Regia: Chazz Palminteri
Sceneggiatura: David Hubbard
Fotografia: Russell Carpenter
Montaggio: Susan E. Morse
Musica: Alan Menken
Anno: 2004 Nazione
Cast: Alan Arkin, Paul Walker, Marcus Thomas, Penelope Cruz, Robin Williams, Susan Sarandon

I buoni sentimenti che ispirano il Natale sono ben noti, ma un anno è passato e se dovessimo esserci dimenticati di ciò che si respira, a aiutarci a ricordare c’è Chazz Palminteri, che al suo debutto come regista, confeziona un bel pacco natalizio da mettere sotto l’albero per allietare gli spettatori in questi giorni che precedono la più grande festa religiosa dell’anno. “Un amore sotto l’albero” (in originale, Noel) parla di cinque storie che vengono vissute parallelamente, a volte si sfiorano, a volte si toccano. Rose (Susan Sarandon) è un editor che dopo il divorzio vive nella solitudine accudendo la madre malata di Alzheimer in ospedale, la quale nemmeno la riconosce. Nina (Penelope Cruz) è una giovane ragazza che sembra aver incontrato il principe azzurro, il poliziotto Mike (Paul Walker), ma le sue esasperate e ridicole scenate di gelosia la fanno tentennare più volte e alla fine decide di lasciarlo. Jules (Marcus Thomas) è un povero ragazzo che vive miseramente e con pochi amici, forse sbagliati, e l’unico ricordo felice lo ha all’età di quattordici anni quando fu costretto a passare il Natale in ospedale e fu organizzata una grande festa. Artie (Alan Arkin) è un anziano cameriere che vedendo Mike in un bar sembra riconoscerlo e lo segue fino a casa per chiedergli qualcosa.
Sono cinque personaggi accomunati da un forte senso di solitudine, disagio e incertezza. La malinconia dell’animo umano ben rappresentata dalle vicende dei personaggi contrasta con la bellissima, scintillante, addobbata a festa, città di New York, dove è ambientata tutta la storia (anche se il film è stato girato a Montral). Se si potesse azzardare un richiamo letterario, sarebbe da citare “I morti”, ultimo racconto di Dubliners, di Joyce. Stesse inquietudini, forti richiami (indiretti) alla morte, all’interno del festoso contesto natalizio.
Nel film, angeli di porcellana e palle colorate di Natale si alternano a lacrime di disperazione e piccole nevrosi che proprio durante la vigilia di Natale trovano modo di accadere.
La cosa che salta subito all’occhio è un esasperato buonismo, uno strato (ben spesso) di zucchero ricopre ogni singola frase (la sceneggiatura è firmata David Hubbard), ogni singolo gesto e ogni piccola espressione. Persino la bravissima Susan Sarandon, di fronte a tanto mielismo scivola in un’interpretazione artificiale. Troppo buonismo stona. Anche a Natale.
Si avverte una mano esterna che obbliga i personaggi ad una solidarietà sfacciata e innaturale.
Poco male se il regista vuole trasmettere redenzione, spiritualità, perdono e carità. Quello che esprime è semplicemente un’accozzaglia di piccole storie zuccherose e mal collegate tra loro.

Un intreccio che resta sospeso e superficiale, quando invece alcuni elementi potevano diventare buoni spunti da sviluppare, come la visita di Rose alla casa dei parenti di Nina, o quella di Artie alla casa di Mike (interrotta da un’inutile visita del collega con annesse ragazze per passare la serata. Alquanto banale e scontato).
L’unica interpretazione degna di rilievo, oltre alla già citata Sarandon, è proprio quella di Artie. Un anziano strano, misterioso, un personaggio a metà tra ironia e commiserazione, non si sa se compiangerlo o ridere di lui. Inutile dire che il richiamo a “La vita è meravigliosa “ di Frank Capra è stato un esperimento alquanto mal riuscito. Peccato, considerando che, a parte il cast degno di nota (è presente anche Robin Williams), la fotografia è di Russell Carpenter (Titanic) e le musiche di Alan Menken, pluripremiato all’Oscar con La sirenetta, La bella e la bestia e Aladdin.

Marta Fresolone