Scheda film

Regia: Peter Howitt
Sceneggiatura: Peter A. Dowling
Fotografia: Brian Pearson
Montaggio: Richard Schwadel, CCE
Costumi: Patti Henderson
Casting: Candice Elzinga
Musiche: James Jandrisch
USA, 2014 – Thriller – Durata: ’90
Cast: Dominic Cooper, Gloria Reuben, Ryan Robbins, Erin Karpluk, Dylan Taylor. «continua Samuel L. Jackson, Philippe Brenninkmeyer, John B. Lowe, Will Woytowich, Jessica Burleson, Lane Styles, Dean Harder, Kelly Wolfman, Gabriel Daniels, David Duncan, Verity Marks, Chris Witkowski II
Uscita: 6 marzo 2014
Distribuzione: Adler Entertainment

 Nei panni di… un carnefice

Qual’ è la linea di demarcazione tra un uomo e un assassino? E’ mai possibile che tale linea sia così sottile da poter essere superata per l’intervento di condizionamenti della società o addirittura del fato?
Dominic Cooper, che molti di noi ricorderanno ballare con pinne e maschera sulle note di “Lay all your love on me” nel film Mamma mia, interpreta il ruolo di Mitch, un giovane e brillante procuratore che affronta e vince le sue cause nella convinzione che non sia né la società né il fato a rendere un uomo un criminale, ma semplicemente il suo modo di essere. Persuaso di ciò, incalza con veemenza la giuria, poiché “se si devono indossare i panni di qualcuno, quelli sono i panni della vittima!”. Ma la realtà che Mitch è costretto a scoprire sulla propria pelle, vestendo per una volta i panni del carnefice, è che la colpevolezza e l’innocenza delle aule di giustizia, misurate sulla base del criterio del ragionevole dubbio, sono ben lontane dalla verità assoluta.
A mettere in crisi le convinzioni del procuratore è un meccanico di colore che sembra essersi trovato nel luogo sbagliato al momento sbagliato. A fare da polo opposto è infatti il pluriacclamato Samuel L. Jackson che, in una veste un po’ dimessa, interpreta senza troppa enfasi il ruolo di Clinton Davis (vittima o carnefice?).
Punti deboli se ne contano più d’uno. Una colonna sonora piuttosto demodé, a tratti addirittura “didascalica”. Una regia poco esaltante – il che spiega forse perché Peter Howitt, regista di Sliding Doors, abbia preferito celarsi dietro lo pseudonimo Peter P. Croudins. Per non parlare poi dei cambi scena, ripetitivi e scontati, e il finale, piatto e insoddisfacente, che si addirebbero più a una puntata di Criminal Minds piuttosto che a un film da grande schermo.
Se l’idea generale è dunque che siano stati fatti “i compiti a casa”, ad onore del vero non può trascurarsi l’ottima interpretazione di Dominic Cooper, l’originalità (più o meno) della sceneggiatoria, e l’apprezzabile continenza (il film dura appena 90 minuti) che rendono, tutto sommato, il film piacevole e non esente da (brevi e fugaci) picchi di suspense fino al verdetto finale. 

Voto: 5

Elisa Arbia