Recensione n.1
Una donna afghana residente in Iran, decide di tornare nella città di Kandahar del paese natio in seguito all’annuncio da parte della sorella di volersi suicidare. Sarà un viaggio che le/ci permetterà di ritrovare un paese distrutto dalla povertà.
Tra il documentario e la fiction, questa fantastica opera di Makhmalbaf porta lo spettatore, attraverso gli splendidi occhi della protagonista, in un mondo che al giorno d’oggi è tristemente d’attualita’. Con estremo realismo e coinvolgimento, con soluzioni di regia azzeccatissime, e con scene molto intense (quella del dottore con la tipa che deve stare dietro la tenda), il film riesce a soddisfare sia chi ha sete di cinema puro sia chi vuole conoscere le radici, le ragioni dei fatti di questo periodo. Il tempismo è perfetto. Il capolavoro è servito. Da non perdere e da diffondere anche nelle scuole.
Holden (Francesco)
Recensione n.2
Viaggio a Kandahar, film spinto dall’attualità, tanto che venerdì pomeriggio alle 15.10 il cinema era quasi pieno. Niente ironie del c****: Mohsen Makhmalbaf è uno dei più grandi registi viventi e questo film è l’ennesimo capolavoro. Ho visto tutto quel che ho potuto di lui ed ho trovato splendido persino un film senza sottotitoli.
La storia è drammatica e, a suo modo, appassionante (anche se diversamente da come l’avrebbe trattato un cineasta americano o europeo) ma quello che resta impresso, almeno a me, è lo splendore visivo, splendore ricavato da quello che dev’essere uno dei paesaggi più squallidi del mondo, e la pura, terrificante alteritàdella vita sotto il regime dei talebani che ci viene descritta. Cinema nella sua accezione più primitiva, cioè la fascinazione di vedere paesi lontani e strani.
Scene clamorose: la scuola elementare dove decine di ragazzini scatenano energie assurde nella lettura del Corano; il coloratissimo corteo di donne interamente ricoperte dal burka nel deserto ed i vertiginosi cambi d’identità che avvengono sotto le vesti che le rendono così aliene; la corsa dei mutilati (tutti autentici) verso le protesi che scendono dal cielo con i paracaduti…
Poi c’è la questione dei tagli: in effetti il finale sembra troppo brusco, praticamente a metà di una frase, anche se non privo di una sua logica. Nel cinema tutti hanno pensato ad un errore di proiezione. Adesso pare che nuove versioni siano state spedite nei cinema genovesi con 5 o 10 minuti in più. Finirò per andarlo a rivedere.
Da dire: una descrizione terribile del fondamentalismo islamico da parte della cinematografia più viva e libera del Medio Oriente, quella della Repubblica Islamica dell’Iran.
Stefano Trucco
Recensione n.3
Il “viaggio a Kandahar” del titolo e’ il viaggio di Nafas, una giornalista canadese di origine afghana che vuole tornare al suo paese di origine per salvare la sorella, che intende suicidarsi all’arrivo dell’eclisse. Nafas si introduce illegalmente in Afghanistan e comincia il lungo viaggio verso questa lontana città.
Visti alcuni articoli in cui si parlava di film eccessivamente documentaristico, e vista la tendenza del cinema iraniano degli ultimi anni ad essere insopportabilmente autoreferenziale, sono andato a vedere “Viaggio a Kandahar” temendo l’ulteriore affossamento di una filmografia ormai agli sgoccioli.
“Viaggio a Kandahar” invece dimostra che Makhmalbaf, insieme forse al solo Kiarostami, e’ uno dei registi iraniani che ha ancora qualcosa da dire.
La macchina da presa e’ sempre al posto giusto e alcune scene, prima tra tutte la “corsa degli storpi”, sono di una potenza visiva unica. Altre sono quasi comiche nella loro dimensione documentaristica: quando vediamo decine di uomini in burka, come possiamo non pensare alla speculare scena di “Brian di Nazareth” in cui le donne si dotavano di barba finta?
La storia e’ interessante, e dimostra se mai ce ne fosse bisogno come Makhmalbaf sia attento a quello che succede: confezionare un film sulla situazione dell’Afghanistan qualche mese prima di questa crisi non e’ certo un colpo di fortuna, ma un sintomo di come le cose sono davanti agli occhi di chi le sa vedere.
Ci sarebbe qualcosa da ridire sul finale, bello ma eccessivamente iraniano (e’ mai possibile che i film iraniani finiscano tutti allo stesso modo? A questo punto il finale di “Viaggio a Kandahar” non e’ certo meno banale dell’happy end di un film americano), ma sembrerebbe quasi di cercare il pelo nell’uovo. Perche’ “Viaggio a Kandahar” per immagini, volti, tematiche, e’ un grande film, e questo nessuno può negarlo.
Voto: 8+
Graziano Montanini