Recensione n.1
“Per Troia!”
Un urlo sintetizza l’essenza del film. E’ Ettore che, come Aragorn ne “Il ritorno del Re” (che grida “Per Frodo!”), guida la città greca nella battaglia contro gli Achei condotti da Agamennone.
Il film di Petersen ha la sua forza negli scontri frontali fra le truppe, e ancora di più nei duelli fra i singoli guerrieri. E Achille, direte voi? Achille è lì pronto ad entrare in scena come solo un semidio potrbbe fare. Sì, Brad Pitt è greco nel cuore e nel fisico, e si presenta sullo schermo con un phisique du role degno del nome del personaggio che interpreta. Il problema subentra quando i primi piani si fanno sempre più stretti (pensato per DVD e televisione?) e il nostro simpatico palestrato dagli occhi belli, non riesce a mostrare espressioni se non quelle da copertina.di Vogue.
Il film, tuttavia, scorre nei suoi 163 minuti senza troppi problemi con una maestosità degna di una grande produzione hollywoodiana quale è, e racconta, ispirandosi all’”Iliade” le gesta di uomini d’onore che hanno l’obiettivo di difendere la propria patria e fare valere la propia forza. Agammenone vuole conquistare l’ultimo baluardo rimasto al di fuori del suo regno, Achille brama per dimostrare il suo valore e Ettore è disposto a morire per Troia e per i suoi valori. Il resto è mito.
Nonostante “Troy” sia un po’ troppo soap opera in alcune sue sequenze (Briseide, cugina di Ettore e amante di Achille dice a Pitt:”Credevo tu fossi un bruto. Un bruto avrei anche potuto perdonarlo.”) , è un lungo videogame di guerra che si lascia vedere, pensando poi che il grande schermo ne esalta soprattutto le qualità e ne può mascherare i difetti. Erica Bana vince il testa a testa con Brad Pitt, ed è anche più simpatico. Lo spettatore (soprattutto se maschio) farà il tifo per lui, che sembra avere ancora una punta di bontà, in mezzo a un gruppo di grezzi omaccioni che sembrano non avere altro pensiero dal conquistare città e soddisfare donne. Non si può negare che questo tipo di cinema è sempre coinvolgente, e il nostro consiglio è quello di passare sopra a tutte le inasettezze storiche e lasciarsi andare alle facili emozioni. Ai più critici non piacerà, ma non bisogna distruggere uno dei motivi per cui la settima arte è stata inventata, l’intrattenimento.
Mattia Nicoletti
Recensione n.2
TROY: DISTRUZIONE DI UNA CITTA’ (E DEL CINEMA)
L’Iliade secondo Hollywood.
E verrebbe da dire C’era una volta l’Iliade, come a sottolineare una netta separazione fra lo scritto omerico e il kolossal americano. Una guerra durata (nel mito) per anni è riassunta, con le dovute (ed ingiustificabili) approssimazioni, in quasi tre ore di autentico eroismo da quattro soldi. Wolfgang Petersen, regista mediocre, ha firmato il suo più grande lavoro, economicamente parlando, e come tradizione esige, ha depurato dell’opera grandiosa, maestosa ed irripetibile di Omero tutto ciò che più ha appassionato i lettori dello scrittore greco. Brad Pitt, Achille noioso e fastidioso, delude con un’interpretazione che sembra prediligere i muscoli piuttosto che il cervello. Una musica pomposa e per niente originale, in continua tensione nello scimmiottare le melodie de Il gladiatore, ci accompagna per tutta la durata del film, molto, troppo lungo. Troy è un’operazione atta a imborghesire ciò che di nobile conteneva l’Iliade, con una tecnica volta a far immedesimare lo spettatore nei personaggi. La spettacolarità degli effetti speciali non stupisce, forse perché la narrazione è priva di ironia, unica scorciatoia per non cadere nel ridicolo. E c’è una forte differenza fra ironico e ridicolo.
Uniche note positive sono l’interpretazione di Eric Bana, Brian Cox e Peter O’Toole. Nient’altro. Petersen non poteva fare di peggio.
