio telefon/When the phone rang/Quando il telefono suonò (Iva Radivojevic). Attraverso l’intima ricostruzione di una telefonata importante, il film indaga la dislocazione e la natura del ricordo. Nella mente della protagonista undicenne una telefonata cancella l’intero paese, la storia e l’identità… Film molto curato, sia dal punto di vista registico che da quello della direzione della fotografia, ma non tutte le metafore vanno a buon segno. Interessante la reiterazione della telefonata, manon sempre riesce a catturare l’attenzione dello spettatore. Menzione speciale nella sezione Cineasti del presente al festival di Locarno 2024. Telefonato. Wild roses. Voto: 6 e ½
Dal nostro inviato Paolo Dallimonti