Scheda film
Regia e Sceneggiatura: Al Pacino
Soggetto: dalla pièce di Oscar Wilde
Fotografia: Benoit Delhomme
Montaggio: Roberto Silvi e David Leonard
Scenografie: Nicole Ruby
Costumi: Shukkun Hue
Musiche: Jeff Beal
Suono: Gabriel J. Serrano
USA, 2011 – Drammatico – Durata: 88′
Cast: Al Pacino, Jessica Chastain, Kevin Anderson, Estelle Parsons, Roxanne Hart
Uscita: 12 maggio 2016
Distribuzione: Distribuzione Indipendente
Sale:
Partendo dalle oppiacee visioni di Gustave Moreau, in seguito esaltate dall’immaginifico “Des Esseintes di Huysmans”, sino ad arrivare al dramma di Oscar Wilde e ai perversi arabeschi di Aubrey Beardsley, nonchè alla successiva opera di Richard Strauss, “Salomè” divenne la perfetta icona della “belle dame sans merci” fin de siècle. Risulta dunque quantomeno curioso l’innamoramento di Al Pacino per i languori decadenti del testo di Wilde, che ha già goduto di alcuni adattamenti cinematografici dall’esito diseguale. Se la Salomè (1972) di Carmelo Bene rimane a tutt’oggi memorabile, non si può infatti dire altrettanto del macchiettistico L’Ultima Salomè (1988) di un Ken Russell sul viale del tramonto, o della versione di Claude d’Anna del 1986, che meglio sarebbe consegnare all’oblio.
Al Pacino procede sulla strada inaugurata con Looking for Richard (1996), in cui si interrogava su Shakespeare e sul “Riccardo III”. Anche questa volta articola il suo film su più livelli narrativi: le prove e la messa in scena dello spettacolo sotto forma di “reading”, una ipotetica versione cinematografica dello stesso girata sul palcoscenico, una terza versione realizzata in esterni nel deserto del Mojave, e il suo personale viaggio alla scoperta di Oscar Wilde. La disarmonia stridente tra le varie sezioni, ovviamente studiatissima, si risolve in una scintillante apologia del “work in progress” e in un’acuta riflessione sul ruolo del regista e/o autore.
Con il consumato istrionismo del grande attore, Al Pacino si dibatte tra mille incertezze solo per ammettere di non riuscire ad accostarsi al testo wildiano come vorrebbe, incapace persino di spiegare la fascinazione che esercita su di lui. Egli stesso giudica assurdo proporre lo spettacolo sotto forma di “reading” (nel 2006), e le critiche uscite sui giornali all’allestimento e alla regia di Estelle Parsons sembrano dargli ragione, ma è anche insoddisfatto della versione cinematografica cui sta lavorando: pochi soldi e troppo poco tempo a disposizione per le riprese. Per uscire da questa impasse che appare irrisolvibile, Al Pacino si mette allora sulle orme di Wilde, ripercorrendo i suoi passi da Dublino a Londra, sino ad arrivare a Parigi, dove Oscar morì prostrato da una tappezzeria di cattivo gusto.
Nel ricostruire la biografia dello scrittore, Pacino recluta come guest star Bono Vox, si suppone per la comune origine irlandese, e i più titolati Gore Vidal, Tom Stoppard e Merlin Holland (nipote di Wilde), i quali peraltro si diffondono in osservazioni non particolarmente illuminanti. Per sapere qualcosa di più sul personaggio, insomma, si rimanda alla classica biografia di Richard Ellman, senz’altro più esaustiva della sezione “Wilde for Dummies”, inscenata dall’allegro terzetto. Eppure anche questa banale “tranche” biografica è una falsa pista, un pretesto per mettere in scena Al Pacino (vero soggetto del film) che passa dall’interpretare Erode ad incarnare lo stesso Wilde, in un vertiginoso gioco di specchi nel quale i livelli narrativi si intersecano senza soluzione di continuità, specchi che si incrineranno solo quando l’attore leggerà magistralmente alcuni brani dal “De Profundis”.
A far da contraltare al protagonista, il quale deborda carismatico da ogni fotogramma, troviamo una folgorante Jessica Chastain, qui al suo debutto su grande schermo, sensuale e perversa come si addice alla pallida adolescente dipinta da Wilde. L’eros algolagnico sotteso alla ben nota scena del bacio sulle labbra di Giovanni Battista, infatti, unito alla bisessualità suggerita del Tetrarca di Galilea, faranno felici gli esteti d’ogni risma e i cultori dell’opera wildiana.
Malgrado alcuni momenti poco felici, quali le incongrue riprese in esterni che paiono un mediocre documentario di “History Channel”, l’operazione resta comunque fascinosa e degna d’interesse, pur risolvendosi in un’umanissima ammissione d’impotenza, con uno sguardo in macchina alquanto interrogativo. Wilde Salomè, insomma, non deluderà gli estimatori di Al Pacino né quelli dello scrittore irlandese.
Voto: 6 e ½
Nicola Picchi