Al teatro Stanze segrete, via della Penitenza 3, dall’8 gennaio al 9 febbraio 2020
Anno nuovo, spettacolo nuovo! Dopo “Buscetta, santo o boss?”, andato in scena sempre presso il teatro “Stanze segrete” dal 21 novembre all’8 dicembre scorsi, Ennio Coltorti torna con “Wilhelm Furtwängler – Processo all’arte”. L’attore romano, presidente dell’Associazione culturale LOGOS che da tempo ha in gestione la sala capitolina, adatta, interpreta e dirige la pièce del sudafricano Ronald Harwood “Taking sides” del 1995, portata in scena nel nostro paese in varie versioni: da quella del 2001 (anno in cui István Szabó ne trasse un film sceneggiato dallo stesso Harwood, A torto o a ragione, con Harvey Keitel e Stellan Skarsgård), diretta ed interpretata da Arnoldo Foà come “Colpevole innocenza”, a quella del 2010 messa in scena da Manuela Kustermann, che mantenne il titolo originale, fino al 2013, quando Luca Zingaretti con la traduzione di Masolino D’amico la adattò come “La torre d’avorio”, interpretandola con Massimo De Francovich.
Coltorti ne adatta appunto una versione personale che nel suo spartano, piccolo, grande teatro, pur in una scenografia nien’taffatto povera da lui stesso curata, arricchita anche dai costumi ben curati di Rita Forzano e dalle musiche scelte da Sergio Pietro, riesce a dare voce piena e valore universale alla penosa e ambigua vicenda di Wilhelm Furtwängler, che ebbe il “solo” torto di aver diretto l’Orchestra filarmonica di Berlino (anche) durante tutto il regime nazista.
Durante lo spettacolo, il Maestro, cui presta voce e corpo proprio Coltorti, viene interrogato da un arrogante e tenace maggiore delle Forze alleate, splendidamente interpretato da Marco Mete, che cerca di coglierlo in castagna, pressandolo, forse per non ben precisati “ordini dall’alto”, ben più di quanto non lo siano stati altri personaggi che avevano pienamente aderito all’ideologia del terzo Reich.
Sul palco insieme alla segretaria, figlia di uno dei cospirazionisti che attentarono la vita ad Hitler, ad un ingenuo soldatino pieno delle migliori intenzioni, al secondo violino dell’orchestra e ad una testimone del “lato umano” del direttore d’orchestra, i due mattatori si sfidano, una parola dietro l’altra, in un fuoco di fila di domande crudeli e risposte sferzanti che toglie il fiato allo spettatore.
Tra agghiaccianti filmati d’epoca e brani di sottofondo, mentre almeno un paio di stagioni (e di presidenti degli Stati uniti) si danno il cambio, la grande protagonista di “Wilhelm Furtwängler – Processo all’arte” finisce per essere proprio l’Arte e nello specifico la Musica, che, come afferma lo stesso protagonista, trascende tutto e va a colpire la spiritualità stessa dell’uomo. In un momento dello spettacolo egli chiede al Maggiore che mondo abbia intenzione di (ri)costruire, se prescinderà dalla creazione artistica. E che mondo avrebbero costruito, sovietici ed americani, lo sappiamo bene: scisso, separato, disunito. Già pronto per l’ennesima, nuova guerra.
Sfiorando i margini della quarta parete, recitando giocoforza quasi in mezzo agli spettaori rapiti, Mete e Coltorti, che ricordiamo essere tra i più grandi doppiatori italiani, insieme ai più giovani, ma non meno bravi Tomaso Thellung, Virna Zorzan, Licia Amendola e Federico Boccanera, regalano ancora una volta più di un’ora di quell’intrattenimento intelligente, capace di coinvolgere, divertire e far pensare. Consigliatissimo!
Paolo Dallimonti