(Scrivo dopo aver anche visto l’ultimo Hulk, bello, piacevole sorpresa, sottovalutato, esempio di come si possa giocare con le immagini. Ang Lee, che non è americano l’ha capito, Peterson ancora no, sembra un infante alle prese con Dostoevskij).
Durante la visione pensavo ad un possibile riferimento alla guerra in Iraq, ma all’apparire del viso di Elena, tutte le mie supposizioni svanivano in un misto di riso e pianto. L’uno per il film. L’altro per il cinema.
Andrea Fontana
Recensione n.3
L’avanzata del genere “peplum”, tornato a vita nuova con “Il Gladiatore”, procede inarrestabile. Se, pero’, il film di Ridley Scott metteva in scena un drammone totalmente inventato con solo qualche attinenza a cio’ che la storia ci ha tramandato, l’operazione compiuta dal tedesco Wolfgang Petersen e’ molto piu’ rischiosa, perche’ si appropria di un testo letterario, l'”Iliade” di Omero, che la Storia la racconta. Questa origine, da un lato mette in risalto la grossolanita’ di certe scelte di revisione operate dal giovane David Benioff, gia’ sceneggiatore di “La 25ma ora”, dall’altro ha il pregio di collegarsi ad un immaginario solo appena un po’ insabbiato nell’archivio dei ricordi ma facilmente riconoscibile. In fondo, soprattutto in Europa, molti si sono ritrovati tra le mani il poema omerico nel corso della propria formazione scolastica, e riscoprirne i personaggi sullo schermo ha il sapore di una rimpatriata (ed e’ ovviamente a questo che devono avere pensato i produttori). E’ quindi senza troppe pretese di coerenza storica, e con la voglia soprattutto di staccare la spina dal quotidiano, che e’ consigliabile avvicinarsi al kolossal di Petersen per gustarne appieno le sottese motivazioni di intrattenimento. E come giocattolone, il che non e’ per forza un’offesa, il film funziona a meraviglia: grandi battaglie, conflitti insanabili, amori tormentati, celebrati, naturalmente, da un cast altisonante. La sceneggiatura, oltre a semplificare, aggiungere e togliere a suo piacimento, riesce a creare almeno due personaggi in cui credere: Achille, l’eroe greco per eccellenza, ed Ettore, il figlio di Priamo re di Troia. Il primo trova in Brad Pitt una calzante aderenza fisica, ma il personaggio si suppone ben piu’ espressivo del divo americano, a suo agio nei combattimenti ma bamboleggiante e incolore sprovvisto di spada. Ettore trova invece in Eric Bana, gia’ Hulk per Ang Lee, un degno interprete, comunicativo e versatile. Tra gli altri, nota di demerito per Orlando Bloom, che senza le orecchie a punta del tolkeniano Legolas sembra spaesato e non emana alcun carisma, e promozione per la bionda Diane Kruger, che deve essere soprattutto bella ma prova anche, con moderazione, a fare altro. Tra i punti di forza del film, il respiro epico dei corpo a corpo in cui si confrontano piu’ volte i protagonisti; gli scontri si seguono con trepidazione, liberi finalmente dagli invadenti effetti digitali che cedono il passo all’abilita’ registica di Petersen, forse non un “Autore” ma sicuramente un ottimo professionista (e anche questo non e’ per forza un male). Le panoramiche delle battaglie e le imponenti scene di massa, invece, tradiscono in piu’ di un’occasione la loro origine di sintesi e finiscono per risultare piu’ spettacolari che realmente avvincenti. Tra i punti deboli, la conversione di Achille all’amore (contentino davvero eccessivo al pubblico), la sua morte, con una goffa e tutt’altro che mitica caduta di Pitt a terra (roba da recita delle scuole Medie) e la colonna sonora di James Horner (subentrato all’ultimo momento a Gabriel Yared) che pare ispirata soprattutto a sonorita’ e vocalizzi creati da Hans Zimmer per “Il gladiatore”. Ma l’insieme scorre in fluidita’, lancia frecce semplici e chiare ma non per forza banali e si lascia vedere tutto d’un fiato sgranocchiando pop-corn (e non si capisce bene per quale motivo sarebbe necessario vergognarsene).
Luca Baroncini (da www.spietati.it)