Scheda film

Regia, Soggetto e Sceneggiatura: Juan Diego Solanas
Fotografia: Pierre Gill
Montaggio: Paul Jutras
Scenografie: Alex McDowell
Costumi: Valérie Bélègou
Musiche: Benoît Charest
Suono: Jean-Alexandre Villemer
Canada/Francia, 2012 – Fantastico – Durata: 100′
Cast: Jim Sturgess, Kirsten Dunst, Timothy Spall, Agnieska Wnorowska, Neil Napier, Frank M. Ahearn, Jayne Heitmeyer
Uscita: 28 febbraio 2013
Distribuzione: Notorious Pictures

 Un amore sottosopra

L’avete riconosciuta? Si è proprio lei: l’espressione vettoriale della legge di gravitazione universale, formulata nel lontano 1687 da Isaac Newton che, tradotta in parole povere (si fa per dire), afferma che due punti materiali si attraggono con una forza di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle masse dei singoli corpi e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. E’ lecito chiedersi allora perché mai abbiamo avuto bisogno di scomodare la celebre legge firmata dal fisico inglese per dare il là alla recensione di Upside Down di Juan Solanas. Detto fatto, perché la suddetta legge ricopre un ruolo determinante nel plot dell’opera seconda del cineasta argentino, nelle sale nostrane a partire dal 28 febbraio con Notorius Pictures. Se fino a questo momento le grandi storie d’amore raccontate al cinema e ancora prima dalla letteratura avevano trovato ostacoli e barriere insormontabili nell’odio, nelle differenze, nelle guerre e persino nell’ignoranza umana, dando vita a vere e proprie odissee sentimentali, qui è proprio la gravità a rappresentare l’elemento avverso con il quale la coppia di innamorati di turno deve fare i conti per coronare il loro sogno di stare insieme.
La storia del film è ambientata in un universo dove convivono due mondi perfettamente simmetrici, ognuno con la propria gravità che non permette agli abitanti del mondo di sotto di andare in quello di sopra e viceversa. Il Mondo di Sopra è un pianeta ricco e prospero, che vende al Mondo di Sotto, meno che benestante, la propria elettricità in cambio di petrolio. Passare da un mondo all’altro è severamente vietato e l’unico, quanto lecito, punto di contatto – ma non di transizione – è un’imponente costruzione appartenente alla società Trans World, creata e controllata dal Mondo di Sopra. In questo scenario sboccia l’amore proibito tra una bella cittadina dei piano superiore di nome Eden e un orfano sfortunato ma geniale del piano inferiore che risponde al nome di Adam. Dopo una lunga relazione clandestina, in seguito a un incidente, la ragazza perderà la memoria e dieci anni dopo il suo amato sfiderà il sistema e la forza di gravità pur di riconquistare il suo cuore. Il che ci fa ripensare anche alle splendide e indimenticabili parole cantate da Franco Battiato in quel capolavoro battezzato “La cura”, dove un uomo è disposto a superare le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce pur di non fare invecchiare la donna della sua vita. In tal senso, sono proprio i protagonisti della pellicola scritta e diretta dal primogenito di Fernando Solanas, interpretati da Kirsten Dunst e Jim Sturgess, a cui ci piace pensare corrispondano proprio quei due punti materiali di cui parla Newton nella sua legge.
È lo stesso Adam a stabilire le tristi regole del gioco nel bellissimo prologo che ci catapulterà in un scenario apocalittico dal forte impatto visivo, costruito e fotografato con uno sfoggio di computer grafica che per composizione e definizione dell’immagine ha davvero pochi precedenti. Del resto, il regista argentino aveva già ampiamente portato all’attenzione degli addetti ai lavori le sue straordinarie capacità tecnico-stilistiche con il pluri-premiato cortometraggio L’homme sans tête. Qui dimostra una volta per tutte, salvo qualche scivolone (l’epilogo sulle isole galleggianti), di saper sfruttare in pieno il potenziale messo a disposizione dalle moderne tecnologie stereoscopiche (vedi la scene del doppio tuffo in mare, della fune e del primo cambio di abito con le barre di materia inversa), regalando una messa in quadro che ha nella messa in scena la più fedele delle compagne di viaggio. Non è un caso, infatti, che sia proprio l’alchimia tra la regia e la trasposizione il punto di forza di Upside Down, sorta di “Romeo e Giulietta” in chiave Sci-Fi che restituisce alla platea un autentico spettacolo per gli occhi (la fotografia che gioca sui contrasti cromatici tra i due pianeti – lucente quello di Sopra, oscuro e marcio quello di Sotto – e l’uso ammirevole delle focali grandangolari sono il pezzo forte del repertorio offerto dal direttore della fotografia Pierre Gill) e le orecchie (notevole la colonna sonora avvolgente di Benoît Charest), decisamente meno dal punto di vista della sceneggiatura.
L’interessante punto di partenza offerto da Solanas Junior e qualche intuizione narrativa presenti qua e là nel racconto filmico non consentono all’operazione di raggiungere una solidità di scrittura che sia quantomeno paragonabile a quella formale. Parlare d’amore non basta mai, anzi rischia spesso di far sprofondare storia e personaggi sotto una colata di stucchevole melassa. Per cui, Solanas infarcisce la love story di ingredienti psudo-fantascientifici che richiamano alla mente persino Metropolis e più di recente Another Earth. Il dramma amoroso entra così in rotta di collisione con la più classica delle guerre tra ricchi e poveri in un futuro minaccioso, fattore chiave e quasi imprescindibile nella storia del cinema di fantascienza. I registri e le tematiche sollevate non riescono purtroppo a coesistere e per tanto nello script si innesca una reazione a catena che vanifica tutto il potenziale a disposizione, rivelando sullo schermo tutti i limiti di un film che sa come mostrare le cose, ma non sa come raccontarle. Personaggi e storia soffrono il peso di una scrittura approssimativa, facile e priva di spessore che non sa mettersi al loro completo servizio. Il risultato è un racconto che arranca, che si trascina verso un finale che sa di tappo, o meglio di toppa. A malincuore siamo costretti così ad appurare che nella famiglia Solanas, la trasmissione del sapere da padre a figlio deve aver funzionato solo a metà.

