A Pleasure Island, un resort tropicale con tutti i comfort, Coconut Pete e i suoi variopinti ragazzi si occupano dell’animazione per i turisti, fino a quando un misterioso serial killer inizia ad eliminare i membri dello staff a colpi di macete.
Cosa c’entrano i Vanzina con i film horror?
Niente, appunto. Nella selva di film horror estivi che non hanno praticamente alcuna visibilità (qualcuno ha detto “Undead”?), arriva anche questo “Club Dread” che la distribuzione italiana ha pensato bene di lanciare sul mercato nazionale – udite udite – con la paletta e il secchiello (visto che non ci sono soldi), chiamandolo “Vacanze di sangue” (e neppure le idee) per sfruttare miseramente il traino del richiamo popolare dei Vanzina. Però non siamo a Natale, e in Italia lo spettatore popolare medio è a Milano Marittima e non al cinema per vedere un horror di quart’ordine.
E invece io l’ho visto. E me ne vanto (non è vero niente!). La storia ragazzi non ci crederete ma è.. una boiata, appunto. Su un isola di un non meglio precisato oceano una ex-rockstar Coconut Pete ha costruito il perfetto resort tropicale: feste, alcol, e tante tante belle ragazze. L’unico lato negativo della vacanza è un micidiale assassino munito di macete (probabilmente una sorta di compensazione.. lo capirete guardando il film) che inizia a terrorizzare lo staff del villaggio prima con oscuri messaggi minatori, e poi passando alle vie di fatto (e trapassando i membri dello staff a peggior vita: anche perché non ci può essere niente di meglio di una vacanza in un’isola paradisiaca). Cosa dire ancora? Ah sì, si vedono un sacco di tette, cosa non scontata di questi tempi negli horror (sempre più dominato da nudi maschili, sic!).
Fin dalla prima scena si capisce il livello della pellicola: dialoghi che gridano vendetta al cielo, recitazione ai minimi storici, regia televisiva, poca paura ed effetti gore che fanno ridere (le scene di violenza consistono nell’attore che cade a terra con il corpo intatto spalmato di liquido rosso). I personaggi sono ridicoli e appena abbozzati, la storia è piena di luoghi comuni sui film di giovani campeggiatori, e il ritmo è lento e farraginoso nonostante gli amori, le rivalità, e gli inevitabili sospetti tra i protagonisti. Chandrasekhar (“Super troppers”) si sforza di rendere la pellicola credibile come thriller, ma le soggettive dell’assassino sono inutili, le scene di paura sono girate senza senso del ritmo e anche gli ammazzamenti non hanno mordente. Il gore è presente solo nella scena finale nella quale, come da bigino dello slasher, l’assassino non ne vuole sapere di morire nonostante il trattamento da filetto di vitello. La fotografia patinata non aiuta a creare l’atmosfera, mentre il look modaiolo a tutti i costi del cast suscita indifferenza. “Vacanze di sangue” è una commedia horror che non ha né l’ironia né gli effetti speciali per supplire alla mancanza di idee nel reparto sceneggiatura. Peccato solo che devo aspettare fino a Natale per sciacquarmi la bocca con i Vanzina (loro almeno due risate le strappano senza tante pretese).
Massimiliano Troni (vedi http://xoomer.virgilio.it/profondocinema/)