Scheda film

Regia: Måns Mårlind, Björn Stein
Soggetto: Len Wiseman
Sceneggiatura: Len Wiseman, John Hlavin, J. Michael Straczynski, Allison Burnett
Fotografia: Scott Kevan
Scenografia: Claude Parè
Montaggio: Jeff McEvoy
Costumi: Monique Prudhomme
Musiche: Paul Haslinger
USA, 2012 – Horror – Durata: 88′
Cast: Kate Beckinsale, Stephen Rea, Michael Ealy, Theo James, India Eisley, Sandrine Holt, Charles Dance
Uscita: 20 gennaio 2012
Distribuzione: Sony Pictures Italia

 Il genere umano…

Il genere umano ha scoperto l’esistenza sia dei vampiri che dei Lycan, scatenando una guerra per sterminare entrambe le specie. Selene viene catturata e, risvegliandosi dopo dodici anni di sospensione criogenica, scopre di aver partorito una figlia, Eve, nata dall’unione con Michael.
Secondo sequel di Underworld, Underworld: Il Risveglio è affidato agli svedesi Mårlind e Stein, già registi del mediocre Shelter. Il prequel Rise of the Lycans era il più debole della serie e soffriva dell’assenza della Selene di Kate Beckinsale. Si dà infatti il caso che Beckinsale “sia” Underworld, un po’ come Tom Cruise è Mission: Impossible. Con la saggezza che lascia presagire il suo cognome, lo sceneggiatore Len Wiseman insieme al collega John Hlavin hanno deciso di far tornare in pista la protagonista principale, senza di cui la saga non ha una gran ragione di esistere. Naturalmente sarebbe superfluo attendersi grandi novità da quest’ultimo capitolo, ma gli estimatori del genere potranno ritenersi ragionevolmente soddisfatti.
Negli ultimi anni la figura del vampiro al cinema è stata declinata in molti modi, dai mostri mutanti di Priest alle belve assetate di sangue di 30 giorni di notte, fino ad arrivare ai succhiasangue da multinazionale di Daybreakers, ma purtroppo quelli che hanno inciso di più sono quelli in stile “Harmony” di Twilight, buoni per adolescenti con gli ormoni in subbuglio. La serie di Underworld ha almeno il merito di escogitare un’alternativa plausibile a tanto profluvio di saccarina, pur se debitrice per temi e atmosfere verso il “World of Darkness” della White Wolf.
Seguendo i canoni della serialità, dopo un prologo che riassume gli avvenimenti precedenti per chi non avesse fatto i compiti a casa, in quest’ultimo episodio Selene scopre di avere addirittura una figlia, un ibrido tra vampiro e Lycan che potrebbe possedere straordinari poteri. Madre e figlia sono tenute prigioniere e usate come cavie da laboratorio dagli scienziati della Antigen, una compagnia che sta sviluppando il siero definitivo contro Lycan e vampiri. I fini della Antigen, guidata dal dottor Jacob Lane, si riveleranno alla fine molto diversi da quanto lasciato intendere, ma questo è meglio lasciarlo scoprire allo spettatore. Quello che importa è che i pochi vampiri superstiti si sono ritirati in rifugi sotterranei e hanno perso la voglia di combattere, rassegnandosi a una inane sopravvivenza. Il ritorno di Selene, che alcuni considerano una traditrice della sua razza sia per l’uccisione di Marcus che per l’unione con Michael, risveglia la coscienza del vampiro David, il quale si unisce a lei per combattere la Antigen e salvare Eve. All’estemporanea coppia si aggiunge Sebastian, un detective che ha perduto la moglie-vampira durante la guerra con gli umani.
Naturalmente la trama non importa più di tanto, e anche l’inattesa maternità di Selene non aggiunge granchè al personaggio, assolvendo alla mera funzione di motivare la sequela di scontri tra Lycan, umani e vampiri. Scontri in cui Beckinsale, inguainata nella tradizionale tutina di latex atta a scatenare fantasie adolescenziali, primeggia come al solito, sgominando con letale e coreografica precisione orde di lupi mannari, esseri notoriamente afflitti da un forte deficit neuronale. E proprio un Lycan geneticamente modificato è l’antagonista principale dell’eroina. Immune all’argento e grosso come una casa, il Super Lycan darà del filo da torcere persino a lei.
La fotografia dark e desaturata di Scott Kevan, in linea con gli altri episodi, è basilare nel conferire atmosfera all’insieme, così come le suggestive scenografie di Claude Parè, il quale passa dagli arabeschi liberty dell’originale al grigiore dell’edilizia di stampo socialista, utilizzando edifici di Vancouver. Realizzato con le nuove macchine da presa Epic di Red ad altissima risoluzione, il 3D è funzionale ma nulla di più, lasciando con il sospetto che un’applicazione sensata di questa tecnologia sia ancora tutta da scoprire. A parte l’ottima Kate Beckinsale, fra gli attori si segnala il compassato Stephen Rea, distaccatosi per un attimo da Neil Jordan, nel ruolo del dottor Lane, genetista con parecchi scheletri nell’armadio. La regia di Mårlind & Stein, di buona ma indefinita professionalità, è al servizio della saga, dato che i dettami di fedeltà al franchise prevalgono sulle velleità individuali.

Voto: * * *¼

Nicola Picchi