Voto: * *½

Francesco Del Grosso

 Oh Romeo Romeo…

Può l’amore vincere ogni difficoltà e sovrapporsi alle leggi della fisica (seppure un po’ particolari) e alla paura del diverso? E’ quello che vuole cercare di scoprire questo film, risultando a tratti foriero di ottime idee ma a tratti anche portatore di salti narrativi troppo inverosimili e risolutori.
Upside Down parla di due mondi comunicanti, che si trovano l’uno sopra l’altro e con due gravità opposte. La vicinanza fisica però è contrastata da una totale distanza sociale. Il mondo di sopra infatti è un posto ricco e prospero, che sfrutta e condiziona il mondo di sotto, che invece è povero e fatiscente, in una contrapposizione che ricorda quasi la divisione tra la Berlino Est e la Berlino Ovest durante la guerra fredda. In queste due realtà totalmente differenti, Eden (Kirsten Dunst) e Adam (Jim Sturgess), rispettivamente facenti parte del mondo di sopra e del mondo di sotto, si innamorano, e come in ogni film d’amore che si rispetti, dovranno lottare per i loro nobili sentimenti.
Il gioco di parallelismi tra i due mondi è ciò che riesce meglio in questo lungometraggio di Juan Diego Solanas, anche lo schema drammaturgico infatti si piega a questa alternanza, creando una sapiente commistione di generi, tra fantascienza, film d’amore e per certi versi anche spionaggio, grazie ad espedienti che li collegano senza forzarli, come ad esempio l’uso del polline rosa, che mescola entrambe le gravità, lavorando sia sul discorso fantascientifico sia su quello romantico, con l’amore di Eden e Adam (due nomi che se ci fate caso sono quasi complementari e livello di assonanza, cosa sicuramente non casuale ma voluta dal regista per rendere ancora di più l’idea) che contrasta la scienza opposta dei due mondi ma anche il loro distacco sociale e meramente economico. L’uso delle immagini è poi sicuramente funzionale alla trama e di alta fattura (parliamo soprattutto dell’uso di un Dolly molto particolare, con il quale sono state girate contemporaneamente molte scene grazie all’uso di uno split screen al contrario) e in questo, bisogna dirlo, Upside Down è ben lontano dai vari chick flick di bassa lega che hanno invaso i cinema negli ultimi anni. Tuttavia questo film in certi punti subisce un ribasso di stile, dovuto a parecchi buchi nella trama che concentrano grandi periodi di tempo in pochi minuti, risolvendo in modo troppo sbrigativo e superficiale certi snodi cruciali per il proseguo della storia. Difetto che esplode del tutto nella parte finale del film, cancellando magicamente in poco tempo tutte le avversità che i nostri due eroi avevano dovuto fronteggiare con fatica fino a quel momento, riuscendo quasi a spazzare via quello che di buono era stato prodotto nella parte iniziale e centrale di questo lavoro.
Solanas ha affermato che l’idea del film è scaturita da un’immagine nella sua testa, che gli è apparsa al risveglio: due montagne le cui vette si sfioravano senza toccarsi. Da qui la genesi di tutta la storia. Un’idea che conserva la sua originalità durante tutto lo svolgersi della trama, ma che viene accompagnata da una vicenda amorosa troppo forzata, di cui francamente si poteva benissimamente fare a meno. Ma da che mondo è mondo, l’amore vende. Eccome se vende.

Voto: * *

Mario Blaconà

Alcuni materiali del film:

Speciale 5 minuti “Sul set”

Sito e Trailer