Scheda film
Regia e Sceneggiatura: Jonathan Levine
Soggetto: dal romanzo di Isaac Marion
Fotografia: Javier Aguirresarobe
Montaggio: Nancy Richardson
Scenografie: Martin Whist
Costumi: George L. Little
Musiche: Marco Beltrami
USA, 2013 – Horror/Commedia – Durata: 98′
Cast: Nicholas Hoult, Teresa Palmer, John Malkovich, Dave Franco, Analeigh Tipton, Rob Corddry, Cory Hardrict
Uscita: 7 febbraio 2013
Distribuzione: Lucky Red
Anche gli zombie hanno un cuore
Sin dalla notte dei tempi della Settima Arte, sulla scia del romanzo epistolare di Bram Stoker del 1897, preceduto dall’altro noto testo letterario dell’Ottocento sul vampirismo di John Williams Polidori (“The Vampire” del 1819) e dagli innumerevoli adattamenti teatrali che ne seguirono, creature dell’oscurità come i vampiri hanno visto trasfigurare sulla schermo la loro inquietante figura nelle più svariate forme, dando origine a un vero e proprio filone che conta più di un migliaio di film in un secolo e passa di storia del cinema, a cominciare dal capolavoro dell’espressionismo tedesco Nosferatu ai romantici teenagers dai denti aguzzi protagonisti della recente saga di Twilight. Un destino, quello degli eredi del succiasangue per antonomasia, ossia il Conte Dracula, che può considerarsi, se non identico, quantomeno simile o speculare a quello toccato agli zombie, la cui prima apparizione sul grande schermo risale al 1932 con White Zombie di Victor Halperin. Da quel momento, il morto che cammina per eccellenza, figlio della tradizione haitiana del vodoo, è anch’esso divenuto nel giro di qualche decennio una colonna portante dell’horror, passando dall’origine gotico caraibica degli anni Trenta-Quaranta, la cui punta di diamante è senza alcun dubbio il cult del 1943 di Jacques Tourneur che risponde al titolo di Ho camminato con uno zombie, alla vera e propria rivoluzione romeriana del 1968 messa in atto con La notte dei morti viventi, universalmente riconosciuto come il capostipite del cosiddetto zombie movie. Purtroppo, ciò che ne è scaturito non è stato in grado di difendersi dagli attacchi dell’Industria cinematografica, attacchi ben assestati che, oltre a mutare in corso d’opera il dna originario, hanno portato il filone a subire un drastico stravolgimento dal punto di vista del registro, giungendo persino a una rivisitazione in chiave teen come Warm Bodies.
Quello diretto da Jonathan Levine è solo l’ultimo tentativo in ordine di tempo di sdoganare definitivamente lo zombie-movie dall’horror puro e da una visione seriosa e pessimistica, legata in passato non solo alla macelleria gratuita, ma come ci ha più volte mostrato Romero anche a un chiaro messaggio socio-politico, trasposto sullo schermo attraverso la messa in scena di irridenti metafore sulle società dei consumi o di atroci e inquietanti “favole” sull’America violenta (e non solo). Come accaduto al filone vampiresco, allo stesso modo nello zombie movie si sono venuti a creare i presupposti per una mutazione all’interno della matrice, tanto del tono e del registro quanto del genere, dando origine a ibridazioni che nel post-romero hanno portato a più di un cambiamento: dal risveglio si è passati all’infezione virale, dalla storica lentezza negli spostamenti si ora giunti a veri e propri velocisti che inseguono le proprie vittime, dall’horror classico alle contaminazione con l’action e la fantascienza. In tal senso, il giro di boa c’è stato nel 2002 con 28 giorni dopo, nel quale Danny Boyle ha fatto confluire le suddette variazioni, nonostante queste avessero iniziato a manifestarsi separatamente già decenni precedenti.
Il film del cineasta statunitense, così come per Twilight, prende vita dalle pagine di un romanzo per adolescenti, in questo caso dall’omonimo successo editoriale di Isaac Marion. Con gli inevitabili aggiustamenti che ogni trasposizione che si rispetti richiede, come ad esempio qualche modifica sostanziale alla figura del protagonista di nome R, l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Levine, dopo il bellissimo 50/50, abbraccia in tutto e per tutto la chiave umoristica, quella che negli ultimi anni ha portato alle folli e spassose variazioni sul tema de L’alba dei morti dementi, Fido o Zombieland. Qui il guazzabuglio filmico e narrativo si alimenta ulteriormente di elementi che agli occhi e alle orecchie dei più agguerriti conservatore potrebbero apparire persino “dissacranti”, introducendo nel plot una colata di commedia sentimentale che finisce addirittura con il sovrastare quella di sangue e frattaglie. La storia d’amore impossibile tra la bella e la bestia di turno, che attinge non a caso anche al “Romeo e Giulietta” shakespeariano (non manca un rielaborazione della scena del balcone che vede protagonisti due personaggi di nome R e Julie) si fa così largo tra le maglie di una sceneggiatura che strappa più di un sorriso (l’incipit nell’aeroporto e il dialogo a base di grugniti al bar tra R e il suo amico del cuore) e tira fuori dal cilindro qualche bella trovata (i flussi mnemonici di R che emergono mentre divora brandelli di cervello di una delle sue vittime), senza per questo rinunziare all’action (assalto zombie alla farmacia e la rocambolesca fuga dagli ossuti) e a qualche lampo qua e là di macelleria a buon mercato.
Il risultato è una drammaturgia che si esprime nell’alternanza tra sequenze di azione e tensione con frequentissimi momenti di alleggerimento idillico, sarcastico e ironico. Il tutto condito con una giusta dose di antimilitarismo a sorpresa nell’ultima parte, che risparmia però alla giovane platea di turno quello spettacolo truculento che dovrebbe essere il motore portante dello zombie movie vecchio stampa. Ciò che frena Warm Bodies dallo spiccare il volo è soprattutto il non sempre efficace uso del voice over, lo stesso che anima i vari capitoli del romanzo di Marion, così come il ricorso diretto o indiretto a citazioni e a stereotipi del genere non sempre riadattati al meglio e dietro il quale si cela la mancanza di originalità. Ma del resto, come si fa ad essere originali in un filone dove se ne sono viste di cotte e di crude, per questo ci sentiamo di non bocciare l’operazione firmata da Levine, che a suo modo non delude totalmente. Stilisticamente parlando diverte e appassiona, con il cineasta americano che dimostra una versatilità inaspettata.
Voto: * * *
Francesco Del Grosso
Alcuni materiali del film:
FEATURETTE – NICHOLAS HOULT E TERESA PALMER